Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26482 del 17/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14539-2018 proposto da:

L.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA N. 22, presso lo studio de l’avvocato VINCENZO D’ISIDORO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELL'***** MICHELE SPA “O.P.”;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 1/2015 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositato il 18/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Foggia ha accolto in minima parte l’opposizione allo stato passivo del fallimento ***** s.p.a. O.P. proposta da L.B., avvocato, che aveva domandato l’ammissione di propri crediti, in via privilegiata, relativi a prestazioni professionali: il giudice dell’opposizione ha in particolare riconosciuto che al nominato professionista spettassero gli importi -rispettivamente Euro 2.000,00 e Euro, 810,00, oltre accessori – portati da due parcelle riferite ad una attività comprovata da documentazione avente data certa; ha inoltre compensato per un sesto le spese R:ocessuali, riversando il residuo sull’opponente; ha dato infine atto che allo stesso istante doveva far carico il pagamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

2. – Il decreto è stato impugnato per cassazione da L. con due motivi. La curatela non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.. Rileva il ricorrente che, essendo risultato parzialmente vittorioso in relazione alla domanda proposta, non avrebbe potuto essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Col secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Assume l’istante non poter essere tenuto al pagamento di alcuna ulteriore somma a titolo di contributo unificato: ciò in quanto la propria opposizione era stata, seppur parzialmente, accolta.

2. – Il primo motivo è fondato.

In base a una giurisprudenza risalente, in caso di accoglimento parziale della domanda, il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., ed in applicazione del cosiddetto principio di causalità, escludere la ripetizione di spese sostenute dalla parte vittoriosa ove le ritenga eccessive o superflue, ma non anche condannare la stessa parte vittoriosa ad un rimborso di spese sostenute dalla controparte, indipendentemente dalla soccombenza (Cass. 21 marzo 1994, n. 2653; nel medesimo senso, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo: Cass. 9 aprile 1986, n. 2493). In sostanziale conformità a tale principio si è più di recente affermato che l’appellante, che si è visto riconoscere come dovuta una parte, sia pure modesta, delle somme reclamate, non possa considerarsi, in base ad una considerazione complessiva dell’esito della lire, come soccombente (Cass. 12 maggio 2015, n. 9587); e si e parimenti osservato che, in caso di accoglimento parziale del gravame, il giudice di appello possa compensare, in tutto o in parte, le spese, non anche porle, per il residuo, a carico della parte risultata comunque vittoriosa (così: Cass. 23 marzo 2016, n. 5820; Cass. 28 settembre 2015, n. 19122. Tale indirizzo ha trovato conferma a seguito delle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c., dalla L. n. 69 del 2009: nel ribadirsi che in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice possa, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non possa essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, si è precisato che una tale condanna sia:onsentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (secondo quanto previsto, per l’appunto, nella novellata versione dell’art. 91 c.p.c., comma 1: cfr. Cass. 24 ottobre 21)18, n. 26918 e Cass. 23 gennaio 2018, n. 1572).

Pure il secondo motivo è fondato.

Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la prevede: “Ouando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a penare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impagnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis”.

Premesso che va data continuità al principio per cui è ricorribile per cassazione la statuizione concernente la sussistenza iei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo pari al doppio del contributo unificato (Cass. 5 ottobre 2017, n. 23281), nella fattispecie non ricorrevano le condizioni per attestare l’esistenza dei presupposti atti a giustificare quanto affermato in sentenza, giacchè non era stata resa alcuna statuizione di integrale rigetto o di inamissibilità della proposta opposizione.

3. – La pronuncia impugnata va dunque cassata e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Foggia, che statuirà anche sulla spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 13 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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