Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1790 del 28/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29653/2008 proposto da:

R.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 157, presso lo studio dell’avvocato VICINANZA Alessandra, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VICINANZA RAFFAELE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.E.I. LIGURE SCHERMI SRL, in persona del Procuratore generale, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli Avvocati SCOGNAMIGLIO Massimiliano, SCOGNAMIGLIO PASQUALE, SCOGNAMIGLIO MARCO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2207/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 24/04/06, depositata il 06/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

1.- E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli il 24.4.2006 e depositata in data 6.6.2008 in materia di opposizione ad esecuzione mobiliare.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e rigettato per manifesta infondatezza.

Deve premettersi che il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta.

Nella specie il ricorrente denuncia, con due motivi, vizi di motivazione.

Per il vizio di motivazione, non è necessaria la proposizione di un quesito di diritto.

Nella specie,però, con riferimento al primo motivo, pur essendo indicato il fatto controverso nella enunciazione del motivo stesso, difetta, in relazione alla censura proposta, il “momento di sintesi” (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze, nè in sede di formulazione del ricorso, nè in sede di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603 e successive conformi; da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556).

Questo motivo è, pertanto, inammissibile.

Con riferimento, poi, al secondo motivo, anch’esso di vizio di motivazione, deve rilevarsi che – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente – la Corte di merito ha analiticamente e puntualmente esaminato la consulenza tecnica d’ufficio ed i rilievi del consulente di parte, fornendo ampia ed esaustiva motivazione delle ragioni per le quali gli stessi non erano condivisibili.

La censura di “omessa valutazione delle precise e circostanziate critiche” da parte del consulente di parte alla c.t.u., non è, pertanto, fondata (v. anche Cass. 6.10.2005 n. 19475).

Conclusivamente, il ricorso va rigettato”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria.

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Ha ritenuto di dovere osservare.

Nessun apporto di rilievo, che scalfisca le conclusioni cui è pervenuta la relazione, può riconoscersi alla memoria presentata che ripercorre l’iter dei motivi di ricorso, già valutati in sede di relazione e condivisi dal collegio.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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