LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10337-2020 proposto da:
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LUFRANO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 5429/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
RILEVATO
che B.G., cittadino nigeriano, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 2 dicembre 2019, che aveva rigettato il gravame avverso l’ordinanza del locale tribunale di diniego della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria (egli riferiva di essere fuggito dal suo paese perché, essendosi rifiutato di uccidere un rappresentante del partito avverso al suo, temeva per la propria incolumità);
che la Corte ha spiegato le ragioni che inducevano a giudicare il racconto non credibile e comunque non riconducibile ad alcuna tra le forme di protezione invocate.
CONSIDERATO
che il ricorso è inammissibile, consistendo in una impropria sollecitazione a rivisitare le valutazioni di fatto compiute dai giudici di merito circa la insussistenza sia di rischi di danno grave, sotto il profilo della violenza indiscriminata nel paese di origine (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 cit.) – che è stata esclusa sulla base di fonti informative sulle condizioni di sicurezza del paese (primo motivo) – sia di ragioni di vulnerabilità personale, ai fini della protezione umanitaria (secondo motivo), tanto più che è rimasta incensurata l’autonoma ratio decidendi di inverosimiglianza e non credibilità del racconto;
che non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021