LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 21784/2006 proposto da:
C.P., C.M., C.L., CA.
M., nella qualità di eredi del dott. C.F., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIO VENTICINQUE N. 38, presso lo studio dell’avvocato PELLETTIERI GIOVANNI, che li rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
e contro
AZIENDA U.S.L. DI PROSINONE, AZIENDA U.S.L., GESTIONE LIQUIDATORIA EX U.S.L. FR *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4321/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/08/2005 R.G.N. 8391/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2010 dal Consigliere Dott. MELIADO’ Giuseppe;
udito l’Avvocato PELLETTIERI Giovanni;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 24.5/2.8.2005 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Frosinone del 22.2.2001, impugnata da C.F., che rigettava la domanda da quest’ultimo proposta per il riconoscimento di compensi spettanti per l’attività medico professionale svolta in regime di convenzione con il SSN. Osservava in sintesi la corte territoriale che i compensi richiesti non erano dovuti in quanto, a seguito della ricostruzione dei reciproci rapporti di dare ed avere, i consulenti nominati in entrambi i gradi del giudizio avevano accertato che, nel corso del rapporto, l’appellante aveva percepito compensi superiori a quelli per i quali chiedeva la condanna in giudizio.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso P., M., L. e Ca.Mi., quali eredi di C. F., con un unico motivo, illustrato con memoria. Resiste con controricorso la Regione Lazio.
Non hanno svolto attività difensiva l’Azienda USL di Frosinone e l’Azienda USL Gestione Liquidatoria della ex USL di Frosinone *****.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62, 112, 113, 115, 116 e 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.;
artt. 191, 194, 195, 416, 436, 421 e 437 c.p.c.; D.P.R. n. 314 del 1990, artt. 18, 19, 20, 21, 22 e 41 ovvero degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1175 e 1176 c.c.; ed ancora degli artt. 2033 e 2697 c.c. e della L. n. 833 del 1973, art. 48, nonchè vizio di motivazione.
Osserva, al riguardo, che, a fronte del riconoscimento delle ragioni di credito vantate, l’ASL non aveva dato dimostrazione dei maggiori compensi corrisposti, non potendo i fatti impeditivi prospettati essere assolti attraverso il “mero deposito di documenti di esclusiva sua provenienza” (quali i cedolini relativi ai corrispettivi erogati) e non risultando le risultanze peritali conformi alle esigenze di chiarezza e certezza che la consulenza deve soddisfare, per non essere, fra l’altro, conforme al vero che tutti i nominativi degli assistiti indicati dal ricorrente risultavano correttamente inseriti, nulla dicendosi (per come esposto in sede di rilievi alle consulenze) “in ordine alle revoche e/o reiscrizioni e cancellazioni d’ufficio, nonchè sulla sorte dei ed “doppioni” e quella dei “deceduti” che, invece, sono tuttora assistiti dal C.”. Il ricorso è infondato.
Oggetto delle censure svolte col motivo in esame è l’adeguatezza, sotto il profilo della correttezza logica e probatoria, degli esiti delle indagini tecniche disposte nel corso del giudizio per accertare i reciproci rapporti di credito e debito fra le parti; indagini che, pur tenendo conto dei rilievi svolti dal ricorrente, hanno concordemente concluso per la percezione da parte dello stesso di compensi superiori a quelli reclamati in giudizio.
Così individuate le ragioni essenziali dell’impugnazione, deve rammentarsi come costituisca giurisprudenza acquisita di questa Suprema Corte, in tema di criteri di valutazione degli accertamenti tecnici disposti dal giudice, che il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che inducono a far propri gli argomenti dell’ausiliare se dalle indicazioni della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie indicazioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l’obbligo della motivazione è assolto con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento espresso (v. ad es. da ultimo Cass. n. 10688/2008;
Cass. n. 8165/2001), senza che sia neppure necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia, che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le argomentazioni accolte (cfr.
Cass. n. 8355/2007). Nel caso in esame, comunque, la corte territoriale, tenendo conto dei rilievi mossi alle conclusioni della consulenza e delle risposte a tali rilievi fornite dagli ausiliari, ha individuato, con motivazione del tutto plausibile, le fonti del proprio conforme convincimento nella considerazione che il consulente tecnico aveva accertato che tutti gli assistiti indicati nei modelli di scelta allegati al ricorso introduttivo del giudizio erano stati inseriti nei tabulati predisposti dalla Regione; che, precedentemente all’instaurazione del giudizio, il numero dei pazienti accertati dalla Regione non aveva mai formato oggetto di contestazione; che, anche in sede di gravame, nessuna utile documentazione era stata fornita per contraddire i dati da quest’ultima forniti.
A fronte di tale accertamento, i ricorrenti reiterano i rilievi svolti alle indagini tecniche (ad esempio, a proposito dell’ inserimento di pazienti erroneamente ritenuti deceduti o cancellati, ed, invece, ancora “in carico”, e cioè di dati ritenuti agevolmente allegabili e documentabili dal sanitario), pur avendo la corte territoriale motivatamente espresso le ragioni della propria adesione alle diverse conclusioni cui sono pervenuti i consulenti d’ufficio, operando una opzione in questa sede incensurabile.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti costituite le spese del giudizio, tenuto conto della complessità fattuale della situazione controversa.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010