Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21352 del 26/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita Bianca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32708/2018 promosso da:

M.E., elettivamente domiciliata in Salerno, via Adolfo Cilento 13, presso lo studio dell’avv. Luigi Senatore, che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Salerno, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba Tortolini 30, presso lo studio Placidi, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Attanasio e Carmine Gruosso in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3767/2018 della CTR della Campania, depositata il 19/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/03/2021 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 3767/2018, depositata il 19/04/2018, la CTR della Campania ha confermato il rigetto dell’impugnazione proposta dalla contribuente con un avviso di accertamento relativo alla maggiore ICI liquidata per l’anno 2011.

Avverso la sentenza di appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di ricorso.

Il Comune ha resistito con controricorso, prospettando plurime ragioni di inammissibilità, oltre all’infondatezza dell’impugnazione avversaria.

Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 2, comma 1, lett. b), del D.L. n. 2003 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, (conv. con modific. in L. n. 248 del 2005) e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, (conv. con modif. in L. n. 248 del 2006), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2. Con il secondo motivo è dedotto un error in iudicando, per avere la CTR confermato gli avvisi di accertamento senza avere considerato il valore venale del bene oggetto di imposizione alla data a cui si riferisce l’imposta (2011).

3. Non è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata esposizione dei fatti di causa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), tenuto conto che dalla semplice lettura dell’atto si evince l’esposizione della materia del contendere che ha interessato i due gradi di giudizio e il tenore delle decisioni di merito.

4. E’ invece inammissibile il primo motivo di ricorso, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4) e 6).

Parte ricorrente ha richiamato l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità in tema di ICI, affermando che questa Corte ha ritenuto che “a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, (conv. con modif. in L. n. 248 del 2005) e del D.L. n. 123 del 2006, art. 36, comma 2, (conv. con modif. in L. n. 248 del 2006), che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone, peraltro, di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie e, pertanto, la presenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, pur non sottraendo l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, incide sulla valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile” (così Cass., Sez. 5, n. 5161 del 05/03/2014; conf., tra le tante, Sez. 6-5, n. 12377 del 15/06/2016).

La censura si ferma, però, qui, mentre la parte avrebbe dovuto spiegare in che modo la sentenza gravata abbia in concreto violato, o falsamente applicato, le norme appena richiamate e come sopra interpretate, mediante la rappresentazione delle caratteristiche dei beni oggetto di imposizione, desumibili da atti specificamente indicati, rilevanti ai fini della individuazione della effettiva potenzialità edificatoria.

Il motivo si risolve, in sostanza, nell’enunciazione di un principio di diritto e nella generica allegazione della violazione dello stesso, come tali, non idonee ad interare il contenuto necessario del ricorso.

5. E’ inammissibile anche il secondo motivo, per le stesse ragioni sopra esposte.

Parte ricorrente ha dedotto l’omessa valutazione delle caratteristiche attuali del bene, per avere la CTR avallato la determinazione del valore venple dei beni in questione in base ai criteri indicati nel regolamento comunale previsto dalla L. n. 446 del 1997, art. 59 adottato ben quattro anni prima, ma non ha descritto quali siano tali caratteristiche effettive dei beni, solo genericamente menzionato, né ha indicato gli atti dai quali poterle ricavare.

6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

7. La statuizione sulle spese di lite, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.

8. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite sostenute dal controricorrente, che liquida in Euro 2.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettario e accessori di legge;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021

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