Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21206 del 23/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6226/2016 proposto da:

Comune di San Filippo del Mela, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, in via Giuseppe Mazzini n. 6, presso lo studio dell’avvocato Magi Pierpaolo, rappresentato e difeso dall’avvocato Barbaro Guido, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

Contro

B.L.M.A., elettivamente domiciliata in Roma, in via Ennio Quirino Visconti n. 20, presso lo Studio Legale Ristuccia

& Tufarelli, rappresentata e difesa dall’avvocato Saitta Antonio, con procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 741/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 30/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2021 dal cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

B.L. propose opposizione alla stima dell’indennità d’espropriazione di alcuni terreni di cui era comproprietaria, anche in considerazione della diminuzione di valore dei terreni limitrofi, chiedendo la giusta determinazione dell’indennità d’espropriazione, e dell’indennità d’occupazione legittima.

Si costituì il Comune di San Filippo del Mela, contestando l’opposizione e proponendo domanda riconvenzionale con cui chiese l’accertamento del vantaggio diretto ed immediato derivante dall’espropriazione dei terreni non oggetto dell’espropriazione, ai fini della diminuzione dell’indennità determinata.

All’esito di c.t.u., la Corte d’appello, con sentenza del 30.12.15, dichiarò che il Comune opposto era tenuto al pagamento dell’indennità d’espropriazione per Euro 328.490,00 e dell’indennità d’occupazione per Euro 27.313,18 per il periodo 14.10.06 al 13.10.2010.

Il Comune di San Filippo del Mela ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati con memoria.

B.L.M.A. resiste con controricorso, illustrato con memoria.

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33, comma 2, in quanto la Corte d’appello, nel determinare l’indennità d’espropriazione, non ha detratto l’importo corrispondente al vantaggio immediato e speciale derivato alla porzione di terreno non espropriata, non avendo fatto riferimento all’opera dalla cui esecuzione deriva il suddetto vantaggio, ma si è invece soffermata sul p.i.p., strumento urbanistico volto a favorire le attività produttive, alla cui approvazione la legge assegna il valore di dichiarazione di pubblica utilità.

La ricorrente lamenta l’erroneità dell’interpretazione della Corte territoriale che ha fatto riferimento all’interesse generale sotteso all’espropriazione che, invece, non sarebbe rilevante ai fini dell’applicabilità del citato art. 33, venendo piuttosto in rilievo l’esigenza di evitare l’indebito arricchimento del proprietario che, nella fattispecie, si era concretizzato nell’utilità relativa alle opere di urbanizzazione realizzate a servizio dei beni espropriati.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1282 c.c., avendo la Corte d’appello erroneamente statuito la debenza degli interessi sulle somme liquidate per l’indennità d’espropriazione, senza precisare che essi erano dovuti solo sulla parte eccedente la somma già depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, considerando che per quest’ultima non erano esigibili gli interessi poiché già riscossa o comunque nella disponibilità dell’avente diritto.

Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c., in ordine alla condanna alle spese del giudizio sancita erroneamente nell’impugnata sentenza, per i motivi suesposti.

Il primo motivo è infondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, in tema di espropriazione per la realizzazione di opera pubblica, la L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 41 consente la detrazione, dalla somma liquidata a titolo di indennità, del vantaggio che dall’esecuzione dell’opera di pubblica utilità possa derivare alla parte residua del fondo espropriato, purché esso presenti il duplice requisito della specialità e dell’immediatezza e non si risolva, cioè, nel vantaggio generico e comune che tutti gli immobili ubicati nella zona ottengono per effetto dell’opera (Cass., n. 5171/2010; n. 3838/04).

Nel caso concreto, dalla sentenza impugnata e dalle stesse difese delle parti si evince che il vantaggio a favore dell’opponente, di cui il comune ricorrente si duole per l’asserita violazione del citato art. 33, in realtà non sussiste poiché l’utilità derivante dalla realizzazione delle opere infrastrutturali arreca un vantaggio generico e comune a tutti gli immobili viciniori che beneficiano, di fatto, delle suddette opere. Invero, lo stesso motivo in esame allega genericamente il vantaggio che dall’esecuzione delle opere relative all’espropriazione sarebbe sorto a favore della controricorrente, ma non affronta in alcun modo la questione dell’utilità collettiva che le opere medesime hanno (o avrebbero potuto) arrecare a tutti i proprietari ubicati nella zona interessata dalla procedura ablativa.

Il secondo motivo è fondato, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale le obbligazioni di pagare l’indennità di espropriazione e di occupazione legittima costituiscono debiti di valuta (non di valore), sicché, nel caso in cui, in esito ad opposizione alla stima effettuata in sede amministrativa, venga riconosciuto all’espropriato una maggiore somma a titolo di indennità espropriativa, l’espropriante deve corrispondere, solo su detta maggiore somma, gli interessi legali, di natura compensativa, dal giorno dell’espropriazione e fino alla data del deposito della somma medesima (Cass., n. 3274/21; n. 20178/17).

Nel caso concreto, infatti, la Corte territoriale ha condannato il comune ricorrente al deposito dell’indennità d’espropriazione per la somma di Euro 328.490,00 presso la C.d.p., previo conguaglio con le somme già depositate, con interessi legali dalla data del decreto d’esproprio sino al soddisfo, senza limitare la decorrenza degli interessi all’eccedenza della somma oggetto di condanna rispetto a quella determinata in via amministrativa con l’atto impugnato. Inoltre, la Corte d’appello ha errato nel fissare la decorrenza degli interessi sino al soddisfo, anziché fino al deposito della somma liquidata presso la C.d.a.

Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo.

Per quanto esposto, in accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, anche perché provveda al regolamento delle spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472