LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –
Dott. LEVI Giulio – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1473-2009 proposto da:
F.I. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATANZARO 9, presso lo studio dell’avvocato MAFALDA MARONNA, rappresentato e difeso dall’avvocato SCARPETTA VITTORIO, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.M.C. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GORIZIA 52, presso lo studio dell’avvocato JANNONI SEBASTIANINI ALBERTO CESARE, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3005/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Sezione Terza Civile, emessa il 11/07/2008 depositata il 02/09/2008, r.g.n. 1708/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito l’Avvocato ALBERTO CESARE JANNONI SEBASTIANINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
La Corte:
RILEVATO IN FATTO
Che l’antefatto della vicenda processuale in trattazione è costituito dalla sentenza passata in giudicato con la quale è stato dichiarato risolto (per violazione del divieto di cessione del rapporto) il contratto di locazione intercorrente tra il locatore F. e la conduttrice D.M.C., con condanna di quest’ultima, nonchè di D.M.F. e del D.D. S. al rilascio dell’immobile;
successivamente le D.M. ed il D.D.S. citarono in giudizio il F. per l’accertamento dei canoni dovuti ai sensi della L. n. 392 del 1978 e la restituzione di quanto in più pagato sino alla fine del rapporto;
la domanda fu accolta in primo grado, sebbene con la dichiarazione di carenza di legittimazione da parte della D.M.F. e del D.D.S.;
la Corte d’appello di Roma ha confermato la prima sentenza, ritenendo, in particolare, che nella specie non s’era verificata una cessione di contratto, bensì una sublocazione, e che la conduttrice D.M.C. era l’unica legittimata alla ripetizione delle somme corrisposte in violazione dei divieti e limiti di cui alla L. n. 378 del 1978;
il F. propone ricorso per cassazione a mezzo di un solo motivo.
Risponde con controricorso D.M.C..
OSSERVA IN DIRITTO Che il ricorso censura la sentenza per avere desunto dal giudicato del 2003, intervenuto dalle stesse parti, l’esistenza di un contratto di sublocazione tra la conduttrice D.M.C., da una parte, e D.M.F. e D.D.S. dall’altra, senza tener conto che, invece, ricorreva l’abusiva occupazione dell’immobile ad opera di questi ultimi due, con esclusione del diritto di rimborso da parte della conduttrice; in subordine, sostiene che, pur ammessa la ricorrenza di un contratto di sublocazione, i sublocatori si sarebbero dovuti rivolgere alla conduttrice per il rimborso e questa, a sua volta, al locatore;
il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato;
quanto alla questione dell’esistenza o meno di un contratto di sublocazione essa coinvolge questioni interpretative in ordine alle quali il giudice ha fornito una congrua e logica motivazione, senza che sia stata neppure censurata la violazione dei canoni ermeneutici legali;
quanto alla subordinata questione, la sentenza ha fatto corretta applicazione del principio in ragione del quale, in tema di locazioni di immobili urbani, la particolare azione di ripetizione, prevista dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79 delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone legale, si differenzia dalla comune azione di ripetizione di indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, onde la relativa legittimazione spetta unicamente al conduttore, anche se il pagamento dei canoni sia stato effettuato da altra persona (Cass. n. 15710/03; n. 253/97);
il ricorso deve essere, pertanto, respinto, con condanna del ricorrente a rivalere la resistente delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011