LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di questa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
G.G.;
– intimato –
avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 1496 depositata il 13 febbraio 2006.
Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 21 gennaio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Finocchi Ghersi Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che G.G. adiva il Giudice di pace di Montoro Superiore chiedendo l’accertamento del suo diritto a percepire, nella qualità di messo notificatore presso il Comune di Solofra, la somma di Euro 672,43 per avere notificato, in occasione delle elezioni del Parlamento Europeo del 12 giugno 1994, 434 certificati elettorali, con conseguente condanna del Ministero dell’interno;
che nella resistenza dell’Amministrazione convenuta, l’adito Giudice di pace, con sentenza in data 1 aprile 2003, condannava il Ministero al pagamento della somma richiesta, oltre interessi legali e spese;
che il Tribunale di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 13 febbraio 2006, ha dichiarato inammissibile il gravame del Ministero, rilevando che la sentenza del Giudice di pace, trattandosi di pronuncia secondo equità, era impugnabile, non con l’appello, ma con il ricorso per cassazione;
che per la cassazione della sentenza del Tribunale il Ministero ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 febbraio 2007 e – a seguito dell’ordinanza interlocutoria di questa Corte 16 marzo 2010, n. 6402 – il 31 marzo 2010, sulla base di un motivo;
che l’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Considerato che con l’unico mezzo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 9 e 36 c.p.c. e art. 40 c.p.c., comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, sostenendo che il Ministero dell’interno aveva spiegato, nel primo grado di giudizio, domanda riconvenzionale volta all’accertamento che nessun rapporto di debito esisteva nei confronti dell’attore in relazione alla consegna dei certificati elettorali per nessuna consultazione politica;
che, ad avviso del ricorrente, poichè la domanda riconvenzionale doveva essere decisa secondo diritto (o perchè di valore superiore al limite di cui all’art. 113 c.p.c., comma 2, o perchè esulante dalla competenza del Giudice di pace), la sentenza – sulla domanda principale e sulla riconvenzionale – era appellabile, e non ricorribile per cassazione;
che il motivo è infondato;
che è esatto che nel caso in cui siano proposte al giudice di pace domanda principale di valore non eccedente i limiti (millecento Euro) previsti per la decisione secondo equità e domanda riconvenzionale, connessa con quella principale a norma dell’art. 36 cod. proc. civ., la quale, pur rientrando nella competenza del giudice di pace, superi il limite di valore fissato dalla legge per le pronunce di equità, l’intero giudizio deve essere deciso secondo diritto, con la conseguenza che il mezzo di impugnazione della sentenza è, non già il ricorso per cassazione, ma l’appello (Cass., Sez. Un., 6 giugno 2005, n. 11701, e successiva giurisprudenza conforme);
che, tuttavia, nel caso di specie il Tribunale ha dato atto che il Ministero aveva proposto in primo grado, non una domanda riconvenzionale, ma un’eccezione riconvenzionale, con la quale non aveva ampliato il thema. decidendum ma si era limitato a chiedere il rigetto della domanda avversa;
che il Ministero contesta genericamente questa conclusione, limitandosi ad asserire di avere spiegato, nel primo grado di giudizio, domanda riconvenzionale, ma senza riportare in alcun modo il tenore delle richieste avanzate di fronte al Giudice di pace;
che, d’altra parte, la conclusione cui è pervenuto il Tribunale appare confermata dalla lettura diretta della sentenza di primo grado: da un lato, nelle conclusioni riportate in epigrafe, si da atto che il Ministero convenuto ha concluso “chiedendo il rigetto della domanda”;
dall’altro, nei Motivi della decisione, ai fini “dell’individuazione del giudice dell’impugnazione”, il Giudice di pace precisa “che la presente causa viene decisa secondo equità, ricorrendone i presupposti (art. 113 c.p.c., comma 2)”;
che, pertanto, correttamente il Tribunale – nella disciplina, ratione temporis applicabile, dell’art. 339 cod. proc. civ., antecedente alle modifiche introdotte per effetto del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – ha ritenuto inappellabile (e perciò immediatamente ricorribile per cassazione) la sentenza pronunciata dal Giudice di pace in controversia non eccedente il valore di Euro millecento;
che, del resto, il Giudice di pace ha risolto espressamente la questione del modo della decisione, pronunciandosi sul punto e affermando che la regola di decisione sulla domanda era, appunto, quella secondo equità (cfr. Cass., Sez. 3^, 30 marzo 2009, n. 7676);
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2011