LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato PILEGGI ANTONIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
H.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 88, presso lo studio dell’avvocato SANTONI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5329/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/08/2006 R.G.N. 6462/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/11/2010 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega PILEGGI ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza qui impugnata la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza del tribunale che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato, nell’ambito di una procedura di mobilità collettiva, da Poste italiane s.p.a. ad H.O., dipendente di area quadri di primo livello.
La Corte di merito ha ritenuto in particolare che l’accordo sindacale previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, possa operare solo entro i confini delle specifiche esigenze tecnico produttive individuate dal datore di lavoro nella comunicazione iniziale e che pertanto, nel caso di specie, l’accordo con le organizzazioni sindacali in data 17 ottobre 2001 non potesse legittimamente stabilire il criterio del possesso dei requisiti per il godimento alla pensione di anzianità, a prescindere dalle esigenze produttive dell’intero complesso aziendale, già individuate nella comunicazione iniziale.
Da ciò secondo la Corte territoriale l’illegittimità del licenziamento dei 129 dipendenti di area quadri, fra i quali il ricorrente, in mancanza di indicazioni iniziali circa esuberi in tale arca.
Poste italiane s.p.a. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per due motivi. L’intimato resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5 e si chiede a conclusione del motivo di affermare che i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità in base alla legge cit.
individuati negli accordi sindacali – segnatamente il criterio della prossimità al conseguimento dei requisiti pensionistici- vanno applicati sull’intero complesso aziendale (in assenza di diverse determinazioni collettive) e rendono irrilevanti gli ambiti e i criteri indicati dall’azienda nella comunicazione iniziale della procedura di cui all’art. 4 comma 3 della citata legge.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e si censura la sentenza impugnata per aver omesso ogni motivazione sulla circostanza che negli accordi sindacali fosse previsto il licenziamento di tutto il personale che alla data del 31 dicembre 2001 e successivamente alla data del 31 marzo 2002 fosse in possesso dei requisiti per il diritto a pensione di anzianità o di vecchiaia e che la società avesse chiaramente rappresentato in lutto il corso della procedura l’esigenza di una riduzione dei costi del personale anche attraverso una distribuzione del personale stesso.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5, dell’art. 39 Cost., comma 1 e art. 41 Cost., e si chiede a conclusione del motivo di affermare che salvo diversa esplicita previsione di accordo collettivo i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare L. n. 223 del 1991, ex art. 5, operano sull’intero complesso aziendale e non trovano limitazioni operative negli ambiti definiti dalla comunicazione datoriale che da inizio alla procedura.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta violazione falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 e si chiede a conclusione del motivo di affermare che il sindacato giurisdizionale sul profilo causale del licenziamento collettivo sfuma nella verifica del rispetto della procedura dei criteri di scelta convenuti e comunque che tale profilo causale non si esaurisce nella dichiarazione datoriale degli esuberi e delle loro cause.
I quattro motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati.
Questa Corte ha di recente affermato il principio secondo cui “il criterio di scelta dei dipendenti da porre in cassa integrazione ed in mobilita” – una volta determinato nel rispetto di quanto prescritto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4 e 5 – non può essere successivamente disapplicato o modificato, non essendo consentito che in tale spazio temporale la individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali venga lasciata all’iniziativa ed al mero potere discrezionale dell’imprenditore perchè ciò comporterebbe ricadute pregiudizievoli sulla posizione dei singoli lavoratori e sul loro interesse ad una gestione della mobilità e della riduzione del personale, che sia trasparente, chiara ed affidabile, e che non può, quindi, prescindere da una scelta razionale del criterio di scelta e da una sua compiuta e corretta applicazione”. (Cass. 6841/2010).
Tale principio, qui condiviso ed al quale la sentenza impugnata si è conformata, consente di superare tutte le censure proposte dalla parte ricorrente.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, ma la non piena univocità del quadro giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011