LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.G., con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Pietra Papa n. 185, presso l’Avv. Simona Donati, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. MOCELLA marco;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro pro tempore, rappresentata e difesa, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma depositato il 20 febbraio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Zanichelli Vittorio;
Viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.G. ricorre per Cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha respinto il suo ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al Pretore di Napoli dal 23 giugno 1998 al 29 giugno 1999 e in secondo grado avanti la Corte d’appello di Napoli dal 6 giugno 2000 al 25 settembre 2003.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
La causa e’ stata assegnata alla Camera di consiglio essendo stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso con il quale si censura l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel valutare complessivamente la durata dei due gradi di giudizio al fine di accertare se fosse stato superato il limite ragionevole e’ manifestamente infondato, avendo ripetutamente affermato la Corte che “In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, pur essendo possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, agli effetti dell’apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, occorre avere riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo, dall’introduzione fino al momento della proposizione della domanda di equa riparazione, dovendosi cioe’ addivenire ad una valutazione sintetica e complessiva dell’unico processo da considerare nella sua complessiva articolazione; non rientra, pertanto, nella disponibilita’ della parte riferire la sua domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando per quello nell’ambito del quale si sia prodotta una protrazione oltre il limite della ragionevolezza” (Cassazione civile, sez. 1^, 11 settembre 2008, n. 23506).
L’infondatezza del primo motivo comporta l’inammissibilita’ del secondo, del terzo e del quarto, posto che, se pure il giudice del merito ha ultroneamente motivato in ordine agli ulteriori presupposti necessari per il riconoscimento dell’indennizzo per l’irragionevole durata del processo, la circostanza che l’eccessiva durata non sia stata riconosciuta comporta la carenza di interesse all’esame di ogni ulteriore questione attinente alla sussistenza del danno.
Manifestamente infondato e’ altresi’ l’ultimo motivo con cui ci si duole della compensazione delle spese, posto che la domanda non e’ stata accolta e che quindi nessuna spesa avrebbe potuto essere posta a carico della controparte.
Le spese di questa fase seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il primo e il quinto motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri; condanna il ricorrente alla rifusione in favore della Amministrazione controricorrente delle spese del giudizio che liquida in Euro 600,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010