Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.11550 del 12/05/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3331/2006 proposto da:

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi (avviso postale Centro Direzionale G1 – 80143 Napoli), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto R.G.A.D. 50800/04 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 20.12.04, depositato il 21/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/06/2009 dal Consigliere Relatore Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni SCHIAVON che ha concluso per il rigetto del ricorso, per manifesta infondatezza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., con ogni conseguenza di legge.

FATTO E DIRITTO

Visto il ricorso, notificato il 17/01/2006, proposto, da L. P., avverso il decreto del 21/01/05 della Corte di Appello di Roma che ha solo parzialmente accolto il ricorso, da esso avanzato, ai sensi della L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, conseguente al mancato rispetto del termine ragionevole di durata di un procedimento da lui introdotto – come si legge in decreto – con ricorso del febbraio 1994, innanzi al Giudice del lavoro, e definito con sentenza sull'”an” del 2/11/1994 ed ancora pendente, al giugno 2004, nei profili relativi al “quantum”;

rilevato come la Corte territoriale abbia – fissata in cinque anni la ragionevole durata dei giudizi sull’an e di quello di quantificazione, da valutarsi unitariamente – individuato un’irragionevole eccedenza di 5 anni e liquidato in Euro 5000,00), ed abbia liquidato in Euro 650,00 le spese di giudizio; rilevato come, il ricorrente, con i 5 motivi di gravame, lamenti, anche sotto il profilo del vizio motivazionale, come: a) debba ritenersi illegittima la considerazione unitaria dei due giudizi sull’an e sul quantum; b) la Corte territoriale non abbia riconosciuto, al diritto alla ragionevole durata del processo, quel rango di “diritto fondamentale”, la cui violazione genera – ex se – il diritto al ristoro da liquidare secondo i parametri della Corte CEDU (compreso il “bonus” di Euro 2.000,00) e sulla base dell’intera durata del giudizio presupposto, ed abbia operato un notevole ed irragionevole ed illegittimo discostamento della Corte territoriale dai parametri fissati, dalla Corte CEDU, ai fini sia della valutazione del periodo di irragionevole durata del processo (fissata in soli 5 anni), sia della liquidazione del danno non patrimoniale (mancato riconoscimento del “bonus”, nonchè mancata adozione del parametro dell'”intera durata”); c) l’altrettanto comunque illegittima ed irrisoria liquidazione delle spese;

rilevato come risulti depositato controricorso;

vista la richiesta del P.G. in data 03/04/07, di rigetto del ricorso, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., attesa la sua manifesta infondatezza;

ritenuta l’accoglibilità della richiesta, posto che, da un lato, vanno sottolineate la più complessiva genericità e l’apoditticità delle censure sollevate dal ricorrente, in ordine alla avvenuta valutazione unitaria dei giudizi (in 1^ grado) sull’an e sul quantum, ed in ordine alla misura delle spese liquidate, e, dall’altro, di contro a quanto assume il ricorrente – fermo il profilo per cui l’obbligo di adeguamento del giudice italiano ai parametri della Corte CEDU, non si estende nè al criterio del “bonus”, nè a quello dell'”intera durata del giudizio” – l’avvenuta individuazione in 5 anni dell’indennizzando periodo di irragionevole durata dei 2 giudizi nonchè l’avvenuta liquidazione in Euro 5.000,00 dell’indennizzo appaiono pienamente in linea con gli standards e con i criteri fissati da questa Corte e dalla Corte CEDU;

ritenuto, pertanto, che il ricorso vada rigettato e le spese vadano liquidate come da dispositivo;

visto l’art. 375 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese che liquida in Euro 900,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi – Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 3 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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