LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
S.G., con domicilio eletto in Roma, via Quintino Sella n. 41, presso l’Avv. Burragato Rosalba, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. Claudio De Filippi, come da procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Torino depositato il 7 aprile 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio Zanichelli.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’Appello che ha respinto il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento fallimentare svoltosi avanti al Tribunale della Spezia a far tempo dal 4 dicembre 1995 e nell’ambito del quale, dopo aver presentato domanda di insinuazione nel marzo del 1996, aveva ottenuto il saldo delle sue spettanze solo nel giugno del 2007.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso con cui si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi.
Come risulta dal quesito di diritto, il ricorrente censura l’impugnata decisione sul presupposto che con la stessa sia stato affermato il principio secondo cui l’esistenza di parziali pagamenti in favore dei creditori insinuati esclude la durata irragionevole del processo fallimentare pur protrattosi per oltre undici anni. In realtà, come emerge della motivazione, la decisione della Corte è basata su due distinte affermazioni: secondo la prima la procedura fallimentare non avrebbe avuto, nel suo complesso, una durata irragionevole in considerazione della particolare complessità della gestione della massa immobiliare, del numero delle insinuazioni al passivo, della mole del contenzioso, della presentazione di plurime proposte di concordato; a mente della seconda, in ogni caso il ricorrente non avrebbe subito alcun danno risarcibile dalla durata del procedimento in quanto parte del credito era stata corrisposta dall’INPS già nel 1997 mentre il residuo, nella misura di oltre il 70%, era stato corrisposto entro quattro anni dall’insinuazione.
Tale seconda ratio decidendi, da sola sufficiente a giustificare la pronuncia, non è stata oggetto di specifica contestazione, con conseguente inammissibilità del ricorso.
Le spese eseguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in Euro 900, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010