LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.A. (c.f. *****), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il 29/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 31.01.2008, B.A. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.
Con Decreto del 10-29.12.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 4.166,66, oltre agli interessi legali dalla domanda, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè la metà delle spese processuali, distratte in favore del difensore antistatario e liquidate in complessivi Euro 506,76 (di cui Euro 239,50 per diritti ed Euro 255,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, e compensate per la residua parte. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:
– che il B. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di danni da mancato godimento del riposo settimanale compensativo, processo da lui introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso del 23.11.2000, ed ancora pendente;
– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, già protrattosi, sino al deposito del ricorso per equa riparazione, 7 anni e 2 mesi circa, poteva essere fissata in armi tre;
– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 4 anni e 2 mesi, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato in Euro 4.166,66, in ragione di Euro 1000,00 ad anno, tenuto conto della mancanza dell’istanza di prelievo;
– che, atteso anche l’accoglimento parziale del ricorso, ricorrevano giusti motivi per compensare la metà delle spese processuali.
Avverso questo decreto il B. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 30.09.2009.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Riassuntivamente, con il ricorso il B. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti (motivi da 1 a 5) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00 e sia (motivi da 6 a 14) alla disposta compensazione parziale delle spese processuali ed all’entità del liquidato.
Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.
Inammissibile si rivela il primo motivo del ricorso per genericità del relativo quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:
il secondo ed il terzo motivo del ricorso, giacchè non colgono la ratio decidendi dell’attuato ed argomentato richiamo al parametro indennitario CEDU e giacchè inoltre nel caso in disamina la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;
200608714; 200723844; 200803716);
– il quarto ed il quinto motivo del ricorso inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684; 200922869; 201001893; 201019054);
– il sesto il settimo, l’ottavo, il nono, il decimo, l’undicesimo, il dodicesimo, il tredicesimo ed il quattordicesimo motivo del ricorso, inerenti alla disposta compensazione parziale delle spese processuali del giudizio di merito, giacchè:
a) nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. cass. 200318204; 200423789; 200714053), secondo le quali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte, ed ancora che la statuizione si rivela motivata e segnatamente sostenuta da ragioni che sono rimaste incensurate;
b) in favore del B. le spese processuali sono state liquidate, previa loro compensazione parziale per la metà, in complessivi Euro 506,76 (di cui Euro 239,50 per diritti ed Euro 255,00 per onorari) e l’attuata quantificazione, apparentemente in linea con i criteri tariffar invocati dal ricorrente e nella specie applicabili nonchè con le prestazioni professionali ordinariamente implicate, risulta solo genericamente e, dunque, in ammissibilmente avversata, anche con riguardo alla asserita immotivata riduzione delle voci esposte nella nota spese, doglianza che non è stata accompagnata nè dalla trascrizione di tale nota, essendo riportati nel ricorso solo prospetti tariffari generali, nè dalla indicazione degli estremi anche temporali di relativo deposito nel pregresso grado, nè dalla precisazione delle riduzioni in tesi ad essa apportate (in tema, cfr. cass. 200905894 in motivazione).
Il B., soccombente, va condannato ai pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il B. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011