Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.5183 del 04/03/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito A. – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.C. e D.F., in qualità di eredi di D.L., rappresentati e difesi dall’avv. Martelli Mario ed elettivamente domiciliati in Roma presso l’avv. Gian Marco Grez al lungotevere Flaminio n. 46;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle Marche n. 101/2/04, depositata il 26 gennaio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco;

uditi l’avv. Mario Martelli per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C. e D.F., coeredi del contribuente D.L., impugnarono l’avviso di accertamento di.

maggiori IRPEF e ILOR per il 1993 emesso nei confronti di quest’ultimo all’esito di una verifica fiscale avente ad oggetto gli anni d’imposta dal 1991 al 1994, dalla quale tra l’altro era emersa l’omessa contabilizzazione di operazioni bancarie su due conti correnti, considerate dall’ufficio ricavi non dichiarati ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32.

Questa Corte cassò con rinvio la decisione d’appello ritenendo che le movimentazioni dei conti bancari costituiscono presunzioni legali utilizzabili dall’amministrazione per gli accertamenti ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR, essendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria e di dimostrare che di tali elementi si è tenuto conto nella determinazione della base imponibile.

Nel riassumere il giudizio davanti al giudice del rinvio, i D. opponevano il giudicato esterno costituito dalla sentenza d’appello del 6 novembre 2000, divenuta definitiva, che, in relazione all’accertamento ai fini dell’IVA per gli anni 1993 e 1994, aveva accolto il ricorso sul presupposto dell’inattendibilità del verbale di accertamento della Guardia di finanza dal quale avevano tratto origine anche le contestazioni di maggiori IRPEF e ILOR di cui si controverte.

Nel merito, assumendo che le operazioni contestate trovavano riscontro nella contabilità dell’impresa, producevano nuovi documenti.

La Commissione tributaria regionale delle Marche accoglieva l’appello dell’amministrazione, ritenendo inammissibile la produzione in appello di documenti nuovi, peraltro nella specie inidonei a fornire la prova contraria richiesta.

Nei confronti della decisione gli eredi del contribuente propongono ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

L’Agenzia delle entrate ed il Ministero dell’economia e delle finanze resistono con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti, denunciando “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5)”, si dolgono che la sentenza impugnata, pur riportando nello svolgimento del processo l’eccezione di giudicato esterno da essi sollevata nel ricorso in riassunzione, abbia omesso di pronunciarsi sul punto, e ciò tanto nel caso la mancanza sia interpretata come una vera omissione, che nel caso venga intesa come implicito rigetto della stessa in accoglimento delle difese avversarie. Assumono in proposito che la sentenza della Commissione tributaria delle Marche n. 101/8/00, in relazione alla rettifica dell’IVA per lo stesso anno d’imposta 1993 aveva definitivamente accertato come gli stessi conti correnti cancan ed i relativi movimenti di denaro presi a base della rettifica ILOR e IRPEF per cui è causa “fossero estranei all’attività di impresa edile esercitata da D.L. e riferibili in larga parte ad operazioni personali dello stesso”.

Il ricorso è infondato.

Va anzitutto escluso in linea generale, secondo l’ormai consolidato indirizzo di questa Corte, che nel giudizio in materia di accertamento del reddito d’impresa possa assumere rilevanza preclusiva il giudicato esterno formatosi in controversie, aventi ad oggetto l’impugnazione di avvisi di rettifica IVA “fondati sul medesimo presupposto”, definite nel senso dell’infondatezza della contestazione del fisco. Ciò in quanto tali ultimi giudizi hanno inciso su un rapporto giuridico diverso dal punto di vista oggettivo, perchè concernente una differente obbligazione tributaria, anche se relativa alla stessa annualità e scaturente dalla stessa indagine di fatto (Cass. n. 5943 del 2007 e n. 25200 del 2009; cfr., inoltre, Cass., s.u. n. 13916 del 2006).

Ciò posto, il motivo, come formulato, è privo del requisito dell’autosufficienza. A fronte della decisione di implicito rigetto dell’eccezione di giudicato esterno, e quindi della mancata espressa confutazione degli argomenti difensivi portati sul punto dall’appellante, il rilievo è in questa sede formulato in termini generici, non è compiutamente riportato quel che si assume costituirebbe cosa giudicata nella controversia, ed il passo trascritto della sentenza in materia di IVA non è idoneo allo scopo.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.500, ivi compresi Euro 100 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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