LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PIVETTI Marco – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Bianco Emanuele e domiciliato in Roma Viale Parioli n. 160 presso lo studio dell’Avv. Federico Vecchio del Foro di Roma;
contro
CONSORZIO DI BONIFICA DI BRADANO E MATAPONTO, in persona del Presidente e legale rappresentante C.A., elettivamente domiciliato in Roma Via E.Q. Visconti n. 20, presso lo studio dell’avvocato Maurizio Paganelli, rappresentato e difeso, come da procura a margine del controricorso dall’Avvocato Porcari Francesco Paolo del Foro di Matera.
Avverso la sentenza n. 37/2/2005 della Commissione Tributaria Regionale di Potenza emessa il 20 dicembre 2004 e depositata in data otto febbraio 2005;
udita la relazione del Consigliere Renato Polichetti;
udite le conclusioni del P.G. ABBRITTI PIETRO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO Quanto Segue:
Con ricorso depositato presso la Commissione Tributaria Provinciale di Matera B.M. impugnava la cartella esattoriale con cui il Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto chiedeva il pagamento dei contributi di bonifica anno 2002 per l’importo di Euro 1.103,54.
La Commissione Tributaria Provinciale di Matera rigettava il ricorso rilevando che il Consorzio, non essendo ente locale, non soggiaceva alle L. n. 241 del 1990 e L. n. 212 del 2000.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello B.M., che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale, in quanto riteneva la sentenza di primo grado adeguatamente motivata, sia con riferimento all’esistenza dei presupposti contributivi, sia sulla base degli elementi di fatto che evidenziavano in modo oggettivo che il suddetto contributo doveva essere versato.
Con il primo motivo del ricorso si deduce testualmente violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, giusto rinvio al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62. Errore della cosa giudicata.
Il motivo è illustrato con la deduzione che il rigetto della domanda in merito al difetto di motivazione è stato motivato come se si fosse trattato della deduzione di un vizio formale e/o di procedura.
Laddove invece era stato eccepito un vizio sostanziale invocando le norme generali sulla motivazione degli atti amministrativi.
Il motivo è infondato.
In primo luogo il richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 è del tutto in conferente, dal momento che nessun difetto di giurisdizione è stato in concreto mai rilevato nella suddetta sentenza.
Il ricorrente poi addebita alla Commissione Tributaria Regionale di non avere svolto esami ed accertamenti che peraltro il giudice di secondi grado avrebbe potuto effettuare non d’ufficio ma solo come verifica della fondatezza o meno – in relazione dei fatti e del diritto, di specifiche deduzioni prospettate dal contribuente.
Deduzioni che al riguardo non vi sono state.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 5; infondata dichiarazione di incompetenza implicita; omessa motivazione.
Il motivo è infondato.
In primo luogo il richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2 (motivi attinenti alla competenza) è inconferente.
L’addebito è riferito all’affermazione della Commissione tributaria regionale secondo cui le richieste di contribuzione del consorzio erano basate su un piano di riparto e un piano di classifica sottoposti al controllo di legittimità dell’Amministrazione regionale, nel confronto dei quali nessuna contestazione risultava essere proposta.
Tale affermazione, condivisibile o meno, non è qualificabile come affermazione o diniego di competenza.
La censura di omessa motivazione è inammissibile, in quanto il ricorso non specifica quale sia il fatto il cui accertamento, positivo o negativo, non sia stato motivato.
Le denunzia che una domanda o una eccezione siano state respinte senza fornire alcuna motivazione al riguardo, non è una denunzia di carenza di motivazione, posto che, in base al principio jura novit curia, il giudice dell’impugnazione deve giudicare sulla fondatezza giuridica della domanda o sull’eccezione a prescindere dalla motivazione giuridica addotta al riguardo dalla sentenza impugnata e sulla base dell’oggetto e delle ragioni dell’impugnazione.
Con il terzo motivo del ricorso viene dedotta violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 (violazione di legge), nonchè errore processuale in diritto per violazione di norme.
Si tratta con tutta evidenza di un motivo generico e privo di specificità.
Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro mille, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011