Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.2661 del 03/02/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SOFIDEL SPA ***** in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE n. 3, presso lo studio dell’avvocato SASSANI BRUNO N., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREUCCI MARIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M., M.P., D.P.D., D.C.

L., F.P. nella sua qualita’ di erede di F.

A., S.G. nella sua qualita’ di erede di F.A., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato LOLLINI SUSANNA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FREZZA GIORGIO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 109/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 30.1.09, depositata il 03/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PATRONE IGNAZIO.

MOTIVI La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca, condannava la s.p.a. SOFIDEL al pagamento della normale retribuzione per la giornata del 25 aprile 2000 in favore di S.M. e altri quattro lavoratori. Riteneva la relativa domanda fondata, pur nella pacifica assenza della prestazione lavorativa in detto giorno, alla stregua sia della L. n. 260 del 1949 che dell’art. 9, parte seconda operai, del CCNL 27.1.1998 per le industrie delle carta. Ne’ rilevava che l’accordo aziendale 24.2.1997 nel “calendario festivita’” prevedesse che non fosse sospesa la lavorazione a ciclo continuo in alcune festivita’, tra cui quella del 25 aprile, in quanto esso era scaduto il 31.12.1999 ed all’epoca erano ancora in corso le trattative per il suo rinnovo. Inoltre nei giorni festivi celebrativi delle ricorrenze civili il lavoro ha natura eccezionale e non puo’ essere disposto unilateralmente dal datore di lavoro, ne’ imposto per analogia o in base ad asserite prassi in mancanza di specifici accordi.

La Soc. Sofidel ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi.

Gli intimati (per F.A. gli eredi F.P. e S.G.) resistono con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

I quattro motivi di ricorso appaiono manifestamente infondati per l’assorbente ragione che essi, nel loro complesso, censurano la sentenza impugnata per avere ingiustificatamente escluso che, nonostante la scadenza del suindicato accordo aziendale, rimanesse operante la regola sulla prestazione lavorativa anche nella giornata del 25 aprile (nell’ambito di lavorazioni a ciclo continuo), vuoi per l’esistenza di un uso aziendale in proposito (primo motivo), vuoi per la tacita volonta’ manifestata delle parti di continuare a prestare osservanza al contratto aziendale pur dopo la sua scadenza (secondo motivo), vuoi per l’errata interpretazione del medesimo accordo aziendale, che in effetti non era la fonte che prevedesse la non sospensione dell’attivita’ lavorativa nelle giornate del 25 aprile, fonte invece individuabile nella sistematica prassi aziendale (terzo e quarto motivo).

Ebbene, ipotizzata anche la fondatezza di tali tesi (che, peraltro, non risultano sorrette da motivi idonei, in quanto gli stessi fanno apoditticamente riferimento a circostanze non accertate in sede di merito nonche’ a un vizio di interpretazione dell’accordo aziendale che non appare confermato dal richiamato testo letterale dell’accordo stesso), non ne risulterebbe inciso il diritto alla retribuzione per la festivita’ in questione, previsto dalla norma di legge inderogabile, oltre che – come non e’ contestato – dal contratto collettivo nazionale. D’altra parte, cosi’ come la prestazione di lavoro nel medesimo giorno festivo attribuirebbe il diritto ad un’ulteriore retribuzione con la maggiorazione per il lavoro festivo (L. n. 260 del 1949, art. 5, comma 2), la mancata prestazione, anche se in ipotesi comportante violazione di un accordo o un uso aziendale, non potrebbe incidere sul diritto alla retribuzione che e’ comunque dovuta a norma della cit. L. n. 260 del 1949, art. 5 anche in difetto di prestazione.

Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese del giudizio vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c.).

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del giudizio determinate in Euro trenta oltre Euro duemila/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2011

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