LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SIMONE DE SAINT BON 42, presso lo studio dell’avvocato FERRARA SANTAMARIA DIEGO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MONACELLI MARIO;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO AREA SVILUPPO INDUSTRIALE GELA C.F. ***** in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore Dott. G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato D’IPPOLITO MARIA BEATRICE, rappresentato e difeso dall’avvocato BACINO GUIDO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 268/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 01/10/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/04/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato FAGIOLO Marco, con delega depositata in udienza dell’Avvocato BACINO Guido, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consorzio per il nucleo di Industrializzazione di Gela proponeva opposizione al d.i. emesso l’8.4.1994 dal Tribunale di Perugia in favore di S.G. per L. 133.500.887, a titolo di competenze professionali sostenendo la previsione di apposita clausola compromissoria di devoluzione ad arbitri ed un debito inferiore. Costituitosi l’opposto, con sentenza 10.8.2001 il Tribunale dichiarava la propria incompetenza in favore degli arbitri, revocava il d.i. e condannava il S. alla restituzione delle somme ed alle spese. A seguito di appello del S. e della resistenza del Consorzio, la Corte di appello di Perugia, con sentenza 268/04, revocava il d.i. e condannava il Consorzio al pagamento dell’importo di Euro 56.219,20, oltre interessi legali dall’1.2.1993 al saldo, con compensazione di metà delle spese, osservando che il riferimento al disciplinare riguardava i criteri per la determinazione e quantificazione del compenso e non appariva operante l’art. 3 circa il deferimento agli arbitri di qualunque controversia dipendente dal conferimento dell’incarico.
La ctu aveva evidenziato la parziale fondatezza delle ragioni del consorzio con analitica disamina della parcella non seguita da specifica critica donde la determinazione del residuo credito.
Ricorre S. con tre motivi, resiste controparte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denunziano vizi di motivazione circa un punto decisivo anche per erronea valutazione delle prove perchè , stando alla ctu, andava liquidato un credito L. 131.715.140, di gran lunga superiore a quello riconosciuto di L. 108.855.585, ed in particolare non si è tenuto conto che, nell’elaborato peritale, si era determinato il residuo credito in L. 108.855.585, liquidabile per intero, oltre iva, cnpaia, interessi di mora e spese legali e dedotta la R.A.F..
Col secondo motivo si lamentano vizi di motivazione sulle risultanze istruttorie e sulle prove documentali perchè la parcella vistata dall’ordine prevedeva l’ulteriore spesa di L. 1.321.320 anticipata dal professionista ma non valutata dalla Corte di appello.
Col terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla compensazione delle spese per metà. Le censure sono fondate.
In ordine alla prima, la sentenza ha affermato, a pagina cinque, che la ctu, espletata in primo grado, aveva evidenziato la parziale fondatezza delle ragioni del consorzio, riguardo alla misura dei compensi pretesi dal S., con attenta e minuziosa disamina della parcella, cui le parti non avevano trovato specifica critica da rivolgere.
Rispetto alle deduzioni del ricorrente, in controricorso, pagine tre e quattro, si obietta che l’ingiunzione non poteva contenere quanto richiesto a titolo di iva e cpa sia perchè non era stata ancora emessa relativa fattura sia perchè la ctu prevedeva la deduzione della R.A.F., per cui l’importo effettivamente dovuto era quello determinato dalla Corte di appello.
Quanto alla seconda censura, in controricorso, a pagina quattro, si deduce che l’esborso di L. 1.321.320 non sembra essere mai stato richiesto.
Essendo pacifico, dal riscontro degli atti del procedimento monitorio, che erano stati richiesti IVA, cpa e rimborso delle spese della parcella ma non vi è traccia in sentenza della valutazione di dette voci, ne deriva l’accoglimento del ricorso anche in ordine alle spese, con cassazione della sentenza e rinvio ad altra Corte di appello, attesa la necessità di un nuovo esame, in relazione a quanto dedotto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per un nuovo esame e per le spese, alla Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2011