Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.11376 del 11/05/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1246/2006 proposto da:

M.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 14, presso lo studio dell’avvocato PALLOTTINO Giovanni, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALU’

Mario con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NEMORENSE 77, presso lo studio dell’avvocato TAMBURRO Lucio, che lo rappresenta e difende con delega a margine del ricorso;

S.G., B.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVIO PENTIMALLI 43, presso lo studio dell’avvocato LANCELLOTTI GIANFRANCO, che li rappresenta e difende con delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4248/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Sezione Seconda Civile, emessa il 4/02/2005; depositata il 06/10/2005; R.G.N. 7907/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 20/04/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato PALLOTTINO GIOVANNI; udito l’Avvocato TAMBURRO LUCIO; udito l’Avvocato LANCELLOTTI GIANFRANCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’improcedibilità e nel merito infondato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 19-20 dicembre 1996 M.F., premesso di essere proprietaria di un terreno sito in località ***** del Comune di Roma, riferito che S.G. e B.A. avevano venduto a P.A. il loro terreno, confinante con quello dell’attrice, con rogito ***** registrato il *****, pretermettendo qualsiasi comunicazione del preliminare o delle condizioni di vendita, nonostante ella fosse imprenditrice agricola e coltivatrice diretta del proprio appezzamento e che – inoltre – il prezzo dichiarato nell’atto era decisamente superiore al valore commerciale del bene, come poteva dedursi dal confronto del prezzo di acquisto del precedente trasferimento e dal fatto che era stato attribuito un valore esorbitante al manufatto agricolo insistente sul terreno ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Roma i venditori e l’acquirente chiedendo, previo accertamento del valore reale del bene e del proprio diritto alla prelazione, di essere dichiarata sostituita all’acquirente nel menzionato rogito di trasferimento, con riserva di corrispondere nei modi e termini di legge il prezzo da accertarsi, che si indicava in misura non superiore a L. 101.400.000.

Costituitisi tutti i convenuti hanno negato che la M. fosse coltivatrice diretta del fondo.

Il P. ha fatto presente, altresì, che il fondo non era coltivato e ha chiesto che, in caso di riconoscimento del diritto di riscatto, fosse imposto alla M. di corrispondergli il prezzo indicato in atto ed effettivamente pagato, cioè L. 180.000.000, oltre al rimborso delle spese di contratto, pari a L. 31.500.000, e delle spese di manutenzione e pulizia del terreno e del sovrastante edificio, nonchè al ristoro dei danni per il mancato esercizio dell’attività florovivaistica.

La S. e la B., per loro conto, hanno eccepito, inoltre, che la domanda era infondata perchè l’attrice pretendeva di ottenere il riscatto contro pagamento di un prezzo inferiore a quello corrisposto dal P..

Svoltasi l’istruttoria del caso nel corso della quale l’attrice deduceva la nullità dell’atto di vendita, atteso che il fabbricato insistente sul terreno era stato condonato come avente destinazione agricola, laddove le parti avevano dichiarato che ne era stata modificata la destinazione d’uso in quella di magazzino, l’adito tribunale con sentenza 17 aprile 2002, ha rigettato la domanda con condanna della attrice al pagamento delle spese di causa.

Gravata tale pronunzia dalla soccombente M.F., la Corte di appello di Roma ha rigetto la impugnazione, con sentenza 4 febbraio – 6 ottobre 2005.

Per la cassazione di tale sentenza notificata il 2 novembre 2005 ha proposto ricorso, affidato a tre motivi e illustrato da memoria, M.F., che ha presentato, altresì, note di udienza ex art. 379 c.p.c..

Resistono, con distinti controricorsi sia da un lato, P. A., sia, dall’altro S.G. e B.A..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il proposto ricorso è improcedibile.

Deve ribadirsi, infatti, alla luce di una giurisprudenza al momento consolidata di questa Corte regolatrice, che la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitatale soltanto con la osservanza del cosiddetto termine breve.

Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve – quindi – essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372 c.p.c., applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo della eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione (In termini, ad esempio, Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9006; Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005; Cass. 9 giugno 2008, n. 15233. Sempre nello stesso senso, altresì, tra le altre, Cass. 18 maggio 2007, n. 11619; Cass. 18 gennaio 2007, n. 1089; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1590; Cass. 1 ottobre 2004, n. 19654).

Certo che nella specie la ricorrente – da un lato -sia nella intestazione del proprio ricorso (p. 1) ha dichiarato di proporre ricorso, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma, Sez. 2^ civ. n. 4248 del 6.10.2005, notificata il 2.11.2005, sia nelle rassegnate conclusioni (a p. 23 del ricorso) ha richiesto accogliere il presente ricorso e per l’effetto cassare la sentenza della Corte di Appello di Roma, Sez. 2^ civ. n. 4248 del 6.10.2005, resa inter partes e notificata il 2.11.2005, dall’altro, ha depositato esclusivamente una copia autentica della sentenza di cui ha chiesto la cassazione, priva della relata di notifica (copia conforme all’originale rilasciata a richiesta dell’avv. Alessandro Ancarani nell’interesse di M.F. il 27 ottobre 2005 non diversamente, del resto, gli stessi controricorrenti S. e B. hanno dichiarato, a p. 1 del loro controricorso che la sentenza impugnata è stata notificata il 2 novembre 2005, è evidente che deve dichiararsi la improcedibilità del ricorso.

Irrilevante – al fine di pervenire a una diversa conclusione della lite è quanto si adombra nelle note di replica di cui all’art. 379 c.p.c..

Infatti:

– allorchè si afferma che nella fattispecie la sentenza impugnata non è mai stata notificata dalle controparti vittoriose, l’assunto – totalmente apodittico – prescinde dal considerare che è stata la stessa ricorrente, come evidenziato sopra a riferire una tale circostanza;

– nello stesso ricorso introduttivo, in particolare, sia a p. 1, sia a p. 23, è precisato che la sentenza impugnata è stata notificata, e in particolare è stata notificata il 2 novembre 2005 e la circostanza è stata confermata nel controricorso di parte S. e B.;

– è palese, pertanto, che se del caso, era onere della parte ricorrente dare, o offrire, la prova di essere incorso unitamente ai nominati controricorrenti in errore materiale nel dare per notificata una sentenza che invece non lo era e non limitarsi a affermare – come ha affermato – il contrario di quanto in precedenza dato per pacifico;

– la sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 369 c.p.c., in riferimento all’art. 24 Cost., è manifestamente infondata, atteso che la previsione normativa non limita in alcun modo il diritto di difesa, ma impone di esercitare questo – come è per tutte le norme processuali – nel rispetto di forme dettate dallo stesso codice di rito;

– deve escludersi, inoltre, decisamente, che quella indicata sopra sia una interpretazione (tra le tante possibili) dell’art. 369 c.p.c., da rifiutare perchè non logica nè ragionevole;

– è sufficiente, al riguardo, richiamato l’ineludibile precetto di cui all’art. 12 preleggi, da cui totalmente prescinde la difesa della ricorrente, tenere presente la stessa testuale e non equivoca formulazione dell’art. 369 c.p.c.;

– giusta quest’ultima norma, in particolare, insieme col ricorso debbono essere depositati sempre a pena di improcedibilità comma 2, prima parte … copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta.

…;

– certo che nella specie tale notificazione è – per espressa ammissione della odierna ricorrente – avvenuta e non controverso che la sentenza depositata unitamente al ricorso non è quella con la relazione di notificazione (ma altra copia) è palese che non è neppure in tesi prospettabile una violazione del precetto dell’art. 24 Cost., nella circostanza che il ricorso sia dichiarato improcedibile per inosservanza, da parte del difensore della parte ricorrente, di una delle norme che regolano il procedimento per cassazione;

– ove fosse vero l’assunto di parte ricorrente dovrebbe, in realtà, pervenirsi alla ben singolare conclusione che violano il precetto di cui all’art. 24 Cost., tutte le disposizioni del codice di rito che sanzionano determinate condotte con la inammissibilità o la improcedibilità;

– nè concludendo sul punto, può affermarsi, da un lato, la irrazionalità della scelta legislativa stante la equipollenza di una copia autentica del provvedimento impugnato, alla copia dello stesso notificata, dall’altro, la impossibilità di una applicazione retroattiva dei principi di cui sopra;

– quanto al primo rilievo è sufficiente fare riferimento, ancorchè per relationem alla giurisprudenza sopra richiamata e alle motivazioni che la giustificano;

– quanto al secondo si osserva che la regola posta dall’art. 11 preleggi non opera con riguardo alle pronunce di questa Corte, ancorchè emesse a sezioni unite, in occasione della risoluzione di contrasti giurisprudenziali (cfr. Cass. 12 gennaio 2007, n. 565);

– in ogni modo, e concludendo sul punto, Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9006, lungi dall’innovare la precedente giurisprudenza di questa Corte si è adeguata alla lettura dell’art. 369 c.p.c., data da una giurisprudenza assolutamente maggioritaria di questa Corte regolatrice.

Alla declaratoria di improcedibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE dichiara improcedibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di cassazione in favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge in favore di P.A. e in Euro 200,00 per spese, oltre Euro 3.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge in favore di S.G. e B.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

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