Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.5821 del 10/03/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13387-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 703/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 29/04/2005 R.G.N. 2066/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Biella B.B. esponeva di aver intrattenuto con Poste Italiane s.p.a. vari contratti di lavoro a tempo determinato, tra i quali quello decorrente dal 14.4.1999 stipulato a norma dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 e dell’accordo integrativo del 25.9.1997 con espresso riferimento a “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”. Chiedeva al giudice adito di accertare la nullità del termine e di dichiarare l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 14.4.1999. Poste Italiane s.p.a. si costituiva e resisteva.

Il Tribunale accoglieva il ricorso, dichiarava la nullità del termine e accertava l’instaurazione tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato.

La Corte di Appello di Torino, con sentenza depositata il 29 aprile 2005, respingeva l’appello della società rilevando che il datore di lavoro non aveva nè allegato nè provato la correlazione tra l’assunzione a termine e la ristrutturazione in atto presso l’ufficio al quale la dipendente era stata impiegata.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso con un motivo. L intimato ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 violazione dell’art. 1362 e segg. c.c. e vizi di motivazione la società censura la sentenza impugnata perchè la decisione sarebbe fondata sull’erroneo assunto che la L. n. 56 del 1987, art. 23 non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie legittimanti assunzioni a termine collegate a situazioni tipicamente aziendali, quale la ristrutturazione aziendale, che non siano collegate ad occasioni precarie di lavoro ed il cui onere probatorio graverebbe sul datore di lavoro. Sostiene la società che nè il contratto collettivo nè gli accordi integrativi richiedono una siffatta correlazione tra ipotesi astratta di contratto a termine e singola necessità del lavoro temporaneo.

Rileva che la L. n. 57 del 1987, art. 23 contiene una delega piena all’autonomia collettiva in ordine alla individuazione di nuove ipotesi di contratto a termine, scelta non sindacabile nel merito.

Osserva che il datore di lavoro deve ritenersi onerato della sola prova del processo di ristrutturazione prefigurato dall’accordo integrativo del 25.9.1997 non anche del collegamento tra tale processo e la singola assunzione.

Il ricorso è infondato, ancorchè la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Questa Corte, in analoghe controversie aventi ad oggetto i contratti di lavoro a termine stipulate da Poste Italiane, ha affermato i seguenti principi.

La L. n. 56 del 1987, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per L. n. 230 del 1962 (cfr. Sez. Un. 4588/2006).

L’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulla necessità della stipulazione di tali contratti idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori (Cass. n. 14011/2004, n. 21063/2008).

La L. n. 56 del 1987, art. 23 non impone di fissare contrattualmente dei limiti temporali alla facoltà di assumere lavoratori a tempo determinato; comunque, ove le parti nella contrattazione collettiva abbiano fissato un limite temporale alla facoltà di assumere lavoratori a tempo determinato, la sua inosservanza determina l’illegittimità del termine apposto, dovendosi altrimenti ritenere che la clausola contenuta nell’accordo collettivo sia “senza senso”, in violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c. (Cass. n. 9259/2008).

E’ corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento all’art. 8 del CCNL 26.11.1994, all’accordo integrativo 25.9.1997 ed agli accordi attuativi stipulati in data 25.9.1997 e in data 16.1.1998, hanno ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 30 aprile 1998 della situazione di “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e d rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione, le Poste potevano procedere nei suddetti limiti temporali ad assunzioni di personale con contratti a termine (Cass. n. 27024/2008, n. 9259/2008, n. 22920/2008 ed altre conformi).

Di conseguenza devono ritenersi validi i contratti a termine stipulati prima del 30 aprile 1998 per far fronte alle eccezionali esigenze di cui sopra, senza che il datore di lavoro debba provare volta per volta il collegamento causale tra la singola assunzione a termine e le esigenze organizzative dell’azienda, mentre devono ritenersi nulli (con tutte le conseguenze di legge) i contratti a termine stipulati dopo tale data, visto il limite temporale alle assunzioni a termine posto dalle parti sociali nei predetti accordi attuativi (cfr. Cass. n. 9259/2008, n. 27024/2008).

Nella specie, essendo stato accertato che il contratto è stato stipulato con decorrenza successiva al 30 aprile 1998, lo stesso deve ritenersi illegittimo in quanto la sua decorrenza era successiva al termine concordato fra le parti con gli accordi attuativi.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con conseguente condanna di Poste Italiana al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna s.p.a. Poste Italiane al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro duemila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010, Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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