LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 25654/2016) proposto da:
F.S., (C.F.: *****) e RUBINO S.R.L., (P.I.:
*****), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti Salvatore Napolitano, Virginia Ripa di Meana, e Domenico Luca Scordino, ed elettivamente domiciliati presso lo studio degli ultimi due, in Roma, piazza dei Caprettari, n. 70;
– ricorrenti –
contro
TITANUS S.P.A., (P.I.: *****), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’Avv. Alessandro Lanzi, in Roma, v. dei Due Macelli, n. 66;
– controricorrente –
e SOLI & ASSOCIATI S.R.L., (C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro-tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 5798/2016 (pubblicata il 3 ottobre 2016);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
lette le memorie depositate dalle difese di entrambe le parti costituite ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione ritualmente notificato la s.p.a. Titanus conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la sig.ra F.S., la s.r.l. Rubino e la s.r.l. Soli & Associati, chiedendo: – in via principale, l’accertamento dell’intervenuta risoluzione di diritto, ai sensi dell’art. 1457 c.c., dei tre contratti conclusi da essa attrice con le citate convenute (relativi alla realizzazione di tre miniserie TV), per mancato adempimento e rispetto da parte di queste ultime dei termini essenziali previsti in favore della stessa Titanus; – in via subordinata, accertare e dichiarare l’inadempimento delle convenute rispetto alle obbligazioni sulle stesse gravanti in virtù del predetti contratti e, per l’effetto, dichiarare la loro risoluzione per fatto e colpa delle medesime convenute; – in ogni caso, accertare che nulla era dovuto da essa Titanus alla sig.ra F.S. e alla Soli & Associati s.r.l. nonché alla Rubino s.r.l. on relazione ai suddetti contratti; – la condanna delle stesse parti convenute, se del caso in solido tra loro, alla restituzione in favore di essa attrice della somma di Euro 96.800,00, oltre interessi legali dal 25 gennaio 2005 sino al soddisfo; – la condanna ulteriore delle convenute al risarcimento dei danni subiti e subendi da essa Titanus, provvisoriamente quantificati in Euro 430.000,00, ovvero nella diversa o minore misura che sarebbe risultata di giustizia, eventualmente liquidata anche secondo equità ai sensi dell’art. 1226 c.c., oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Si costituiva in giudizio la sig.ra F.S., la quale instava per il rigetto della domanda e proponeva domanda riconvenzionale per l’accertamento del suo diritto a trattenere l’importo già corrisposto a titolo di acconto del maggior danno per l’interruzione ingiustificata del rapporto da parte dell’attrice, con l’ulteriore condanna all’integrale risarcimento del danno nella misura che sarebbe stata determinata in corso di causa, anche in via equitativa.
Resisteva in giudizio anche la Rubino s.r.l. che, oltre ad insistere per la reiezione dell’avversa domanda, formulava domanda riconvenzionale per l’ottenimento del pagamento della somma di Euro 476.000,00, decurtata dell’importo di Euro 35.200,00, a sostegno della quale deduceva di non essere responsabile di eventuali inadempimenti altrui.
L’altra società convenuta non si costituiva in giudizio e veniva, perciò, dichiarata contumace.
L’adito Tribunale, all’esito dell’esperita istruzione probatoria, con sentenza n. 2837/2011, rigettava la domanda principale, accoglieva entrambe le avanzate domande riconvenzionali e, per l’effetto, condannava la Titanus s.p.a. al pagamento della somma di Euro 661.200,00 in favore di F.S. e della somma di Euro 440.800,00 in favore della Rubino s.r.l., oltre interessi, regolando le spese in base al principio della soccombenza.
2. Decidendo sull’appello formulato dalla Titanus s.p.a., cui resistevano le sole appellate F.S. e Rubino s.r.l., la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 5798/2016 (pubblicata il 3 ottobre 2016), in parziale accoglimento del gravame ed in riforma dell’impugnata sentenza, costì statuiva:- dichiarava risolto per inadempimento di F.S. il contratto stipulato in data 20 giugno 2003 e, per l’effetto, dichiarava risolti anche i contratti con esso collegati conclusi tra la stessa appellante e la Rubino s.r.l., nonché tra la medesima Titanus s.p.a. e Soli & Associati s.r.l., in pari data; condannava F.S. a restituire, in favore dell’appellante, l’importo di Euro 52.800,00 percepito in acconto, oltre interessi legali dal 31 ottobre 2005 al saldo; condannava la Rubino s.r.l. a restituire, sempre in favore dell’appellante, la somma di Euro 35.200,00 ricevuta in acconto, oltre interessi dalla citata data de 131 ottobre 2005 al saldo; – rigettava le domande risarcitorie proposte dalla Titanus s.p.a. nei confronti delle appellate costituite; – condannava queste ultime, in solido, al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura del 50%, compensando tra tutte le parti il residuo 50%.
A fondamento dell’adottata decisione, la Corte laziale rilevava, innanzitutto, che, sulla scorta delle condizioni contrattuali (e, in particolare, dell’oggetto, del tenore letterale e delle utilità in concreto perseguite dalle parti), i termini con esse stabiliti per l’inizio delle riprese cinematografiche delle due miniserie non potessero essere ritenuti essenziali ma meramente indicativi, difettando, peraltro, ogni richiamo all’art. 1457 c.c. e menzioni univoche a tale scopo, ragion per cui il giudice di appello riteneva corretta, per tale aspetto, l’impugnata sentenza del primo giudice.
Tuttavia, la stessa Corte di appello rilevava che si era venuto a configurare, nella fattispecie, a carico della F. un inadempimento riconducibile al combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 c.c., come tale idoneo a legittimare la pronuncia di risoluzione del contratto dedotto in causa.
In particolare, in punto di fatto, la Corte di appello osservava che, in relazione alla prima delle due miniserie, vi era motivo di ritenere che la F. avrebbe dovuto scegliere una sceneggiatura di suo gradimento, se non entro la data pattuita del mese di *****, almeno entro un termine utile per consentire l’inizio delle riprese entro il *****, scadenza, questa, fissata nel contratto dalla Titanus s.p.a. in base agli impegni dalla medesima già assunti con la RAI, circostanza ben nota alla stessa F., siccome richiamata nelle premesse del contratto, rispetto alla quale, invece, la medesima, ove non avesse inteso rispettarla, avrebbe dovuto fornire un’adeguata motivazione, in modo tale da permettere alla società Titanus di modificarla nel senso richiesto dall’artista o di realizzarne altre in alternativa.
A tal proposito, si osserva nell’impugnata sentenza che la F., con nota del 7 novembre 2003, spiegava le ragioni della mancata approvazione della sceneggiatura della miniserie “*****”, sostenendo – nella sua essenza – che la trama fosse un po’ debole e che i personaggi erano forse troppi. Di conseguenza alla F. veniva proposta la sceneggiatura di un’altra miniserie (dal titolo “La donna del legionario”), con lettera del 9 febbraio 2004, in relazione alla quale l’attrice si riservava la decisione anche se, poi, si dichiarava disponibile ad una proroga della data di inizio delle riprese della prima miniserie tra il *****, senza, però, ricevere alcun riscontro dalla Titanus.
Alla stregua dello svolgimento del complessivo rapporto tra la Titanus e la F. la Corte di appello riteneva che quest’ultima non aveva adempiuto l’obbligo, al quale era contrattualmente tenuta, di collaborare con la prima nell’individuazione dei soggetti delle due miniserie, aveva esercitato la facoltà di approvazione delle sceneggiature con modalità non improntate a buona fede e inidonee a salvaguardare l’interesse della controparte a realizzare il lavoro nel rispetto degli impegni assunti dalla Titanus con la RAI, così concretandosi le condizioni di un inadempimento da qualificarsi grave ai sensi dell’art. 1455 c.c. in capo alla F., che giustificava, pertanto, la risoluzione del contratto per sua colpa in applicazione dell’art.:1453 c.c., dal quale conseguiva la condanna delle stessa F. alla restituzione, in favore dell’appellante, della somma ricevuta quale acconto al momento della stipula del contratto. Da detta risoluzione conseguiva anche quella del contratto collegato concluso tra la Titanus s.p.a. e la Rubino s.r.l. in data 18 giugno 2003, non essendo sorti i diritti che la seconda avrebbe dovuto trasferire alla prima (donde la condanna anche della società Rubino alla restituzione di quanto corrispostole a titolo di acconto, e ciò anche in applicazione dell’art. 6, u.c. del contratto stesso).
La Corte di appello rigettava, per contro, il motivo di gravame relativo alla domanda risarcitoria in quanto il danno asseritamente patito dalla Titanus s.p.a. non era stato provato né nell’an né nel quantum.
3. Avverso la citata sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, la sig.ra F.S. e la Rubino s.r.l., resistito con controricorso dalla Titanus s.p.a., contenente ricorso incidentale condizionato riferito a un solo motivo.
L’intimata Soli & Associati s.r.l. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Le difese di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo le ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2, nonché dell’art. 2909 c.c., per asserita nullità dell’impugnata sentenza, avuto riguardo all’assunta acquiescenza parziale e alla conseguente formazione del giudicato sull’intervenuto atto di recesso della Titanus s.p.a.
2. Con la seconda censura le ricorrenti hanno dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio attinente alla valutazione dello stesso atto di recesso della Titanus s.p.a..
3. Con la terza doglianza le ricorrenti hanno prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1373 c.c. avuto riguardo agli effetti del recesso unilaterale da ritenersi operato dalla stessa Titanus s.p.a.
4. Con il quarto motivo le ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio riferito alla totale pretermissione della valutazione delle risultanze emerse dall’interrogatorio formale della sig.ra F., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375 e 1355 c.c., con riferimento alla buona fede contrattuale della stessa.
5. Con la quinta censura le ricorrenti hanno dedotto – in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., con conseguente errata qualificazione del fatto, in uno alla falsa applicazione dell’art. 1355 c.c..
6. Con il sesto mezzo le ricorrenti hanno dedotto – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., dell’art. 132 c.p.c., n. 4, allegando l’insussistenza di alcun grave inadempimento in capo alla sig.ra F. e la nullità dell’impugnata sentenza per mancanza di idonea motivazione al riguardo.
7. Con il settimo ed ultimo motivo le ricorrenti hanno prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453,1322 e 1362 c.c., dell’art. 132c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c., nonché l’omessa valutazione di un fatto decisivo attinente alla risoluzione del rapporto contrattuale tra la Titanus s.p.a. e la Rubino s.r.l..
8. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la controricorrente ha denunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per asserita omissione di ogni pronuncia, da parte della Corte di appello, sull’eccezione di nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c. del contratto concluso tra la stessa società e la sig.ra F..
9. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato e deve, perciò, essere rigettato.
Infatti, sulla scorta delle complessive domande così come articolate dalla s.p.a. Titanus fin dall’introduzione del giudizio in primo grado, emerge univocamente che essa aveva chiesto l’accertamento dell’inadempimento delle parti convenute con la dichiarazione di risoluzione ai sensi dell’art. 1457 c.c. (per effetto dell’operatività di un’asserita clausola risolutiva espressa) e, comunque, per grave inadempimento delle stesse convenute (da valutarsi ai sensi dell’art. 1455 c.c.), senza invocare l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità del recesso della F. dai contratti dedotti in causa; il giudice di primo grado aveva, quindi, statuito sulle stesse respingendole nel merito ed accogliendo, invece, l’avversa domanda riconvenzionale per il ritenuto inadempimento della società Titanus.
E’ importante, però, evidenziare che se pur è vero che il Tribunale aveva accolto la domanda riconvenzionale sul presupposto che fosse stata la Titanus a recedere illegittimamente dal contratto, è altrettanto inconfutabile che, con la proposizione dell’appello, la s.p.a. Titanus non solo aveva inteso criticare l’impugnata sentenza riproponendo le domande originarie ma aveva anche contestato espressamente – per quanto evincibile ex actis – la statuizione del primo giudice sulla ravvisata illegittimità del suo recesso (si veda, al riguardo, anche il richiamo trascritto a pag. 16 del controricorso).
Pertanto non può affermarsi che sia intervenuta acquiescenza sulla relativa statuizione del giudice di primo grado riguardante l’illegittimità dell’asserito recesso della s.p.a. Titanus e, quindi, che si sia venuto a formare un giudicato implicito in proposito.
10. Anche la seconda censura è priva di fondamento e va respinta.
In disparte la possibile sussunzione del motivo nell’alveo del vizio di insufficiente motivazione (come tale non più ammissibile dopo la sostituzione del disposto di cui all’art. 360, n. 5 intervenuta con il D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), lo stesso è infondato perché la Corte di appello non ha omesso, nell’impugnata sentenza, di valutare il fatto asserito come decisivo.
Invero, nel corpo della motivazione dell’impugnata sentenza (v., in particolare, pag. 11), la Corte laziale ha specificamente preso in considerazione – ritenendo legittime le rimostranze in essa contenute – la indicata nota del 20 gennaio 2005 di contestazione da parte della s.p.a. Titanus alla sig.ra F. del mancato rispetto del contratto e della richiesta di restituzione dell’acconto, occupandosi, poi, di tutte le vicende ad essa conseguenti, per poi valorizzare l’intera ricostruzione fattuale in correlazione con l’acquisito quadro probatorio ai fini della pronuncia sulla invocata risoluzione contrattuale, nella sussistenza delle relative condizioni di legge (e, specificamente, di quanto previsto dagli artt. 1453 e 1455 c.c.).
11. Pure la terza doglianza non coglie nel segno e non merita, pertanto, accoglimento. Invero, diversamente da quanto con essa dedotto, la Corte di appello non ha ritenuto – ed ha adeguatamente motivato in proposito (rispondendo agli specifici motivi di gravame della s.p.a. Titanus che non implicavano quel presupposto) – che la nota del 20 gennaio 2005 della Titanus valesse come dichiarazione di recesso (per la quale secondo la giurisprudenza di questa Corte – occorre un’inequivoca pattuizione, evidentemente non ravvisata dal giudice di secondo grado: cfr. Cass. n. 8776/1987 e Cass. n. 987/1990), bensì come contestazione alla F. del mancato rispetto del contratto (e, perciò, di allegazione del suo inadempimento) e, quindi, di restituzione dell’acconto dall’attrice percepito al momento della stipula del contratto per la sua ingiustificata mancata approvazione delle sceneggiature.
Quindi, non sussiste la prospettata violazione e falsa applicazione dell’art. 1373 c.c.
12. Anche il quarto motivo deve essere rigettato.
Infatti, per giurisprudenza costante di questa Corte, il vizio di omesso esame può solo riferirsi a fatti e non a valutazioni istruttorie che sarebbero dovute scaturire dalle risposte all’interrogatorio formale deferito alla F..
L’omesso esame di elementi istruttori, dunque, non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. Cass. n. 9253/2017 e Cass. n. 27415/2018).
Peraltro, si deve ritenere che, sulla scorta del complessivo esame del quadro probatorio acquisito, la Corte di appello non ha ritenuto rilevanti o, comunque, determinanti le relative circostanze (oggetto del deferito interrogatorio) ai fini della decisione (afferendo all’illustrazione delle motivazioni artistiche che avevano indotto l’attrice a non interpretare i ruoli proposti dalla s.p.a. Titanus), essendo stato rilevato l’inadempimento della F. sulla base del suo comportamento globale e in virtù del complessivo rapporto così come svoltosi con la Titanus (escludendo la possibile configurazione di una condotta improntata a buona fede dell’attrice), senza che, quindi, venga in rilievo una possibile violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., attraverso la quale, invero, si tende a sollecitare un riapprezzamento di merito sulla vicenda, inammissibile in quanto tale a fronte dell’adozione di un percorso logico-motivazionale da parte della Corte di appello da ritenersi certamente congruo sull’imputabilità dell’inadempimento in capo alla F. e della sua idoneità a determinare la risoluzione del rapporto contrattuale.
13. La quinta censura è altrettanto priva di fondamento e va respinta.
Infatti la Corte di appello non è incorsa nella violazione dei criteri ermeneutici indicati dal momento che proprio dal contenuto del trascritto art. 1 del contratto (v. pag. 29 dello stesso ricorso) si evince che alla F. era stato garantito, come condizione essenziale, che le miniserie sarebbero state realizzate in modo conforme alle sceneggiature dalla stessa attrice approvate (e che il suo ruolo, anche nel montaggio definitivo, sarebbe stato del tutto conforme a tali sceneggiature).
Ed invero il giudice di secondo grado ha giustificato la pronuncia di risoluzione proprio sull’accertato fatto – implicante una squisita valutazione di merito – che la facoltà di approvazione delle sceneggiature era stata esercitata dalla sig.ra F. con modalità non improntate a buona fede ed inidonee a salvaguardare l’interesse della controparte a realizzare il lavoro nel rispetto degli impegni che la Titanus aveva assunto con la RAI.
14. Il sesto motivo è inammissibile o, in ogni caso, destituito di fondamento.
Esso involge una tipica valutazione di merito circa la sussistenza della gravità dell’inadempimento in capo alla sig.ra F., su cui la Corte di appello ha espresso un’adeguata e logica motivazione, essendo, perciò, del tutto infondata la deduzione della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, anche secondo i dettami dell’orientamento delle Sezioni unite di questa Corte espresso con le sentenze nn. 8053 e 8054 c.c., ad avviso del quale l’anomalia comportante il denunciato vizio si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (tutte evenienze non verificatesi nella fattispecie), esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. anche Cass. n. 23940/2017 e Cass. n. 22598/2018).
E’ poi pacifico che, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. n. 6401/2015 e Cass. n. 12182/2020).
Ed è altrettanto indiscusso che, in tema di risoluzione per inadempimento, il giudice, per valutarne la gravità, deve tener conto di un criterio oggettivo, avuto riguardo all’interesse del creditore all’adempimento della prestazione attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità, e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale, nonché di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alla particolarità del caso, attenuarne l’intensità (v. Cass. n. 22346/2014 e, da ultimo, Cass. n. 8220/2021).
Sulla scorta di tali principi la Corte di appello, una volta esclusa l’applicabilità di termini essenziali, ha proceduto compiutamente una complessiva valutazione complessiva delle reciproche obbligazioni delle parti nel loro legame sinallagmatico ed è pervenuta al ragionato convincimento che la sig.ra F. era incorsa in un grave inadempimento per effetto dell’ingiustificata mancata approvazione tempestiva delle sceneggiature, dalla protrazione dei ritardi nel manifestare univocamente una propria adesione e nel venir meno del proprio obbligo di collaborazione contrattuale a causa di una condotta non caratterizzata da buona fede ed inidonea a tutelare l’interesse della s.p.a. Titanus che si era, a sua volta, obbligata a realizzare il lavoro nel rispetto degli impegni che aveva assunto nei confronti della RAI, nel rappresentare la prima miniserie con la partecipazione di detta attrice, particolarmente importante e gradita al pubblico per quei tipi di programmi (fiction TV), con derivante turbamento dell’equilibrio tra le vicendevoli obbligazioni.
Quindi, la Corte di appello ha valorizzato – in funzione della rilevanza della condotta da compiere ai sensi dell’art. 1455 c.c. – la gravità del ritardo della sig.ra F. nel valutare le diverse proposte offertele dalla s.p.a. Titanus, nonostante ella fosse già conoscenza degli impegni da detta società assunti con la RAI per la realizzazione di alcune miniserie televisive, e ciò a prescindere dalla produzione di un effettivo pregiudizio in danno della stessa società Titanus (tanto è vero che, in difetto della relativa prova, l’inerente domanda risarcitoria di tale società non è stata accolta).
15. Il settimo ed ultimo motivo è anch’esso infondato e va respinto, sia perché la sentenza impugnata è sufficientemente motivata sulla conseguente risoluzione del contestuale contratto collegato concluso tra la Titanus e la società Rubino sia perché non si è venuta a configurare alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., perché la Titanus aveva chiesto anche l’accertamento della correlata inesistenza di un debito della stessa nei confronti della citata società Rubino per effetto del presupposto inadempimento della F. (ove rimasto accertato, come invero accaduto), con conseguente legittimità della richiesta di restituzione dell’acconto ricevuto, così ravvisandosi correttamente la sussistenza di un collegamento negoziale tra i rapporti bilaterali venutisi a realizzare (l’uno influenzato dall’andamento dell’altro, di valenza principale, come tale condizionante quello dipendente, evidenziandosi, al riguardo, come i compensi spettanti alla Rubino s.r.l. avrebbero dovuto essere contrattualmente corrisposti in concomitanza con l’avanzamento delle riprese e dell’attività di doppiaggio, attività queste ultime rimaste però irrealizzate proprio per effetto del mancato adempimento del contratto stipulato tra la F. e la Titanus s.p.a.).
Sulla base di tale complessiva ricostruzione fattuale la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 7255/2013 e Cass. n. 15757/2014), secondo cui il collegamento contrattuale non dà luogo ad un autonomo e nuovo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, in caso di collegamento funzionale tra più contratti, gli stessi restano conseguentemente soggetti alla disciplina propria del rispettivo schema negoziale, mentre la loro interdipendenza produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi “simul stabunt, simul cadent”.
16. In definitiva, sulla scorta delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso principale deve essere integralmente respinto, con conseguente assorbimento dell’unico motivo di ricorso incidentale condizionato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in favore della controricorrente.
Non vi è luogo a provvedere sul rapporto processuale instauratosi tra le ricorrenti e la Soli & Associati s.r.l., essendo quest’ultima rimasta intimata.
Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
Condanna le parti ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessive Euro 7.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 14 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2021
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