LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17093-2008 proposto da:
C.A. (c.f. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso l’avvocato BURRAGATO ROSALBA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DEFILIPPI CLAUDIO, CIANFANELLI DEBORAH, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositato il 17/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E MOTIVI Ritenuto che la Corte di appello di Torino, con decreto del 17 aprile 2008, ha condannato il Ministero della Giustizia a corrispondere ad C.A. un indennizzo di Euro 2000,00 oltre agli interessi legali per l’irragionevole durata di un procedimento in materia di responsabilità civile per sinistro stradale iniziato davanti al Tribunale di Massa e Carrara con citazione del 2 novembre 2000, e definito con sentenza del 3 aprile 2006, osservando: a) che il giudizio,per la complessità del caso, avrebbe dovuto avere durata complessiva di circa 4 anni, laddove si era protratto per poco più di 5 anni; b) che tale durata eccedeva di più di un anno quella, ritenuta ragionevole dalla CEDU;per cui doveva essere liquidato il danno non patrimoniale in misura equitativa corrispondente ad Euro 2.000.
Che il C. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato a 2 motivi, con i quali,deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU, degli art. 1223 e 1226 cod. civ. nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ha censurato la decisione: sia nella liquidazione del quantum nell’importo di soli Euro 2.000,sia in ordine alla durata del processo; e che il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso, osserva:
A) E’ infondata la censura relativa alla durata del processo,secondo la ricorrente pari alla intera durata del giudizio,avendo questa Corte ripetutamente tratto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 la regola che nel giudizio di equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, rileva solamente il periodo eccedente il suddetto termine, essendo sul punto vincolante il criterio chiaramente stabilito dall’art. 2, comma 3 di detta Legge; e che questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata “ordinario” e “ragionevole”, valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, non è contrario al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza; e non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97 (Cass. 3716/2008; 8603/2005; 8568/2005):
perciò non comportando alcuna violazione neppure dell’art. 117 Cost.
(Cass. 10415/2009; 1354/2008).
B) Ancor più inconsistenti sono le censure che si appuntano sulla insufficienza del ristoro del danno non patrimoniale: è ben vero, infatti, che il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai 1 parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto.
Ma nel caso concreto la Corte di appello si è puntualmente attenuta a questi principi in quanto ha,anzitutto,liquidato il danno non patrimoniale per il fatto in sè della violazione della durata irragionevole del processo,quale evento che si verifica normalmente,e cioè di regola per effetto della violazione stessa: senza bisogno di alcun sostegno probatorio relativo al singola fattispecie (Cass. sez. un. 1239, 1240 e 1241/2004 e successive).
Non è poi contestabile che la valutazione equitativa del danno morale per tale genere di controversie oscilla nella giurisprudenza della Corte europea tra “i 1000 e 1500 Euro per anno di durata della procedura”; per cui il decreto impugnato che ha determinato l’indennizzo in misura perfettamente inserita in tale fascia,ha applicato rigorosamente i parametri elaborati da detta Corte: a nulla rilevando che per talune peculiari controversie la Corte Edu abbia superato tale misura, così come per altre ancora di particolare durata abbia ritenuto sufficiente un indennità non superiore a 400- 500 Euro per ciascun anno di durata della vicenda processuale.
Le spese del giudizio di legittimità gravano sul ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero della Giustizia in complessivi Euro 800,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011