Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.24379 del 09/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 1383/2017) proposto da:

COOP ALLEANZA 3.0, (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Mauro Pacilio, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Marco Bignardi, in Roma, via Crescenzio, n. 25;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LENDINARA, in persona del Sindaco pro-tempore, e PREFETTO della Provincia di Rovigo;

– intimati –

avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo n. 830/2016 (pubblicata il 5 ottobre 2016);

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 29 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mistri Corrado, con le quali è stato chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La società COOP ADRIATICA a.r.l. e il sig. S.V. proponevano appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Rovigo n. 594/2014, chiedendone la riforma con la dichiarazione di annullamento dell’ordinanza-ingiunzione del 18 settembre 2014 con cui le era stata irrogata dal Comune di Lendinara apposita sanzione con riferimento alla violazione prevista dal D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 3, comma 1, lett. d) punita dal successivo art. 18, comma 2 stesso D.Lgs., per aver omesso di apporre su prodotti alimentari (fettine di pollo vendute nel banco frigo) preconfezionati destinati al consumatore il termine minimo di conservazione o la data di scadenza.

L’adito Tribunale di Rovigo, con sentenza n. 830/2016 (pubblicata il 5 ottobre 2016), respingeva l’appello e confermava la gravata sentenza, dichiarando, altresì, il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e del Prefetto di Rovigo.

A fondamento dell’adottata decisione il predetto Tribunale rigettava sia il motivo riferito all’incompetenza del Comune di Lendinara ad emettere l’opposta ordinanza-ingiunzione (ritenendo che essa non potesse considerarsi appartenente allo Stato), sia quello relativo alla contestata configurazione dell’illecito amministrativo oggetto di accertamento e sia, infine, quello relativo all’invocata riduzione dell’irrogata sanzione.

3. Avverso la suddetta ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la Coop Alleanza 3.0 (come successivamente denominata la precedente Coop Adriatica). Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il P.g. presso questa Corte ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha proposto un’unica complessa censura riferita a plurime violazioni, ovvero: 1) alla violazione del D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 1, comma 2, lett. d); 2) alla violazione e falsa interpretazione dell’art. 16 stesso D.Lgs.; 3) alla falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b) medesimo D.Lgs.; 4) alla violazione della L. n. 11 del 2011, art. 4.

Nella sostanza, con questa censura la ricorrente ha inteso contestare l’impugnata decisione nella parte in cui ha ritenuto di estendere anche ai cc.dd. prodotti preincartati (ovvero preconfezionati ai fini della vendita immediata) l’obbligo di indicazione della data di scadenza, da intendersi, invece, limitato dalle disposizioni in materia “ratione temporis” vigenti al momento dell’accertamento (e, specificamente, del D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 16 come introdotto dal D.Lgs. n. 181 del 2003, art. 13), alle sole paste fresche con e senza ripieno.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto l’incompetenza del Comune di Lendinara ad irrogare la sanzione d4 in tema di disciplina dell’etichettatura come prevista dal D.Lgs. n. 109 del 1992, dovendosi, invece, ritenere spettante allo Stato la competenza ad emettere le ordinanze-ingiunzioni sanzionatorie nella materia disciplinata dal predetto testo normativo.

3. Ritiene il collegio che, dal punto di vista della preliminarità logico-giuridica, deve essere esaminato prioritariamente il secondo motivo che riguarda la contestazione della competenza comunale ad emettere l’ordinanza-ingiunzione in questione, poiché, ove in ipotesi fondato, sarebbe assorbente dell’esame del primo riguardante propriamente il merito della violazione di cui trattasi.

Tuttavia, va rilevato che il secondo motivo è privo di fondamento.

Infatti, se è vero che il comma 4 del D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 18 (prima della sua abrogazione, qui non rilevante, intervenuta nel 2017 con il D.Lgs. n. 231) dispone che la competenza in materia di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie spetta, in generale, alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio, è altrettanto vero, però, che la precedente L.R. Veneto n. 10 del 1997 (all’art. 1) conteneva già la specifica previsione del conferimento della delega – da parte della Regione – delle funzioni concernenti l’esercizio della potestà sanzionatoria ai Comuni.

Orbene, pur se è indubbio che il citato D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, contenente l’attuazione delle direttive comunitarie n. 395 e 396 del 1989 in materia di etichettatura, di presentazione e di pubblicità dei prodotti alimentari (abrogando espressamente le altre disposizioni in materia incompatibili), ha inteso fornire una disciplina organica in tema di etichettatura con particolare riferimento alla materia del commercio e alla connessa protezione del consumatore, tendendo ad assicurare il massimo della trasparenza nelle vendite, non può escludersi la sussistenza della potestà sanzionatoria dei Comuni (nell’ipotesi in esame) per effetto di delega da parte delle Regioni (operata con apposita legge regionale, nella specie con la citata L.R. Veneto n. 10 del 1977), avendo, per l’appunto, il citato D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 18 provveduto solo ad un riordino e coordinamento delle pregresse disposizioni sanzionatorie disciplinanti la materia, nel cui quadro si delinea una competenza trasversale, in piena coerenza con il principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, posto che ciascuna Regione è abilitata a determinare, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire le altre agli enti locali nel rispetto dell’art. 117 Cost., comma 2 e art. 118 Cost., commi 1 e 2 (per opportuni riferimenti, ancorché relativi alla materia disciplinata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, v. Cass. n. 8364/2020).

4. Ciò chiarito, ritiene il collegio che e’, invece, fondato il primo motivo.

Innanzitutto, occorre premettere che, essendo pacifico che – nella materia delle sanzioni amministrative – si applica il generale principio dell’assoggettamento delle relative violazioni alla legge del tempo in cui si è verificata la loro consumazione, occorre rilevare che, nel caso di specie, tenuto conto che l’accertamento dell’infrazione contestata alla ricorrente risale al 2013 (e, quindi, precedentemente all’abrogazione del D.Lgs. n. 109 del 1992, sopravvenuta con il D.Lgs. n. 231 del 2017), l’impugnata sentenza si profila erronea laddove richiama, nel corpo della motivazione, la sentenza di questa Corte n. 17696/2007, poiché essa si riferisce ad un periodo temporale precedente alla modifica del citato D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 16 (intervenuta con l’art. 13 del successivo D.Lgs. n. 181 del 2003), intitolato “Vendita dei prodotti sfusi” e riguardante la disciplina dell’etichettatura dei prodotti alimentari non preconfezionati o generalmente venduti previo frazionamento, anche se originariamente preconfenzionati, i prodotti confezionati sui luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente ed i prodotti preconfenzionati.

Sulla base del nuovo contenuto del richiamato art. 16, per i prodotti inseriti nella riportata ripartizione è consentita l’apposizione di un cartello in cui sono annotate solo alcune delle indicazioni obbligatorie di cui al medesimo D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 3 quali la denominazione di vendita, l’elenco degli ingredienti, le modalità di conservazione ed anche la data di scadenza, ma quest’ultima è prescritta solo per le paste fresche, con o senza ripieno.

Pertanto, l’impugnata sentenza del Tribunale di Rovigo è errata in punto di diritto, avendo la disciplina normativa parificato, per effetto della sopravvenuta modifica del citato D.Lgs. n. 109 del 1992, art. 16 i prodotti preconfenzionati per la vendita immediata (al cui genere apparteneva il prodotto oggetto di specifico accertamento nella fattispecie) ai prodotti sfusi, con conseguente non obbligatorietà – con riferimento ai primi – dell’apposizione della data di scadenza per l’immediato esito alla clientela, donde l’insussistenza della violazione amministrativa ascritta alla ricorrente (concernente – come già evidenziato – la messa in commercio di fettine di pollo preconfenzionate in vaschette sigillate, destinate al prelevamento diretto da parte del consumatore, senza alcuna mediazione di un operatore, costituente, perciò, un prodotto non equiparabile alle paste sfuse).

Anche la disciplina individuata con la successiva L. n. 4 del 2011 (recante disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari) non ha fatto alcun richiamo – con riferimento, in particolare, al suo art. 4 – all’obbligo di indicazione della data di scadenza per i prodotti prelncartati.

E’ appena il caso di sottolineare come anche con la circolare 10 novembre 2003 n. 168 il Ministero delle Attività produttive ha fornito gli opportuni chiarimenti in merito alla disciplina dell’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, richiamando (alla lettera L) l’attenzione sull’obbligo dell’indicazione della data di scadenza, ribadendosi che essa deve figurare, con la dicitura “da consumarsi entro” seguita dalla data stessa, solamente sulle paste fresche (categoria nella quale non sono comprese le paste stabilizzate), con l’esenzione – si precisa – degli altri prodotti.

5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni svolte, respinta la seconda censura, deve essere accolta la prima, con conseguente inerente cassazione dell’impugnata sentenza ed il relativo rinvio della causa al Tribunale monocratico di Rovigo, in persona di altro magistrato, che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto poc’anzi affermato, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica ed in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021

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