Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.1695 del 27/01/2010

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PETRILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO ALESSANDRO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MERCOGLIANO ***** in persona del Vicesindaco p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso lo studio dell’avvocato IARIA GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli avvocati BUBANI MARCO, FESTA CARMELA giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 447/2005 del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata il 5/04/2005, R.G.N. 2602/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 16/11/2009 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo e’ esposto come segue.

“Con atto di appello notificato il 05.06.02 l’attore in epigrafe proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Avellino nr. 108 dei 21.01.02 deducendo quali motivi di impugnazione: il proprio difetto di legittimazione passiva; l’incompetenza per valore del giudice adito la nullita’ della sentenza impugnata;

l’infondatezza della domanda proposta in primo grado e, in subordine, l’esorbitanza del danno lamentato. Tanto premesso, chiedeva l’accoglimento dell’appello con il rigetto della domanda attorea proposta in primo grado per incompetenza per valore; in via subordinata, la declaratoria di difetto di legittimazione passiva di esso Comune; in via ancora piu’ gradata, il rigetto della domanda avversa perche’ del tutto infondata con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio con attribuzione al procuratore antistatario e condanna di controparte al risarcimento dei danni da responsabilita’ aggravata nella misura ritenuta equa ovvero in caso di mancato accoglimento delle precedenti richieste, chiedeva di disporre la compensazione delle spese di lite del doppio grado in riferimento al concorso di colpa.

Si costituiva l’appellata che eccepiva l’inammissibilita’, improcedibilita’ e improponibilita’ dell’appello e, nel merito, ne contestava la fondatezza chiedendo il suo rigetto con vittoria di spese e competenze di giudizio. Proponeva, altresi’, appello incidentale chiedendo la riforma della sentenza nella parte in cui dichiarava il concorso di colpa di essa appellata e chiedeva la declaratoria di esclusiva responsabilita’ del Comune nella genesi del sinistro e la condanna dello stesso al risarcimento dei danni in favore dell’appellata R.A. nella misura di Euro 1.032,91. In via ancora piu’ gradata chiedeva l’annullamento della sentenza e la rimessione in istruttoria al primo giudice con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio. Veniva acquisito il fascicolo di primo grado, indi la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 07.05.04 alla quale, veniva trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.”.

Con sentenza pubblicata il 5.4.2005 il Tribunale di Avellino decideva come segue.

“..accoglie l’appello e, per l’effetto, dichiara la nullita’ della sentenza impugnata e rigetta la domanda proposta dall’attrice (appellata) R.A.; compensa interamente fra le parti le spese di lite del presente giudizio e condanna l’appellata R.A. al pagamento delle spese di lite del giudizio svoltosi dinanzi al Giudice di Pace di Avellino che liquida in complessivi Euro 1236,21 di cui Euro 100,00 per spese, Euro 516,46 per onorario ed Euro 619,75 per diritti oltre iva, cpa e rimb forf. come per legge con attribuzione al procuratore dichiaratosi anticipatario Avv.to Carmela Festa”.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione R. A., esponendo quattro motivi di gravame.

Ha resistito con controricorso il Comune di Marcogliano.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo R.A. denuncia “Violazione del combinato disposto degli artt. 10, 14 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 2” esponendo doglianze da riassumere come segue, li Tribunale, nella motivazione della sentenza, dichiara l’incompetenza per valore del Giudice di primo grado, posto che l’attrice formulava piu’ domande di cui una sola determinata nel quantum mentre le altre indeterminate, non attribuendo alcuna valenza alla dichiarazione formulata dall’attrice, gia’ nel libello introduttivo, di voler contenere le domande nella competenza del Giudice di Pace; non avendo, quindi, la clausola di contenimento alcun valore in presenza di piu’ domande di cui una di valore indeterminabile. La censura non e’ pero’ fondata poiche’ e’ vero che le domande, ex art. 10 c.p.c., comma 2, devono essere sommate tra loro. Tuttavia, cio’ avviene qualora l’attore non abbia posto, in modo non equivoco, la c.d. clausola di contenimento con la quale dichiari di voler contenere la domanda, con effetti vincolanti anche per la pronuncia di merito, nei limiti di competenza per valore del Giudice. Nel caso di specie, l’attrice, nell’atto introduttivo, ha manifestato la volonta’, in modo inequivocabile, di voler contenere il valore della controversia nei limiti di competenza dei Giudice di Pace; ed invero, scrive: “Il tutto, sempre e comunque, entro i limiti di competenza per valore dell’adito Magistrato, nonostante il cumulo operato”. (V. atto di citazione di primo grado – pag. 2).

Il motivo deve ritenersi inammissibile.

Infatti, in base al principio dell’autosufficienza del ricorso, la parte ricorrente, volendo dimostrare che la frase “Il tutto, sempre e comunque, entro i limiti di competenza per valore dell’adito Magistrato, nonostante il cumulo operato”, si riferiva non solo ad una particolare richiesta di pagamento ad un gruppo particolare di richieste, ma a tutte le domande esposte nell’atto di citazione, avrebbe dovuto citare tutto il brano in questione dell’atto di citazione (e cioe’ tutto il complesso di richieste), cosi’ da consentire una adeguata valutazione del valore e del significato della frase nel contesto de quo.

Ne’ varrebbe opporre a quanto ora esposto che qualora siano denunciati errores in procedendo questa Corte Suprema e’ giudice anche del fatto e puo’ quindi controllare direttamente il contenuto di dette conclusioni; infatti questo potere sussiste solo nell’ambito della valutazione della fondatezza del motivo; ma prima di poter procedere a questa valutazione e’ necessario accertare anzitutto l’ammissibilita’ della censura; ammissibilita’ che va esclusa se viene violato detto principio di autosufficienza. Va dunque confermato il seguente principio di diritto: “Nell’ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per Cassazione “errores in procedendo”, la Corte di legittimita’ diviene anche giudice del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali.

Tuttavia, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilita’ del motivo in relazione ai termini in cui e’ stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilita’ diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di Cassazione puo’ e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali:1 (Cass. Sentenza n. 5836 del 13/03/2007 e cfr.

Cass. Sentenza n. 20405 del 20/09/2006).

Con il secondo motivo R.A. denuncia “Violazione dell’art. 183 c.p.c. e degli artt. 113 e 339 c.p.c.” esponendo doglianze da sintetizzare come segue. L’attrice, inoltre, in prima udienza, dopo l’instaurazione di regolare contraddittorio, precisa la domanda, contenendo il quantum richiesto entro la somma di Euro 1032,91 (i due milioni del vecchio conio). Ed invero, scrive: “precisa che la domanda deve comunque ed in ogni caso essere contenuta entro la competenza di 2.000.000”, tale precisazione costituisce una emendatio libelli, ammissibile per giurisprudenza pacifica e consolidata (c.f.r., fra le ultime, Cass. Civ. sez. 3^, 10 novembre 2003, n. 16819), attraverso la quale si viene a contenere la domanda nei limiti delle pronunce secondo equita’, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 2. Ne consegue l’inammissibilita’ dell’atto di appello in quanto proposto avverso sentenza ricorribile solo in Cassazione.

Il secondo motivo e’ privo di pregio. Va infatti confermato il seguente principio di diritto: “La riduzione della domanda, in corso di causa, da parte dell’attore, come non puo’ ricondurre nell’ambito della competenza del giudice adito una domanda che originariamente eccedeva la sua competenza per valore, cosi’ non e’ idonea a far rientrare tra le cause che il giudice di pace decide secondo equita’, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, quella introdotta con una domanda che in base al “petitum” originario ne era esclusa. Ne consegue che, proposta dinanzi al giudice di pace domanda risarcitoria senza determinazione del “quantum”, il valore della causa si presume rientrante nella competenza del giudice adito e, superando il valore di 1032,00 Euro e novantuno centesimi, comporta l’appellabilita’ della sentenza” (Cass. Sentenza n. 19060 del 05/09/2006; e Cass. Sentenza n. 9250 del 20/04/2006).

Con il terzo motivo R.A. denuncia “Violazione degli artt. 208 e 104 disp. att. c.p.c.” esponendo doglianze da riassumere come segue. Nel merito, il Tribunale dichiara la nullita’ della sentenza di primo grado per violazione del principio del contraddittorio in quanto il Giudice di Pace ha pronunciato nel merito, ritenendo accertate circostanze mai comprovate dal momento che alcuna attivita’ istruttoria veniva espletata. Ed infatti, il giudice di primo grado ha rimesso la causa per la precisazione delle conclusioni sulla sola questione pregiudiziale della competenza ma poi ha deciso la causa anche nel merito. Su tale aspetto, il giudice del gravame ritiene che l’attrice sia decaduta dalla prova in quanto, pur avendo formulato le richieste istruttorie nell’atto introduttivo e nel verbale di prima udienza,non ha rinnovato le stesse, anche se in via subordinata, in sede di precisazione delle conclusioni, cosicche’ queste devono intendersi rinunciate. Ma il Giudice deve interpretare la volonta’ della parte ed e’ tenuto ad accertare se, malgrado la materiale omissione, sussistano elementi sufficienti per ritenere che la parte abbia inteso insistere nella domanda pretermessa in dette conclusioni. Ed invero, sin dalla domanda, dai verbali di causa, e dalla comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, si evince in modo inequivocabile che l’attrice non ha mai inteso rinunciare alle richieste istruttorie.

Il motivo e’ inammissibile in quanto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la parte ricorrente non riporta (integralmente e ritualmente) le circostanze di fatto oggetto delle istanze istruttorie in questione.

Va infatti confermato il seguente principio di diritto: “Il ricorrente per Cassazione, il quale denunci l’esistenza di vizi della sentenza correlati al rifiuto opposto dal giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori irritualmente introdotti, ha l’onere di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni delle prove che assume disattese, allo scopo di permettere in sede di legittimita’ la verifica, sulla base esclusivamente di tale atto, e senza la necessita’ di inammissibili indagini integrative, della validita’ e della decisivita’ delle disattese deduzioni, e, in virtu’ del principio di cosiddetta autosufficienza del ricorso per Cassazione, non puo’ svolgere una funzione sostitutiva di detta indicazione il riferimento, “per relationem”, ad atti o scritti difensivi depositati nei precedenti gradi di giudizio” (Cass. sent. n. 10128 del 25/06/2003; cfr. anche Cass. Sentenza n. 17043 del 03/08/2007).

Con il quarto motivo R.A. denuncia “Violazione dell’art. 91 c.p.c.” esponendo censure da riassumere come segue, con riferimento alla condanna alle spese del giudizio di primo grado. L’attrice viene ritenuta responsabile di aver dato luogo alla nullita’ del giudizio di primo grado mentre invece appare evidente che alcuna responsabilita’ le puo’ essere attribuita. Ed invero l’attrice non ha chiesto al Giudice di Pace di (Recidere nel merito, ma si e’ limitata a discutere la questione, pregiudiziale, della competenza per valore.

Pertanto, non si comprende come mai il Tribunale abbia voluto ritenere responsabile l’attrice per un errore commesso dal Giudice di Primo grado.

La domanda non puo’ essere accolta, poiche’ la motivazione esposta dal Giudice di secondo grado e’ immune dai vizi in questione.

Infatti il Tribunale, con riferimento a detto punto della decisione, ha evidentemente ritenuto R.A. soccombente in relazione (essenzialmente) alla sua decisione di rigetto nel merito della domanda della parte attrice; rigetto che – va ricordato – e’ stato oggetto delle doglianze sopra non accolte.

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

Considerate le peculiarita’ della fattispecie, debbono ritenersi sussistenti giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472