Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.2967 del 07/02/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10470-2008 proposto da:

RESAIS – RISANAMENTO E SVILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 26, presso lo studio dell’avvocato AULETTA FERRUCCIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.R.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARINO GIUSEPPE giusta delega in atti;

– controricorrente –

ENTE MINERARIO SICLIANO IN LIQUIDAZIONE, M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 167/2007 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 28/04/2007 r.g.n. 34/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/11/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO SERRINO;

udito l’Avvocato AULETTA FERRUCCIO;

udito l’Avvocato MARINO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11/4/07 la Corte d’Appello di Caltanisetta rigettò l’appello proposto il 17/1/06 dalla RESAIS s.p.a avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Enna del 23/11/05 con la quale era stato accolta la domanda di D.R.C., ex dipendente dell’Ente Minerario Siciliano in prepensionamento d all’1/2/85, diretta alla riliquidazione dell’indennità di prepensionamento e dell’indennità “una tantum”, ai sensi della L.R. n. 42 del 1975, art. 6 attraverso il computo del compenso per lavoro supplementare svolto nel mese di riferimento prescelto.

La Corte territoriale addivenne al rigetto del gravame dopo aver rilevato l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione, ritenendo che la stessa era stata interrotta per effetto del riconoscimento derivato dalla Delib. Commissario Straordinario Ente Minerario Siciliano n. 182 del 1993, e dopo aver accertato la computabilità del compenso per lavoro supplementare svolto con una certa continuità nella base di calcolo dell’indennità di prepensionamento e di quella “una tantum”.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la RESAIS – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliana S.p.A affidando l’impugnazione a tre motivi di censura. Resiste il D. R. con controricorso. Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di censura la RESAIS s.p.a deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. in relazione all’art. 6 della L.R. Sicilia n. 27 del 1984 (art. 360, n. 3) in ordine alla ritenuta durata decennale della prescrizione riguardante le indennità in esame.

In particolare, la ricorrente chiede di accertare se all’indennità di prepensionamento e all’indennità una tantum di cui alla L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6 come modificato dalla L.R. n. 27 del 1984, vada applicato il termine di prescrizione decennale, ovvero quello quinquennale, sostenendo, da parte sua, l’applicabilità di quest’ultima causa estintiva in quanto le prestazioni in esame avrebbero natura di obbligazioni pubbliche, come tali sottoposte alla disciplina dettata dall’art. 2948 c.c..

Il motivo è infondato.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, è da ritenere assolutamente corretto l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta natura assistenziale dell’indennità in esame ed alla conseguente applicazione del regime prescrizionale ordinario in ossequio ad un indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte, considerato che il fine perseguito dal legislatore regionale era quello di creare una erogazione sostitutiva del reddito di lavoro, di cui i minatori siciliani erano stati privati per ragioni di economia pubblica, cosicchè tale indennità non poteva non essere inquadrata tra le prestazioni di assistenza sociale, alle quali hanno diritto, a norma dell’art. 38 Cost., comma 1, i cittadini inabili al lavoro o privi dei mezzi necessari per vivere.

Come, infatti, ha avuto già modo di statuire questa Corte (Cass. sez. lav. n. 12944 del 22/11/99), “l’indennità cosiddetta di prepensionamento che, ai sensi della L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6 è prevista, nell’ambito della ristrutturazione del settore estrattivo, in favore dei dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano in relazione alla anticipata risoluzione dei loro rapporti di lavoro, non è assimilabile ad un credito di lavoro, ma ha natura assistenziale e pertanto il diritto alla relativa prestazione si prescrive in dieci anni, e in cinque anni quello relativo ai ratei già maturati, senza che possa avere rilievo la circostanza che, per le pensioni dei pubblici dipendenti, sia previsto da una norma speciale il termine di prescrizione di cinque anni, giacchè, attesa la diversa natura del diritto in oggetto, deve applicarsi il termine di prescrizione ordinario di cui all’art. 2946 cod. civ., norma che, per espressa previsione, si applica a tutti i casi in cui, come quello in esame, la legge non abbia disposto diversamente, (in senso conf. C. Sez. lav. n. 9042 del 6/7/2000).

A soluzione identica questa Corte è pervenuta anche per quel che concerne la cd. indennità “una tantum” con le decisioni n. 177 del 9/1/02 e n. 11105 del 26/7/2002 della sezione lavoro, precedenti dai quali questo collegio non ha ragione di discostarsi.

Si è, infatti, statuito che “l’indennità “una tantum” prevista, nell’ambito della ristrutturazione del settore estrattivo, dalla L.R. Sicilia n. 27 del 1984, art. 6 in favore dei dipendenti dell’Ente minerario siciliano in caso di volontaria anticipata risoluzione dei loro rapporti di lavoro, in alternativa all’indennità di prepensionamento di cui alla precedente L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6 ha la medesima natura assistenziale di quest’ultima indennità ed è assoggettata alla stesso sistema di calcolo (onnicomprensivo di ogni indennità o emolumento di carattere retributivo) e allo stesso regime prescrizionale (secondo cui il relativo diritto si prescrive in dieci anni, mentre il diritto relativo ai singoli ratei già maturati si prescrive in cinque anni). (Cass. sez. lav. n. 177 del 9/1/2002).

E’ stato poi ribadito che l’indennità “una tantum”, aggiuntiva rispetto al t.f.r., prevista dalla L.R. siciliana n. 27 del 1984, art. 6, comma 2, in favore dei dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano, indennità che costituisce una anticipazione di quella relativa al prepensionamento erogata nelle ipotesi di risoluzione anticipata volontaria del rapporto di lavoro, con trattamento a carico del Fondo di cui alla L.R. siciliana n. 42 del 1975, art. 13, lett. A), ha, come l’indennità di prepensionamento, natura assistenziale e non retributiva, in quanto sostituisce il reddito di lavoro nel periodo in cui le prestazioni lavorative non vengono rese, e pertanto anche ad essa si applica il termine di prescrizione decennale” (Cas. Sez. lav. n. 11105 del 26/7/2002).

2. Col secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 115 c.p.c., commi 1 e 2 (art. 360 c.p.c., n. 4) dolendosi del fatto che la Corte d’appello aveva errato a tener conto dell’evento interruttivo della prescrizione rappresentato dalla Delib. commissariale n. 182 del 1993, in quanto, pur essendo possibile il rilievo d’ufficio di una tale interruzione, difettava nella fattispecie qualsiasi allegazione o prova dell’esistenza di tale atto interruttivo.

Osserva la Corte che tale censura manifesta nel contempo motivi di inammissibilità e di infondatezza.

Il profilo di inammissibilità discende dal fatto che la ricorrente non ha prodotto nel presente giudizio, come era suo onere, la copia della Delibera commissariale della cui rilevata incidenza ai fini interruttivi della prescrizione si duole.

Infatti, è la medesima ricorrente a segnalare che, sia negli atti introduttivi del primo grado di giudizio, sia nell’atto d’appello, era stato semplicemente operato un richiamo alla suddetta Delibera senza che, tuttavia, ne fosse stata prodotta copia, per cui la Corte d’appello non avrebbe potuto superare un tale difetto di prova documentale nell’addivenire a rilevarne d’ufficio l’efficacia interruttiva ai fini della prescrizione. Orbene, anche a prescindere dal fatto che si trattava di una contro-eccezione rilevabile d’ufficio, oltre che dalla circostanza che il documento era stato in ogni caso richiamato dalle parti nei loro atti difensivi e che la società aveva mostrato di conoscerne il contenuto nel difendersi sulle questioni correlate a tale atto, tra l’altro menzionato in numerosi precedenti giudiziari di contenuto simile al presente, non può non evidenziarsi che è proprio l’esigenza odierna della ricorrente di sostenere un motivo di censura basato esclusivamente su tale atto deliberativo a far sorgere in capo alla medesima l’onere di produrlo. Come hanno, infatti statuito le sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. Ordinanza n. 7161 del 25/3/2010), “in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso. Il profilo dell’infondatezza del motivo discende, invece, dal fatto che dalla lettura del ricorso (pag. 7, sub. 1^ motivo) si ricava che dalla sentenza impugnata risulta il dato dell’avvenuto deposito del ricorso di primo grado nel mese di febbraio del 1994, cioè a ben vedere nell’arco del decennio decorrente dalla cessazione del rapporto (anno 1985, come riportato nella sentenza impugnata, nel ricorso di primo grado (1 febbraio 1985), il cui contenuto è richiamato nel presente ricorso, oltre che a pag. 18 del presente ricorso (gennaio 1985), per cui, non essendo ancora maturata a quella data la prescrizione decennale del diritto in contesa, nemmeno sorge il problema della sua interruzione.

3. Con l’ultimo motivo di censura la Resais denunzia l’omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) contestando, in particolare, l’inclusione dell’emolumento per lavoro supplementare nella base di calcolo delle indennità di cui trattasi sulla scorta della ritenuta frequenza della suddetta prestazione lavorativa. In sostanza, la ricorrente sostiene che difettavano nella fattispecie i requisiti necessari della continuità e stabilità del lavoro supplementare svolto dal D.R. per poterlo considerare come elemento retributivo utile ai fini del suo inserimento nella base di calcolo delle indennità in esame, così come evincibile, tra l’altro, secondo il suo assunto, dal contenuto della Delib. Commissariale n. 182 del 1993 appena richiamata. Anche tale motivo è infondato.

Invero, la legge regionale n. 42 del 1975, art. 6, comma 2, nel testo modificato dalla legislazione successiva, ai fini della determinazione dell’indennità di prepensionamento spettante ai dipendenti dell’E.M.S., dispone che “è corrisposta a carico della Regione, e fino al raggiungimento dell’età pensionabile, un’indennità mensile pari all’80 per cento della retribuzione globale di fatto percepita il mese precedente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro …”; detta norma indica chiaramente la volontà del legislatore di computare nella retribuzione da porre a base dell’indennità di prepensionamento, tutti i compensi corrisposti ai dipendenti, con la sola esclusione di quelli espressamente indicati (compensi per lavoro straordinario, notturno, festivo, indennità di vestiario e di trasporto e ogni altra indennità non derivante da accordi sindacali collettivi), la cui elencazione è stata ritenuto tassativa e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica (Cass. S.U. n. 8562 del 1990, Cass. n. 898 del 1991, Cass. n. 11030 del 1991). In merito alla nozione di lavoro supplementare ed alla sua inclusione nella base di computo dell’indennità supplementare di cui trattasi questa Corte ha già avuto modo di precisare che “la nozione di lavoro straordinario, il cui compenso è escluso dalla base di computo dell’indennità prevista dalla L.R. Sicilia 6 giugno 1975, n. 42, Regione a favore dei lavoratori minerari prepensionati, deve essere desunta dalla specifica disciplina collettiva del settore in tema di orario di lavoro; ove questa stabilisca il normale orario di lavoro giornaliero in misura inferiore a quello massimo di otto ore previsto dalla legge, la prestazione eccedente l’orario concordato, ma inferiore al limite massimo legale (cosidetto lavoro supplementare) deve essere qualificata come ordinaria – con conseguente inclusione del relativo compenso nella retribuzione ordinaria – ove sia accertata l’esistenza di una volontà delle parti, manifestata anche tacitamente, diretta a modificare detta regolamentazione con il prolungamento dell’orario normale di lavoro. (Nella specie, è stata confermata la decisione dei giudici di merito che in base a tale regolamentazione pattizia ha incluso nella base di calcolo della indennità in questione i compensi per lavoro supplementare). (Cass. sez. lav. n. 11161 del 12/11/1993).

Inoltre, il fatto che alcune erogazioni possano, in ipotesi, non essere continuativamente presenti nella retribuzione mensile del lavoratore, non costituisce ragione giuridicamente valida per escluderne la computabilità nella indennità di prepensionamento, una volta che il legislatore regionale, con la L. 10 agosto 1984, n. 46, art. 10 (aggiuntivo di un comma nella L. n. 42 del 1975, art. 6), ha attribuito all’interessato la facoltà di scegliere uno qualsiasi dei mesi precedenti la data di risoluzione del rapporto come termine di riferimento per calcolare la retribuzione globale di fatto da utilizzare per la determinazione dell’indennità medesima, in tal modo dando rilievo a tutti i compensi di natura retribuiva corrisposti in quel mese, eccettuati beninteso quelli espressamente esclusi (Cass. n. 4536 del 2000).

Questa Corte (Cass. sez. lav. n. 15058 del 28/11/01) ha, altresì, ribadito che ai fini della determinazione dell’indennità di prepensionamento spettante ai dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano per l’anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, L.R. Sicilia 10 agosto 1984, n. 46, ex art. 10 occorre riferirsi alla retribuzione globale di fatto riscossa dal lavoratore in relazione all’attività prestata nel mese prescelto, essendo irrilevante che tale retribuzione sia stata materialmente corrisposta per intero nel detto mese o se il pagamento di una parte di essa – per la necessità di un completo conteggio delle voci variabili afferenti l’attività prestata – sia avvenuto in un mese successivo, (v. in tal senso anche Cass. sez. lav. n. 27460 del 22/12/06).

Appare, quindi, evidente, secondo la stessa letterale formulazione della suddetta disposizione regionale, che il parametro è la retribuzione globale di fatto riscossa dal lavoratore in relazione alla attività prestata nel mese prescelto, non potendo interessare se materialmente la stessa gli sia stata corrisposta interamente in questo o se il pagamento di una parte di essa – per la necessità di un completo conteggio delle voci variabili afferenti la attività stessa – sia materialmente avvenuto in un momento successivo. In ogni caso si tratterebbe pur sempre di una interpretazione della opzione effettuata dal soggetto, la cui indagine il giudice di merito ha correttamente operato sotto il profilo logico.

Nel caso in esame vi è poi da rilevare che le sole otto ore di lavoro supplementare cui allude la ricorrente al fine di evidenziarne la asserita sporadicità sono, in realtà, quelle tratte dalla sua documentazione, mentre la Corte territoriale ricavò il dato della continuità della prestazione dall’intera documentazione in atti;

inoltre, la difesa della Resais s.p.a. avrebbe dovuto dimostrare che la eccepita carenza probatoria era riferibile proprio al mese di riferimento prescelto, mentre ciò non è chiarito.

Pertanto, l’interpretazione che la Corte territoriale ha dato della norma regionale, per essere congruamente motivata e priva di vizi logici, non è suscettibile di riesame in sede di legittimità.

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata alle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza.

Tali spese non possono essere distratte in favore del procuratore antistatario del D.R. in quanto il controricorso di quest’ultimo risulta essere stato depositato (16/6/08) oltre il termine di venti giorni dalla sua avvenuta notifica (20/5/08), cioè il termine di cui all’art. 370 c.p.c., u.c., per cui è da considerare improcedibile (v. al riguardo Cass., sez. 3, 10-03-2000, n. 2805, secondo la quale “la tardività del deposito nella cancelleria della suprema corte del controricorso perchè effettuato oltre il ventesimo giorno dalla notificazione, implica improcedibilità del controricorso medesimo, evincendosi tale sanzione, pur in difetto di una espressa previsione della norma che fissa l’indicato termine (art. 370 c.p.c., comma 3), dai principi generali del processo civile in tema di inosservanza di termini inerenti ad atti processuali con i quali la parte porta a conoscenza del giudice e dell’avversario le proprie difese, con la conseguenza che non può tenersi conto nè del controricorso nè dell’eventuale memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.).

Nessuna statuizione sulle spese va, invece, adottata nei confronti dell’Ente Minerario Siciliano non costituitosi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 12,00 per spese ed Euro 2500,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Nulla sulle spese nei confronti dell’Ente Minerario Siciliano.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

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