LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –
Dott. LEVI Giulio – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8017-2006 proposto da:
G.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato PETRAGNANI LEOPIZZI BRUNO, rappresentato e difeso dall’avvocato D’IPPOLITO GIUSEPPE, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.A.I. RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. *****, in persona del Direttore della Direzione Affari Legali e Societari, Avv. R.
E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 14, presso lo studio dell’avvocato GEREMIA RINALDO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato D’ANGELANTONIO CLAUDIO;
– controricorrente –
e contro
MARANGONI S.R.L., A.B.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 280/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Sezione Prima Civile, emessa il 30/11/2004, depositata il 24/01/2005, r.g.n. 1759/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito l’avvocato GIUSEPPE D’IPPOLITO;
udito l’avvocato CLAUDIO D’ANGELANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del 3^
motivo, e l’assorbimento degli altri motivi di ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Roma, parzialmente riformando la prima sentenza, nella causa di risarcimento del danno da diffamazione intentata da A.B. contro la RAI, il G. ed altri: ha dato atto della transazione stipulata tra l’ A. e la RAI e, ferma la graduazione delle responsabilità stabilita dal primo giudice, ha dichiarato cessata la materia del contendere tra le parti stesse; ha condannato il G. al risarcimento del danno in favore dell’ A., detratto dal complessivo importo del danno la somma che avrebbe dovuto far carico sulla RAI. Propone ricorso per cassazione il G. a mezzo di quattro motivi.
Si difende con controricorso la RAI. Quest’ultima ha depositato memoria per l’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo (il ricorrente pretende di profittare della transazione intervenuta tra A. e la RAI) è infondato. Sul punto, la sentenza s’è adeguata al consolidato orientamento in ragione del quale la disposizione di cui all’art. 1304 c.c., comma 1 secondo cui la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori solidali giova agli altri che dichiarino di volerne profittare, si riferisce soltanto alla transazione stipulata per l’intero debito solidale e non è quindi applicabile quando la transazione è limitata al solo rapporto interno del debitore che la stipula (tra le varie e più recenti, cfr. Cass. n. 9369/06). Ha, dunque, spiegato che nell’accordo transattivo le parti hanno precisato che il contratto era rivolto a definire esclusivamente i rapporti tra il creditore e la RAI. I motivi secondo, terzo e quarto, che riguardano il merito della vicenda, sono in parte inammissibili (laddove pretendono una nuova valutazione dei fatti di causa) ed in parte infondati.
Occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte regolatrice ha da tempo enucleato i principi cardine che reggono la materia del diritto di cronaca, tesa al bilanciamento tra il diritto di stampa ed il diritto della persona alla riservatezza ed al rispetto dell’onore e della reputazione propri. Diritti, questi, entrambi costituzionalmente garantiti. Giurisprudenza che fonda l’applicazione della scriminante del diritto di cronaca sulla verità della notizia, sulla pertinenza (quale interesse pubblico alla conoscenza del fatto) e sulla continenza (quale necessità che i fatti non contengano inutili offese ed esagerazioni). Caratteristiche, queste, che devono connotare anche il diritto di critica.
Quelli delineati sono gli ambiti entro e non oltre i quali può muoversi il giudizio di legittimità, diretto, appunto, alla verifica dell’avvenuto rispetto dei canoni e-nunciati, oltre, ovviamente, della congruità e della logicità dell’argomentazione posta dal giudice a base delle conclusioni alle quali è pervenuto.
Venendo al caso in esame, il giudice, premessi i principi affermati da questa Corte in tema di diritto di satira, ha precisato che esso, pur nell’ampia libertà attraverso la quale può dispiegarsi, non deve essere asservito a fini meramente denigratori, nè sfociare nel puro dileggio, rimanendo pur sempre assoggettato al canone della continenza.
Ha dunque ed innanzitutto spiegato che, nell’ ipotesi di specie, attraverso la satira sono state attribuite all’ A. insussistenti responsabilità dirette nelle scelte operative di una società diversa da quella dal medesimo presieduta (il punto non è neppure contraddetto nel ricorso in trattazione). Ha, poi, aggiunto, che le espressioni usate sono “sfociate nell’insulto personale, gratuito e pesante …”.
Come si diceva in precedenza, si tratta di valutazioni di merito assolutamente incensurabili in questa sede, sia perchè rispettose delle norme disciplinanti la materia e dei principi interpretativi affermati da consolidata giurisprudenza, sia perchè motivate in maniera congrua e logica.
Il ricorso deve essere, dunque, respinto, con condanna del ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011