Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21248 del 23/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.A., rappr. e dif. dall’avv. Antonio Ciafardini, avvantoniociafardini.puntopec.it, elett. dom. presso lo studio in Pescara, Piazza Sant’Andrea n. 13, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. L’Aquila 10.4.2019, n. 633, in R.G. 1002/2018, rep. 603/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro alla camera di consiglio del 21.4.2021.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. I.A. impugna la sentenza App. L’Aquila 10.4.2019, n. 633, in R.G. 1002/2018, rep. 603/2019 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza Trib. L’Aquila 3.7.2018 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. la corte, circoscritte le doglianze secondo impugnazione e dunque alla protezione sussidiaria e umanitaria, ha ritenuto, all’esito dell’udienza: a) insussistente – a prescindere dalla credibilità delle dichiarazioni rese, dubitata dal tribunale – ogni danno grave ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), stante il riferito allontanamento dall'***** (*****) per dedotte ragioni di salute e motivi economici; b) insussistenti i presupposti della protezione ai sensi della lett. c) dell’art. cit., in assenza di conflitto armato, non risultando segnalazioni univoche di tal fatta per l’area di provenienza, secondo le fonti COI e la giurisprudenza della corte stessa e di legittimità; c) infondata la richiesta di protezione umanitaria, mancando situazioni di vulnerabilità connesse al rimpatrio, non essendo di per sé rilevante (oltre che tardiva) l’allegazione della situazione lavorativa, inesistente ogni dettaglio in tema di bisogno terapeutico e generico e non bastevole il richiamo alle condizioni d’insicurezza del Paese; l’assorbimento del riferimento al diritto d’asilo derivava poi, secondo la corte, dalla sua piena attuazione nell’attuale sistema pluralistico delle misure di protezione;

3. il ricorrente propone tre motivi di ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si deduce l’erroneità della sentenza ove ha escluso, in violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la concessione della protezione internazionale sussidiaria, contestandosi il mancato approfondimento della situazione di violenza generalizzata in *****, anche ai fini della vulnerabilità in caso di rientro e sull’errato presupposto di un possibile spostamento in zone comunque non attinte da conflitto amato o comunque di obbligatorio ritrasferimento in quelle originarie; con il secondo motivo si censura la decisione per errata valutazione della credibilità del richiedente e omesso esercizio dei poteri ufficiosi di cooperazione istruttoria; con il terzo motivo si deduce l’omesso ovvero errato esame della storia di indigenza del ricorrente in relazione alla violazione dei diritti umani, stante la mancata attivazione dei poteri istruttori e i limiti di motivazione della sentenza in punto di credibilità;

2. i primi due motivi, da riunire in trattazione, sono inammissibili, sotto plurimi profili; il ricorrente ha omesso di confrontarsi con la duplice ratio decidendi adottata dalla corte che, non affrontando la questione della credibilità del relativo narrato, ha invece motivatamente (e in via logicamente pregiudiziale) apprezzato che già in via astratta la natura delle ragioni dell’allontanamento, per come dichiarate, non integravano alcuno dei presupposti della protezione sussidiaria, per l’evidente pertinenza a motivazioni di natura economica ovvero, per la parte più personale, a necessità di cura non altrimenti dettagliate;

3. quanto alla situazione della *****, il ricorrente si è limitato ad invocare una generica violazione di legge, censurando l’apprezzamento espletato dalla corte che, in tema, ha negato che la situazione di non elevata sicurezza attuale del Paese, ed in particolare della zona di provenienza, potesse inerire al parametro del conflitto armato di cui alla lett. c) D.Lgs. n. 251 del 2007, confrontandosi dunque sulla relazione, coerente con la giurisprudenza CGUE, con la esposizione a rischio del singolo per trovarsi in loco; dando così atto la sentenza che nell’area di provenienza del richiedente non sussisteva alcun conflitto armato, per gli effetti di protezione ciononostante invocati, la censura sul punto, oltre che del tutto aspecifica, non coglie la precisa ratio decidendi adottata, ipotizzando un ritrasferimento in altre zone, invece potenzialmente attinte da conflitto, che di per sé costituisce mera affermazione, irrilevante per la non allegata evidenziazione di profili di specifico ed ancorché eventuale interesse a tale mutamento, nonché concreta possibilità di sua effettuazione, oltre tutto palesandosi come questione altresì nuova, dunque inammissibile in sé; il ricorrente, inoltre, ha l’onere di indicare le COI che secondo la sua prospettazione avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio, con la conseguenza che, in mancanza di tale allegazione, non potendo la Corte di cassazione valutare la teorica rilevanza e decisività della censura, il motivo deve essere dichiarato inammissibile (Cass. 22769/2020, 26728/2019);

4. peraltro il conflitto armato interno, va ripetuto, rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, nel senso che “il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 18306/2019);

5. quanto al terzo motivo, va osservato che la censura evita altresì di confrontarsi con la chiara affermazione in sentenza circa il difetto di allegati elementi di vulnerabilità e si limita a censurare la consequenzialità del pregiudizio all’esercizio dei diritti fondamentali al rientro dalla sola circostanza della reimmissione coattiva in un contesto d’insicurezza; la esclusa sussistenza, come visto, del conflitto generalizzato e la mancata deduzione di circostanze personali, che la corte ha statuito non essere state nemmeno diversamente allegate o comunque dettagliate, inducono ad un’analoga ragione di inammissibilità anche di questo profilo dei motivi, eccentrico rispetto alla motivazione della pronuncia impugnata; né basta in ogni caso la segnalazione di alcuni indici di inserimento in Italia, rispetto ai quali la motivazione della pronuncia impugnata comunque ha preso posizione, indicando in modo specifico la loro insufficienza, perché labili, non avendo oltre tutto il ricorrente allegato altre circostanze, oltre al timore per il rimpatrio, motivatamente svalutati dalla corte; il ricorrente – anche in questa sede – non ha infatti indicato altro fattore oltre alla sua presenza nel territorio italiano e il generico timore di danni gravi al rientro, così rispettando il principio per cui già Cass. 23778/2019 (pur sulla scia di Cass. 4455/2018), ha statuito che “occorre il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale, mediante una valutazione comparata della vita privata e familiare del richiedente in Italia e nel Paese di origine, che faccia emergere un’effettiva ed incolmabile sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa, da correlare però alla specifica vicenda personale del richiedente… altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 cit., art. 5, comma 6" (indirizzo ribadito da Cass. s.u. 29460/2019);

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. s.u. 4315/2020).

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021

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