Il conducente di un veicolo che si immette nel flusso della circolazione, provenendo da un luogo privato, è tenuto a dare la precedenza a tutti gli altri veicoli.
All’uopo è necessario che egli abbia la libera visuale della strada nei due sensi di marcia, per una lunghezza tale che gli consenta di accertare in tempo utile la eventuale sopravvenienza di veicoli sulla strada favorita. Deve, però, astenersi dalla manovra e scegliere un luogo più adatto per eseguirla, qualora non sussista la possibilità del tempestivo avvistamento. In tale ipotesi egli ha l’obbligo di compiere la manovra stessa con la massima prudenza e con ogni cautela. Deve, pertanto, svoltare sulla propria destra, rinunciando, in ogni caso, ad attraversare completamente la carreggiata per convergere sul lato opposto verso sinistra, salvo ad invertire poi la direzione di marcia in altro luogo idoneo.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.14285 del 14/06/2010
(Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente; Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 14 febbraio 2006, il Giudice di pace di Como accoglieva l’opposizione proposta da C.G. avverso il verbale di contestazione della violazione di cui all’art. 145 C.d.S., comma 10, elevato dalla Polizia stradale di Como il 1 giugno 2005.
Premesso che l’art. 145, comma 10, citato, pone a carico dei conducenti un dovere di attenzione particolarmente rigoroso al fine d evitare scontri tra veicoli e fa obbligo a chi si immette nel flusso della circolazione, inserendosi in una corrente di traffico già costituita o tagliandola, di dare la precedenza a tutti i veicoli provenienti da destra o da sinistra, il Giudice di pace rilevava che, nel caso di specie, non risultava che la vettura del C. si fosse inserita in una corrente di traffico già costituita, in quanto le vetture che precedevano il motociclo coinvolto nel sinistro si trovavano distanti dal punto in cui il sinistro stesso si era verificato, sicchè, nell’immettersi in strada, l’opponente non si era inserito nè aveva tagliato una corrente di traffico.
Osservava poi che la disposizione citata doveva essere interpretata nel senso che chi si immette nel flusso della circolazione deve dare la precedenza ai veicoli che, in marcia normale o di sorpasso, circolano seguendo il flusso di circolazione e non anche a quelli che, procedendo in modo irregolare o non prevedibile, viaggiano fuori di quel flusso. E, sulla base della deposizione di una teste, doveva ritenersi che il motociclo poi coinvolto nel sinistro procedesse a velocità elevatissima lungo il margine sinistro della corsia a cavallo o al di là della linea di mezzeria, e quindi in modo non solo irregolare, ma anche imprevedibile.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Prefettura di Como sulla base di un motivo; l’intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e 145 C.d.S., della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 e degli artt. 2054 e 2700 cod. civ., nonchè vizio di motivazione.
La difesa erariale rileva che il Giudice di pace avrebbe innanzitutto violato il principio di cui all’art. 2054 cod. civ., secondo cui nello scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso a produrre il danno subito dai singoli veicoli. Il medesimo Giudice non avrebbe poi tenuto conto della specifica configurazione della strada sulla quale si era verificato l’incidente, nè del fatto che la manovra di svolta dell’opponente aveva comportato l’attraversamento della corsia sulla quale procedevano i veicoli nella direzione opposta a quella che voleva acquisire il medesimo opponente, il quale quindi aveva posto in essere una manovra ad elevatissimo tasso di pericolosità. L’urto, inoltre, era avvenuto nella corsia occupata dal motociclo, in prossimità della linea di mezzeria, il che significava che l’auto condotta dall’opponente occupava l’intera parte di carreggiata destinata alla direzione del motociclo. Del resto, nel mentre gli agenti intervenuti in occasione del sinistro non avevano rilevato alcun segno che denotasse la velocità eccessiva del motociclo, l’opponente, da parte sua, non aveva fornito alcun elemento probatorio idoneo a confutare la ricostruzione del sinistro, limitando le proprie difese alla evidenziazione di un presunto comportamento inosservante del codice stradale da parte del motociclista. La ricorrente ricorda quindi che l’art. 145 C.d.S. impone una particolare prudenza a chi intenda immettersi su una strada provenendo, come nella specie, da un luogo non soggetto a pubblico transito; e la giurisprudenza ha chiarito che tale prudenza avrebbe richiesto che l’inserimento nel flusso circolatorio avvenisse senza attraversamento delle corsie, con immissione sulla destra e con una successiva inversione, ove questa fosse possibile in condizioni di visibilità e sicurezza.
Il ricorso è manifestamente fondato e va quindi accolto.
Occorre premettere che, nella giurisprudenza di legittimità, si è avuto modo di chiarire che, in tema di circolazione stradale, l’infrazione all’art. 145 C.d.S., commi 4 e 10, per essere il conducente di un veicolo “uscito da una via immettendosi in altra, omettendo di dare la doverosa precedenza ad altro veicolo (nella specie una bicicletta), non può essere esclusa, in sede di giudizio di opposizione, sul presupposto che anche il conducente dell’altro veicolo, avente diritto alla precedenza, aveva violato, a sua volta, una norma di comportamento. Ciò in quanto il giudizio di opposizione ha ad oggetto non l’accertamento della responsabilità di soggetti coinvolti in un sinistro stradale, in vista di una pronuncia di risarcimento del danno, ma l’opposizione avverso un verbale di contestazione della regola di precedenza, nella specie accertata come verificata dal giudice di merito” (Cass., n. 8552 del 2009). Invero, “l’accertamento di una violazione al codice della strada, contestata ed oggetto di giudizio di opposizione, non coincide interamente con l’accertamento della responsabilità del sinistro stradale che ne è derivato. (Nella specie la S.C. ha ritenuto erroneo l’annullamento della sanzione, per violazione dell’art. 145 C.d.S. – obbligo di dare la precedenza -, discendente dalla immissione della autovettura sulla pubblica via da un passo carraio, per essere stato addebitato il sinistro, in occasione del quale l’infrazione era elevata, alla velocità dell’altro veicolo, che aveva invaso l’opposta corsia di pertinenza)” (Cass., n. 728 del 2008).
Con specifico riferimento alla condotta di chi si immette su una strada a due carreggiate provenendo da un luogo privato, la Cassazione penale ha poi precisato che “il conducente di un veicolo che si immette nel flusso della circolazione, provenendo da un luogo privato, è tenuto a dare la precedenza a tutti gli altri veicoli.
All’uopo è necessario che egli abbia la libera visuale della strada nei due sensi di marcia, per una lunghezza tale che gli consenta di accertare in tempo utile la eventuale sopravvenienza di veicoli sulla strada favorita. Deve, però, astenersi dalla manovra e scegliere un luogo più adatto per eseguirla, qualora non sussista la possibilità del tempestivo avvistamento. In tale ipotesi egli ha l’obbligo di compiere la manovra stessa con la massima prudenza e con ogni cautela. Deve, pertanto, svoltare sulla propria destra, rinunciando, in ogni caso, ad attraversare completamente la carreggiata per convergere sul lato opposto verso sinistra, salvo ad invertire poi la direzione di marcia in altro luogo idoneo” (Cass. pen., sez. 4^, n. 4623 del 1985, rv. 172907).
Nel quadro di questi principi, risulta evidente la fondatezza del ricorso proposto dalla Prefettura di Como.
Il Giudice di pace, nell’accogliere l’opposizione proposta dall’intimato al verbale di contestazione della violazione di cui all’art. 145 C.d.S., comma 10, per non avere l’opponente, proveniente da luogo non soggetto a pubblico passaggio, dato la precedenza a veicoli circolanti sulla strada di immissione, ha valorizzato una circostanza del tutto inidonea ad escludere la responsabilità del conducente. Il Giudice di pace ha infatti ritenuto che la velocità del motociclo fosse tale da non consentire la prevedibilità del pericolo connesso all’esecuzione della manovra di immissione sulla carreggiata opposta a quella più prossima al punto di intersezione, cosi ritenendo scriminata la condotta dell’opponente per il solo fatto della concorrente responsabilità del conducente del motociclo.
Ha inoltre attribuito rilevanza al fatto che, nel momento in cui l’opponente si era immesso sulla strada, non vi era un flusso di veicoli, sicchè il medesimo conducente non avrebbe tagliato una corrente di traffico. In tal modo, il Giudice di pace ha introdotto una limitazione alla operatività delle disposizioni contenute nell’art. 145 C.d.S., non prevista. Invero, il citato art. 145, al comma 1, stabilisce che “i conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti” e, al comma 6, prescrive che “negli sbocchi su strada da luoghi non soggetti a pubblico passaggio i conducenti hanno l’obbligo di arrestarsi e dare la precedenza a chi circola sulla strada”.
Ne consegue che nessun rilievo poteva essere attribuito, al fine di escludere l’illecito contestato, alla circostanza che nel momento in cui il conducente ebbe ad immettersi sulla strada pubblica non vi era un flusso di veicoli. Nè spunti nel senso affermato dalla sentenza impugnata sono desumibili dalla sentenza di questa Corte n. 3248 del 1975, citata in motivazione, giacchè nell’affermare che all’obbligo di dare la precedenza sono tenuti i veicoli che, in marcia normale o di sorpasso, circolano seguendo il flusso di circolazione in cui ci si immette e “non, quindi, quelli che, procedendo in modo irregolare e non prevedibile, viaggiano fuori di quel flusso o addirittura contro di esso”, la sentenza stessa all’evidenza si riferisce ad un’ipotesi diversa dalla possibile velocità eccessiva del veicolo proveniente dalla direzione nella quale il conducente intende immettersi.
Del resto, la stessa sentenza impugnata da atto che il motociclo percorreva la strada all’interno della carreggiata di competenza o sulla linea di mezzeria – condotta questa che, alla luce di quanto riferito dalla teste sentita nel corso del giudizio di opposizione, doveva ritenersi giustificata in quanto il manto stradale sul lato destro era in pessime condizioni – e che l’opponente non aveva la visibilità dei veicoli sopravvenienti da un tratto in curva. Con il che, appare evidente che il Giudice di pace avrebbe dovuto fare applicazione del principio affermato dalla citata sentenza del 1986, giacchè proprio la circostanza da ultimo rilevata avrebbe dovuto indurre l’opponente ad immettersi sulla propria destra e ad effettuare successivamente l’inversione di marcia in una situazione in cui la visibilità fosse completa.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, sussistendo i denunciati vizi. La cassazione può essere disposta senza rinvio in quanto, non apparendo, per le ragioni esposte, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto della opposizione.
In applicazione del principio della soccombenza, l’intimato deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di merito, non essendosi l’amministrazione costituita dinnanzi al Giudice di pace a mezzo dell’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; condanna l’intimato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2010