Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25002 del 15/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15278-2020 proposto da:

A.B.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORFINIO, 23, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE LODI, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO DEL STABILE, MARIANGELA DI BIASE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 722/2020 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 16/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

CONSIDERATO

che A.B.I., cittadino del Ghana, ricorre per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Campobasso del 16.4.2020, di rigetto della sua domanda di protezione internazionale e umanitaria (egli riferiva di essere accusato di essere uno stregone e responsabile dell’uccisione della madre e di essere stato per questa ragione allontanato dai colleghi insegnanti nel suo ambiente di lavoro);

che i primi tre motivi di ricorso sono inammissibili, consistendo in una impropria istanza di rivisitazione di incensurabili apprezzamenti di fatto svolti dai giudici di merito, i quali hanno illustrato le ragioni dell’insussistenza in concreto dei presupposti fattuali richiesti per le protezioni “maggiori” (rischi persecutori e di danno grave) e per la protezione umanitaria, non sussistendo ragioni di vulnerabilità personale;

che, analogamente, il quarto motivo contesta del tutto genericamente la mancata cooperazione istruttoria e, in relazione alla questione della violazione dei diritti umani nel paese di transito (la Libia), non tiene conto del principio secondo cui il permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere accordato automaticamente per il solo fatto che il richiedente abbia subito violenze o maltrattamenti nel paese di transito, ma solo se tali violenze per la loro gravità o per la durevolezza dei loro effetti abbiano reso il richiedente “vulnerabile”, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; ne consegue che è onere del richiedente allegare e provare nel giudizio di merito – e formulare idoneo motivo di ricorso per cassazione rispettoso del canone di specificità – come e perché le vicende avvenute nel paese di transito lo abbiano reso vulnerabile, non essendo sufficiente che in quell’area siano state commesse violazioni dei diritti umani (v. Cass. n. 28781 del 2(120);

che il ricorso è inammissibile;

che non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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