LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.S., rappresentato e difeso da se medesimo, ai sensi dell’art. 86 cod. proc. civ., elettivamente domiciliato in Roma, Via Duilio n. 22, presso l’Agenzia Omnia Service s.r.l.;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI CAGLIARI, in persona del Prefetto pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza del Giudice di pace di Cagliari n. 381 del 2006, depositata in data 23 febbraio 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21 gennaio 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice di pace di Cagliari depositata il 23 febbraio 2006, con la quale è stata rigettata la sua opposizione volta ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Cagliari in data 29 luglio 2002, recante la ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, ed è stata invece accolta la richiesta proposta dall’opponente in via subordinata di riduzione della sanzione.
Il ricorso è affidato a tre articolati motivi; l’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.
La causa è stata avviata alla trattazione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ..
Con ordinanza emessa all’esito dell’adunanza camerale del 26 febbraio 2010, è stata disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio. E’ poi stata nuovamente trattata alla Camera di consiglio del 22 giugno 2010, all’esito della quale si è disposta la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza del 21 gennaio 2011, il ricorrente ha fatto pervenire a mezzo posta memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rileva preliminarmente il Collegio che la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., è pervenuta a questa Corte fuori termine. La stessa, invero, è stata trasmessa a mezzo del servizio postale ed è pervenuta il 17 gennaio 2011, allorquando il termine di cinque giorni prima dell’udienza di discussione era ormai scaduto. Trova quindi applicazione il principio secondo cui “l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia al deposito della memoria, perchè il deposito di quest’ultima è esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto alla udienza di discussione – ritenuto necessario dal legislatore e che l’applicazione del citato art. 134 finirebbe con il ridurre, se non con l’annullare, con lesione del diritto di difesa delle controparti” (Cass. n. 17726 del 2006; Cass. n. 6996 del 1997).
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, dei principi generali dell’ordinamento in materia di nullità e inesistenza giuridica degli atti e della carenza di effetti degli stessi, nonchè violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sulle difese proposte.
Il ricorrente rileva che l’attestazione in data 2 maggio 2005 della Provincia di Cagliari, prodotta in data 7 luglio 2005, dava conto del fatto che il limite di velocità, la cui violazione è stata oggetto di contestazione, non esisteva giuridicamente in quanto non esisteva un provvedimento che tanto stabilisse, sicchè il giudice di pace avrebbe dovuto riconoscere l’inesistenza giuridica della contestazione e della ordinanza prefettizia, anzichè ritenere che la detta questione, non essendo stata dedotta sin dall’atto introduttivo del giudizio di opposizione, non poteva essere presa in considerazione. Il Giudice di pace, comunque, avrebbe altresì omesso di pronunciarsi sulle difese con le quali si era richiamata la giurisprudenza di legittimità, concorde nell’affermare che l’inesistenza giuridica di un fatto deve essere rilevata anche d’ufficio dal giudice.
Il motivo è infondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato il principio secondo cui “il giudizio di opposizione avverso ordinanza-ingiunzione di pagamento di somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, è strutturato, nelle sue linee generali, in conformità al modello del giudizio civile ordinario e risponde agli inerenti principi, in particolare della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto della pronunzia d’ufficio su eccezioni rimesse esclusivamente all’iniziativa di parte, nonchè ai limiti della modificazione della causa petendi, che, in tale giudizio, resta individuata sulla base dei motivi di opposizione. Ne consegue che il giudice, salve le ipotesi di inesistenza, non ha il potere di rilevare ragioni di invalidità del provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto non dedotte nell’atto di opposizione, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione del provvedimento stesso, e che l’opponente, se ha facoltà di modificare l’originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. (nel testo vigente anteriormente alla sostituzione operata dal D.L. n. 35 del 2005, art. 23, lett. c ter, conv., con modif., in L. n. 80 del 2005, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 11, lett. a), con effetto dal 1 marzo 2006, risultando applicabili le modifiche ai soli procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006 ai sensi del D.L. n. 35, art. 23 quinquies cit.), non può introdurre in corso di causa domande nuove” (da ultimo, Cass. n. 9178 del 2010; Cass. n. 656 del 2010).
Nel caso di specie, risulta dalla sentenza impugnata che la questione relativa al cartello indicante il limite di velocità e la mancanza di autorizzazione, è stata sollevata dall’opponente solo all’udienza del 14 luglio 2005 e che in relazione ad essa la costituita amministrazione ha eccepito la novità.
Il Giudice di pace si è quindi attenuto alla indicata giurisprudenza, dovendosi senz’altro escludere che le questioni afferenti alla segnalazione del limite di velocità possano risolversi in ipotesi di inesistenza del provvedimento sanzionatorio, le uniche che possono essere rilevate d’ufficio dal giudice dell’opposizione e che quindi possono essere dedotte dall’opponente anche successivamente alla proposizione del ricorso.
Peraltro, giova rilevare che al ricorrente era stata contestata la violazione del limite di velocità determinato in 50 km/h, e cioè di un limite che, per essere operante nei centri abitati, non necessita di specifiche segnalazioni. In ogni caso, le questioni afferenti alla segnaletica stradale, e in particolare quelle relative alla rispondenza dei segnali alle prescrizioni di legge, rilevano unicamente sul piano della legittimità del provvedimento sanzionatorio, ma certamente non ne determinano l’inesistenza, sicchè le stesse devono essere fatte valere con l’atto di opposizione e non sono suscettibili di rilievo d’ufficio da parte del giudice dell’opposizione.
Da ultimo, non può non evidenziarsi come il ricorrente invochi a sostegno della propria tesi in ordine alla inesistenza del limite di velocità una nota della Provincia di Cagliari, della quale omette di riprodurre il contenuto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, violazione dell’art. 204 C.d.S., per tardività dell’ordinanza prefettizia. Il ricorso amministrativo in data 30 aprile 2002, rileva il ricorrente, pervenne al Prefetto il 27 maggio 2002 a cura del Comando della Polizia municipale di Quartu S. Elena, il quale emise l’ordinanza impugnata il 29 luglio 2002, e cioè oltre il termine di sessanta giorni allora prescritto per l’adozione dell’ordinanza.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire più volte che il termine concesso al prefetto per l’emissione – non anche per la notificazione – dell’ordinanza ingiunzione, ai sensi dell’art. 204 C.d.S. (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) va aggiunto a quello di trenta giorni dal deposito del ricorso entro il quale il responsabile dell’ufficio o del comando accertatore della violazione è tenuto, ai sensi del precedente art. 203, a trasmettere gli atti al prefetto (Cass., n. 21358 del 2005). Il termine finale entro cui il prefetto deve provvedere sul ricorso in via amministrativa dell’interessato è quindi – ai sensi dell’art. 204 C.d.S. nel testo applicabile ratione temporis a seguito della modifica della L. 24 novembre 2000, n. 340 – di 90 giorni, da intendersi, sia in caso di rigetto del ricorso che di suo accoglimento, come riferito alla data in cui il prefetto provvede (Cass. n. 15171 del 2008; per l’applicazione del principio in riferimento alla normativa successiva, v. Cass. n. 9420 del 2009, secondo cui il termine entro il quale il prefetto deve emettere l’ordinanza-ingiunzione – vigenti gli artt. 203 C.d.S., comma 2, e art. 204 C.d.S., come modificati dal D.L. n. 151 del 2003, conv., con modificazioni, nella L. n. 214 del 2003 – è complessivamente di 180 giorni, giacchè al termine di 120 giorni, previsto dall’art. 204, deve essere aggiunto quello di 60 giorni, stabilito dal precedente art. 203, per la trasmissione degli atti al prefetto da parte del comando accertatore al quale viene presentato il ricorso).
Nel caso di specie, secondo quanto riferito dallo stesso ricorrente, il ricorso al prefetto fu presentato per il tramite del Comando della Polizia Municipale di Quartu S. Elena, sicchè correttamente il giudice di pace ha ritenuto che il termine complessivo di novanta giorni non fosse stato superato, dovendosi sommare al termine di sessanta giorni concesso al Prefetto quello di trenta decorrente dalla data di presentazione del ricorso amministrativo all’organo accertatore.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 204 C.d.S. e della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè omessa pronuncia sulle proprie difese e omessa considerazione delle conclusioni finali.
Il ricorrente si duole che il giudice di pace abbia statuito sulle conclusioni formulate in sede di ricorso in opposizione e non anche su quelle precisate nella memoria del 31 ottobre 2005, dopo la pronuncia dell’ordinanza del 17 luglio 2005. In particolare, osserva il ricorrente, nel ricorso in opposizione era stata denunciata la violazione dell’art. 3 citato e dell’art. 24 Cost., perchè l’ingiunzione faceva riferimento ad una relazione della Polizia municipale che non era mai stata portata a sua conoscenza, nè in sede di audizione, nè in sede di notifica dell’ordinanza- ingiunzione. Aveva altresì eccepito la mancanza di motivazione dell’ordinanza sia in ordine all’asserzione secondo la quale l’infrazione era stata accertata con strumento che consentiva la rilevazione della velocità solo in tempo successivo al passaggio del veicolo, sia laddove aveva con formula di stile affermato che le argomentazioni difensive non erano idonee a confutare la validità dell’accertamento e la sussistenza della violazione accertata.
Tale argomentazioni erano state ribadite nella “comparsa conclusionale” ed erano state disattese dal Giudice di pace con motivazione del tutto insufficiente. In particolare, il giudice di pace ha ritenuto che irrilevante l’eccepita violazione del diritto di difesa, sia perchè la relazione doveva considerarsi atto interno, sia perchè dello stesso l’interessato sarebbe potuto venire a conoscenza ai sensi della L. n. 241 del 1990.
In proposito, il ricorrente osserva che l’ordinanza prefettizia non aveva in alcun modo motivato il perchè le sue deduzioni non fossero sufficienti a confutare le asserzioni della Polizia municipale; che contraddittoriamente il giudice di pace ha ritenuto che la relazione fosse un atto interno, che non necessariamente doveva essere portato a conoscenza dell’opponente, e poi ha invece affermato che l’interessato avrebbe potuto accedere al documento, ai sensi della L. n. 241 del 1990, senza peraltro considerare che il procedimento per l’accesso era incompatibile con il termine di decadenza per la proposizione dell’opposizione. Del resto, osserva il ricorrente, la P.A. ha prodotto l’atto all’inizio del procedimento contenzioso.
Il Prefetto, osserva ancora il ricorrente, si sarebbe limitato ad avallare una decisione già presa dal funzionario incaricato dell’istruttoria, in qualità di relatore del procedimento, e sul punto la decisione sarebbe del tutto carente. Il Giudice di pace, inoltre, non si sarebbe pronunciato sulle eccezioni formulate nella memoria difensiva del 31 ottobre 2005, anche con riferimento alla funzionalità dell’apparecchiatura in concreto utilizzata, che non risultava essere stata sottoposta a verifica periodica, e che non era certo non potesse individuare il veicolo onde consentire la contestazione immediata; anzi, sul punto, egli aveva chiesto ammettersi accertamento tecnico, ma su tale richiesta il giudice di pace ha omesso ogni pronuncia.
Tutte le censure svolte nel motivo in esame, che si sostanziano nella denunciata carenza di motivazione dell’ordinanza-ingiunzione, sono infondate alla luce del principio, di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 204, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo della L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 18 – i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto” (Cass., S.U., n. 1786 del 2010).
Con specifico riferimento alla censura con la quale il ricorrente si duole del fatto che l’ordinanza-ingiunzione fosse motivata per relationem ad un atto che non era stato portato a sua conoscenza nè era stato allegato al provvedimento sanzionatorio, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “nei procedimenti amministrativi, in linea di massima, le ragioni della decisione possono risultare anche da altri atti dell’amministrazione, purchè siano indicati e resi disponibili per l’interessato (L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 3) e che, pertanto, l’amministrazione non è tenuta, salvo disposizione contraria (v. ad es. L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, sullo Statuto dei contribuente) ad allegare o, comunque, a comunicare gli atti richiamati” (Cass., n. 12320 del 2004).
Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso è infondato, avendo il giudice di pace fatto corretta applicazione del richiamato principio.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente procedimento non avendo l’amministrazione intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011