LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.J.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA INNOCENZO XI 8 presso lo studio dell’avvocato DI MEGLIO GIANFRANCO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 35/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO, depositata il 26/07/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DI MEGLIO GIANFRANCO, che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del 2^ motivo, assorbito il 1^.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato in data 9 agosto 2001 l’Agenzia delle Entrate di Verbania, avuto esito negativo il contraddittorio instaurato con il contribuente, notificava a J.G.C., architetto, avviso di accertamento con il quale determinava maggiori compensi per attività professionale svolta nel 1996, a fini IRPEF e SSNN, sulla base dei parametri di cui ai D.P.C.M. 29 gennaio 1996 e successive modificazioni. Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Verbania, sostenendo che esercitava in via principale attività di lavoro dipendente come insegnante, per cui la attività libero-professionale aveva rilievo marginale, con conseguente inapplicabilità dei parametri e comunque infondatezza dell’accertamento nel merito.
La Commissione accoglieva il ricorso.
Appellava la Agenzia e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 35/38/05, in data 31-5-2005, depositata il 26-7-2005, accoglieva il gravame, confermando l’operato dell’Ufficio.
Avverso la sentenza propone ricorso il contribuente, con due motivi.
La Agenzia non esplica attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente sostiene violazione e falsa applicazione da parte del giudice di merito della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 184 e del D.P.C.M. in data 29 gennaio 2006.
Espone che il citato D.P.C.M., art. 1, comma 2, disciplina la ipotesi di contemporaneo esercizio da parte dello stesso soggetto di più attività di impresa o di professione, dando rilievo alla attività prevalente, intendendosi per tale quella da cui deriva la quota maggiore dei ricavi o dei compensi.
Sostiene quindi che, mancando una disciplina specifica in ordine ai soggetti che esercitino contemporaneamente attività dipendente ed attività professionale, detta norma deve essere applicata in via analogica, con conseguente illegittimità del ricorso ai parametri nei casi, come il presente, in cui il reddito da lavoro dipendente sia più alto di quello da attività professionale, dovendosi ritenere prevalente la attività di lavoro dipendente. Osserva che l’assunto contrario porta a conseguenze distorsive ed ingiustificate di elevazione del reddito da attività professionale in ipotesi in cui questa ha invece un carattere marginale.
Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost..
Deduce che la motivazione è assolutamente mancante, avendo il Giudice di secondo grado, dopo la esposizione del fatto, omesso di esporre le ragioni del suo convincimento, rendendo pertanto impossibile apprezzare l’iter logico-giuridico alla base della decisione.
Per ragioni di priorità logica, deve essere preso in considerazione il secondo motivo.
Questo è fondato.
La Commissione Regionale, dopo avere esposto i fatti alla base della controversia e lo svolgimento del processo, ha enunciato in modo sommario l’oggetto delle doglianze svolte dall’Ufficio in sede di appello avverso la sentenza di primo grado, nonchè la conclusione principale (conferma dell’accertamento) e subordinata (abbattimento dei ricavi accertati nella misura del 50%).
A questo punto, senza alcuna ulteriore considerazione, pronunciava dispositivo di accoglimento della conclusione principale dell’Ufficio.
E’ evidente la assoluta mancanza di motivazione, che non può intendersi “per relationem” con le argomentazioni dell’Ufficio a sostegno del gravame, in quanto non riportate in sentenza, tanto più che l’appellante aveva formulato una conclusione principale ed una subordinata, in ordine alle quali risulta omesso ogni cenno di giustificazione della scelta operata in fase di decisione.
Ne consegue che, mancando in modo assoluto la motivazione, la sentenza è nulla.
Il primo motivo, peraltro in sè inammissibile in quanto, in assenza di pronuncia sul punto da parte della Commissione, doveva del caso essere eccepito il vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., rimane assorbito.
La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, la quale provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010