Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.19239 del 20/08/2013

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Civile Sent. Sez. 2 Num. 19239 Anno 2013 Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO Relatore: BIANCHINI BRUNO professionale-

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n.r.g. 6389/07 proposto da:

Avv. XX

Ricorrente

contro

A.A.

B.B.

– Controricorrenti –

contro la sentenza della Corte di Appello di Roma n.186/06; depositata il giorno 12/1/06 e non notificata A 4 u0 Data pubblicazione: 20/08/2013 Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Antonio Trillò per la parte controricorrente, che ha insistito per il rigetto del ricorso ;

Lucio Capasso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

XX citò innanzi al Tribunale di Roma A.A. e B.B. chiedendo che il primo venisse condannato al pagamento di lire 19.400.000 e, in solido con la seconda, al versamento di lire 39.454.000 oltre interessi e rivalutazione e con detrazione di lire 5 milioni, già percepiti a titolo di acconto; la richiesta venne giustificata sostenendo di aver svolto a favore dei convenuti varie attività di consulenza ed assistenza sia in sede stragiudiziale che giudiziale. Nella contumacia dei convenuti l’adito giudicante accolse la domanda con sentenza n. 36407/2002 che fu impugnata dal A.A. e dalla B.B.; l’adita Corte di Appello di Roma con decisione pubblicata il 12 gennaio 2006, accolse l’impugnazione e respinse la domanda dell’avv. XX, ritenendo che la documentazione posta a corredo della stessa non fosse idonea a dimostrare il conferimento dell’incarico professionale, come neppure l’espletamento di prestazioni in favore delle parti appellanti, concretandosi — secondo la Corte del merito- in una generica corrispondenza ed in una altrettanto generica predisposizione di contratti, dei quali non sarebbe risultata né la pratica utilizzazione né la concreta stipulazione da parte degli appellanti; sottolineò altresì il giudice del gravame che non sarebbe neppure stata articolata un’attività istruttoria per dar consistenza alle predette emergenze documentali le quali, in ogni caso, non avrebbero consentito una liquidazione equitativa del compenso.

Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso l’avv. XX sulla base di due motivi; le altre parti hanno risposto con controricorso.

Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dr.

La causa viene in decisione dopo un rinvio deciso per il rinnovo della notifica dell’avviso di fissazione di udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione dell’art. 167 cpc per aver a provare il conferimento dell’incarico, così non considerando l’onere di specifica contestazione a carico del convenuto delle circostanze addotte dall’attore: nella specie le parti appellanti avrebbero criticato la concludenza della documentazione prodotta a sostenere la richiesta di pagamento così come formulata ma non già il conferimento dell’incarico.

Il — Con il secondo motivo si assume la violazione del principio della domanda in cui sarebbe incorso il giudice dell’appello laddove, pur mancando la contestazione dell’affidamento dell’incarico, avrebbe escluso la sussistenza del rapporto professionale.

III — Entrambe le censure non sono fondate: invero la contumacia serbata nell’ambito del giudizio di primo grado non vale quale ficta confessio, mantenendo un valore significativo neutro, così che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può

presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema ( vedi Cass Sez. III n. 14623/2009); in secondo luogo dalla lettura dell’atto di appello — consentito in questa sede stante la natura di error in procedendo denunziato emerge chiaramente l’esistenza di una contestazione globale del titolo conferito all’avv. XX e quindi non solamente una doglianza a sindacare il quantum debeatur a remunerazione di un incarico che avrebbe presupposto implicitamente il suo conferimento.

IV — Le spese seguono la soccombenza secondo quanto indicato in epigrafe.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro ritenuto, il giudice dell’impugnazione, che la documentazione prodotta non fosse idonea 3.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma il 14 maggio 2013, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione.

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Il Consigliere estensore

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