LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 5282-2010 proposto da:
C.S. (*****) familiare di D.C.
M., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro-
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto V.G. 712/07 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 21.11.08, depositato il 27/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che C.S., con ricorso del 18 febbraio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e della finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 27 marzo 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della C. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contumacia del Ministro dell’economia e delle finanze, ha respinto la domanda;
che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 6.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 22 marzo 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) la C., asseritamente creditrice di somme di natura assistenziale, aveva proposto – con ricorso del 24 febbraio 2000 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania;
b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 23 dicembre 2005;
che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato, ha respinto la domanda, in quanto il ricorrente, avuto riguardo all’oggetto del giudizio presupposto (contributo previsto da legge regionale per l’assistenza di familiari a persone affette da grave handicap) ed alla decisione di inammissibilità pronunciata dal giudice amministrativo non aveva fornito la benchè minima prova della sofferenza patita, risultando così dimostrata la piena consapevolezza della ricorrente circa la palese infondatezza del ricorso proposto con il processo presupposto.
Considerato che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati congiuntamente -, viene denunciata come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione, l’affermazione della piena consapevolezza della ricorrente circa la palese infondatezza del ricorso proposto con il processo presupposto;
che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;
che infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata del processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte – come nella specie – sia stata dichiarata manifestamente infondata (cfr., ex plurimis e tra le ultime, le sentenze nn. 9938 del 2010, 25595 del 2008, 21088 del 2005);
che, nella specie, i Giudici a quibus hanno sostanzialmente – ed erroneamente – fondato la ratio decidendi sull’esito del giudizio presupposto, senza accertare la sussistenza dei presupposti della fattispecie di abuso del processo sulla base delle prove eventualmente dedotte dal Ministro resistente;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;
che questa Corte, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;
che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 1.500,00 per un anno e dieci mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 830,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario;
che le spese del presente grado di giudizio – compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 1.500,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 830,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Marra, dichiaratosene antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 13 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011