Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.14247 del 04/06/2018

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In tema di soggettività degli enti ecclesiastici, il riconoscimento della personalità agli effetti civili della Parrocchia con la pubblicazione del decreto del Ministero dell’Interno costituisce una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto, che, nel periodo precedente alla pubblicazione del decreto ministeriale, ha natura di ente di fatto, con conseguente applicazione ad essa delle disposizioni generali degli artt. 36-42 cod. civ.

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CASSAZIONE CIVILE

SEZIONE PRIMA

Ordinanza Num. 14247 Anno 2018


Presidente: SCHIRO' STEFANO

Relatore: CAMPESE EDUARDO

Data pubblicazione: 04/06/2018

ORDINANZA

sul ricorso n.r.g. 1418/2014 proposto da:

XX, in proprio e quale erede di YYo, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall'Avvocato Prof. Gianfranco Palermo, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla Piazza Sallustio n. 9.

- ricorrente -

contro

PARROCCHIA KK in Formia, ivi ubicata alla Piazza JJ, in persona del parroco pro tempore, sac. ZZ rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dall'Avvocato Filippo D'Urgolo, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, al Piazzale delle Province n. 11.

- controricorrente -

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di ROMA depositata il 28/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 524/1994, il Tribunale di Latina rigettò le domande proposte dal rev. XX, nella qualità di parroco della Parrocchia YY in Formia (d'ora innanzi Parrocchia), nei confronti di XX, volte ad ottenere la condanna: i) alla demolizione delle opere realizzate in prossimità o all'interno del complesso edilizio di proprietà di parte attrice; il) al rilascio di alcune porzioni di tale complesso dal medesimo occupate; iii) al risarcimento dei danni ex art. 872 cod. civ.. Accolse, invece, la domanda riconvenzionale del convenuto, dichiarando da lui acquisito per usucapione il diritto di proprietà su quel cespite.

1.1. La Corte di appello di Roma, accogliendo il corrispondente gravame del rev. XX, nella indicata qualità, condannò YY, eredi di XX, al rilascio di detto complesso, alla demolizione di alcune opere ivi realizzate ed all'arretramento, a distanza legale, delle costruzioni edificate sul confinante terreno di loro proprietà.

1.2. Con sentenza n. 12040/2000, infine, la Corte di cassazione respinse i primi due motivi d'impugnazione dei XX e ne accolse il terzo, limitatamente al capo di condanna all'arretramento delle costruzioni predette, rinviando ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

2. Successivamente, con citazione dell'Il dicembre 2001, ZZ chiesero al Tribunale di Latina, sezione distaccata di Gaeta, di dichiarare l'inesistenza delle tre menzionate sentenze, risultando inutiliter datae perché emesse nei confronti di un soggetto (Parrocchia) inesistente, e, come tali, insuscettibili di passare in cosa giudicata. 2.1. L'adito tribunale ritenne inammissibile - «in quanto coperta da giudicato implicito, inerendo a questione (difetto assoluto di legittimazione in capo al soggetto conferente la procura) attinente ad un presupposto processuale della domanda il cui sindacato è preliminare a qualsivoglia pronuncia di merito» - l'actio nullitatis così intrapresa, e la Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 5984/2012, pur dichiarandola ammissibile, la giudicò infondata, rilevando che: a) la Parrocchia aveva, al momento dell'introduzione del primo processo, personalità giuridica pubblica in iure canonico, e, comunque, soggettività come "ente di fatto" nell'ordinamento statuale, come tale assoggettata alle norme del diritto comune (artt. 36-42 cod. civ.); b) la stessa aveva, poi, ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica, con decreto del Ministero dell'Interno, nel 1986; c) la trasformazione della Parrocchia, nell'ordinamento statuale, da ente di fatto in persona giuridica, intervenuta durante il primo grado del precedente processo, aveva comportato non l'estinzione di un soggetto e la nascita di uno nuovo, bensì «una vicenda meramente evolutivo modificativa dello stesso soggetto, con la conseguenza, sul piano processuale, che, ai fini dell'attribuzione dello ius postulandi, è rilevante la sola circostanza che la procura sia stata conferita dal soggetto (parroco) che ne aveva, sia in origine che successivamente, la rappresentanza».

3. Avverso questa decisione ricorre per cassazione XX, in proprio e quale erede di YY, affidandosi a due motivi, resistiti dalla Parrocchia di ZZ in Formia. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

3.1. Il primo motivo, rubricato «Falsa applicazione di norme di legge: artt. 36 e 42 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.», ascrive alla corte territoriale di aver erroneamente attribuito una soggettività giuridica alla Parrocchia senza accertarne la pregressa idoneità ad assumere la titolarità di diritti ed obblighi patrimonialmente rilevanti.

3.2. Il secondo, recante «Violazione di norme di diritto: artt. 28 e 29 della L. 20.5.1985, n. 222; art. 15 del d.P.R. 13.7.1987, n. 33, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.», contesta l'assunto secondo cui tali norme avrebbero trasformato le parrocchie da enti di fatto a persone giuridiche, ed assume che le stesse abbiano creato un soggetto nuovo, prima inesistente, nell'ordinamento giuridico.

4. Deve pregiudizialmente rilevarsi che la controricorrente, nel costituirsi, ha evidenziato che non è dato sapere se il defunto XX sia morto ab intestato o lasciando un testamento, né se la sua coniuge, YY, abbia rinunciato all'eredità, da ciò facendo derivare l'attuale non integrità del contraddittorio.

4.1. In proposito, ritiene il Collegio, facendo proprio un orientamento ormai consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie inammissibile o infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., ex multis, Cass. Civ. n. 15106 del 2013, nonché, in motivazione, la più recente Cass. n. 12997 del 2017).

4.2. In applicazione di tale principio, quindi, presentandosi il ricorso di XX come insuscettibile di accoglimento, per quanto appresso si dirà, diviene affatto superfluo indugiare ulteriormente in ordine all'attuale integrità, o meno, del contraddittorio, nonché alle relative potenziali conseguenze.

5. Fermo quanto precede, entrambi i descritti motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente perché connessi, sono infondati.

5.1. La corte territoriale, invero, ha affermato (ed il relativo accertamento in fatto è insindacabile in questa sede) che «la Parrocchia, dal 1983 (e, quindi, da data anteriore a quella di instaurazione del precedente giudizio svoltosi tra le parti, che la medesima corte fa risalire al 1984), costituisce per l'ordinamento canonico una persona giuridica pubblica.., la cui rappresentanza legale spetta al parroco» (cfr. pag. 7), e la correttezza di tale assunto è innegabile alla stregua dei canoni 515, § 3, 116, § 2, e 532 del Codex iuris canonici vigente dal 27 novembre 1983.

5.1.1. La stessa ha altresì accertato che «è documentato in atti che la Parrocchia di cui trattasi ha ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica con decreto del Ministero dell'Interno nell'anno 1986» (cfr. pag. 7).

5.1.2. Infine, ha ritenuto che la trasformazione della Parrocchia, nell'ordinamento statuale, da ente di fatto in persona giuridica, intervenuta durante il primo grado del precedente processo, aveva comportato non l'estinzione di un soggetto e la nascita di uno nuovo, bensì «una vicenda meramente evolutivo modificativa dello stesso soggetto, con la conseguenza, sul piano processuale, che, ai fini dell'attribuzione dello ius postulandi, è rilevante la sola circostanza che la procura sia stata conferita dal soggetto (parroco) che ne aveva, sia in origine che successivamente, la rappresentanza» (cfr. pag. 8).

5.2. L'odierna ricorrente, invece, muove dal sostanziale assunto che la Parrocchia priva di personalità giuridica riconosciuta agli effetti civili non esista: la proposta actio nullitatis, infatti, lamenta che le sentenze rese nel precedente giudizio sarebbero inutiliter datae perché pronunciate nei confronti di un soggetto inesistente.

5.2.1. L'errore di tale percorso argomentativo sta nel fatto che il riconoscimento della personalità civile postula l'esistenza dell'ente parrocchiale, non risolvendosi in essa.

5.2.2. È appena il caso di rilevare, peraltro, che l'assunto della XX circa l'inesistenza della Parrocchia prima dell'entrata in vigore delle Norme e la sua venuta ad esistenza solo a seguito del riconoscimento agli effetti civili della personalità giuridica, ai sensi dell'art. 29, comma 1, della legge n. 222 del 1985 (secondo cui «le parrocchie costituite dall'ordinamento canonico ... acquistano la personalità civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero dell'interno che conferisce ... alle parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto»), oblitera totalmente la profonda differenza tra soggettività giuridica, intesa come idoneità ad essere potenziali titolari di diritti ed obblighi giuridici, e capacità giuridica, che è invece la misura della soggettività, cioè l'effettiva titolarità di diritti e obblighi. I due concetti (soggettività giuridica e capacità giuridica), se coincidono per le persone fisiche, rimangono distinti per le persone giuridiche.

5.3. È comunque dirimente sottolineare che il problema del riconoscimento della personalità agli effetti civili della Parrocchia è ormai superato perché nel 1986 - durante la pendenza del giudizio di prime cure del processo in cui sono state rese le sentenze di cui oggi è invocata l'inesistenza - è intervenuta la pubblicazione del corrispondente decreto ministeriale, sicché affatto condivisibilmente la corte d'appello ha osservato trattarsi di «una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto con la conseguenza, sul piano processuale, che, ai fini dell'attribuzione dello ius postulandi, è rilevante la sola circostanza che la procura sia stata conferita dal soggetto (parroco) che ne aveva, sia in origine che successivamente, la rappresentanza», confermandosi - tra l'altro - l'immediata applicabilità della nuova disciplina in pendenza di giudizio, secondo l'insegnamento di questa Suprema Corte.

5.4. Nemmeno può essere negata, poi (diversamente da quanto assunto dalla ricorrente), la natura quanto meno di ente di fatto (e, come tale, di soggetto di diritto) della Parrocchia nel periodo precedente alla pubblicazione del decreto ministeriale, con conseguente applicazione ad essa delle disposizioni generali degli artt. 36-42 cod. civ. 5.4.1. Infatti, già il can. 100, § 3, del Codice di diritto canonico del 1917 poneva una regola da cui si era desunta la capacità giuridica dell'ente parrocchiale: «Personae morales sive collegiales sive non collegiales minoribus aequiparantur», disposizione che rendeva la Parrocchia un centro d'imputazione di diritti ed obblighi giuridicamente rilevanti. Essa, dunque, già sotto la vigenza di quel Codice, era ritenuta una universitas rerum, formata da un complesso di beni destinato al perseguimento di determinati fini e possedeva anche le caratteristiche proprie dell'universitas personarum, come il Codice del 1983 andrà a esplicare.

5.4.2. Costituisce, inoltre, orientamento giurisprudenziale pressochè costante di questa Suprema Corte che gli enti ecclesiastici, privi di personalità civile, siano comunque soggetti di diritto "rilevanti" per l'ordinamento giuridico statuale e soggetti alle norme di diritto comune (cfr. adesempio, la vicenda decisa da Cass. n. 5458 del 2003). L'applicazione di queste ultime trova il suo fondamento nel riconoscimento, da parte della giurisprudenza di legittimità, della «chiesa particolare» (di cui la Parrocchia è una delle sue tante declinazioni) come soggetto di diritto.

5.4.3. Già con la sentenza n. 4743 del 1979, invero, le Sezioni Unite di questa Corte, si pronunciarono positivamente sulla diocesi come soggetto titolare di capacità giuridica, e quella decisione tenne conto di un quadro giuridico che ancora non conosceva gli elementi costitutivi della Parrocchia (come emergenti dal Codex iuris canonici del 1983), né, tanto meno, il riconoscimento «agli effetti civili» previsto dalle Norme. Anche in quel caso la parte ricorrente lamentava l'inesistenza della diocesi, sostenendo che i giudici del merito avrebbero dovuto rilevare che questa non fosse una persona giuridica, indicando essa solo una circoscrizione territoriale (si tratta della stessa osservazione dell'odierna ricorrente laddove individua nella Parrocchia una mera «unità territoriale». Cfr. pag. 8 del ricorso). In detta occasione, le Sezioni Unite ritennero infondato il corrispondente motivo di impugnazione perché la presenza di una «chiesa particolare» (che può essere una parrocchia, una diocesi, un vicariato) e di una «chiesa universale», intesa come «la porzione del popolo dei fedeli affidata alla cura del vescovo», non toglie che l'ente ecclesiastico minore (nella specie, una diocesi) «per il diritto canonico e per l'ordinamento dello Stato sia una persona giuridica». Ed è innegabile che la Parrocchia, come «chiesa particolare», è espressione, prolungamento della «chiesa universale».

5.4.4. In altra fattispecie, poi, questa Corte ha riconosciuto personalità giuridica (rectius: capacità giuridica) anche ai benefici parrocchiali, osservando che questi disponevano di personalità giuridica già prima dell'entrata in vigore delle Norme, operando un'analogia con gli enti ecclesiastici, tra i quali va collocata anche la Parrocchia: si legge infatti che «A queste indicazioni si aggiunga che, ai sensi del canone 1409 del previgente codice di diritto canonico (quello del 1917. Ndr), i benefici ecclesiastici avevano personalità giuridica, avendo in comune con gli enti ecclesiastici le norme relative al riconoscimento della stessa» (cfr. Cass. n. 5024 del 1995).

5.5. Risulta, pertanto, coerente il rilievo della corte territoriale secondo cui anche gli enti non riconosciuti dallo Stato «non per questo non sono soggetti di diritto per l'ordinamento statuale», assumendo la natura di enti di fatto con conseguente applicazione - secondo la dottrina maggioritaria - delle norme di diritto comune: tale affermazione, invero, è in linea con l'osservazione delle Sezioni Unite, che, pur negando la qualità dell'ente ecclesiastico come ente pubblico nell'ordinamento italiano sia nel regime previgente alle modificazioni del Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica sia nel regime attuale, hanno ritenuto che «il riconoscimento della personalità giuridica concerne anche le associazioni e le fondazioni private (art. 12 cod. civ.)» (cfr. Cass., SU, n. 61 del 1990).

5.6. Infine, va disattesa la tesi della XX che vede, nel riconoscimento della personalità agli effetti civili, la nascita di un nuovo e diverso ente rispetto a quello precedente convenuto in giudizio.

5.6.1. Anche in questo caso, la corte di merito ha condivisibilmente osservato che si tratta di un fenomeno modificativo-evolutivo: le Norme non sono finalizzate a «creare» un nuovo ente dotato di personalità giuridica ex novo, quanto a permettere un riconoscimento legale ad una situazione già di fatto apprezzabile in cui la Parrocchia ha già personalità giuridica (per diritto positivo in iure canonico).

5.6.2. Questa Corte, del resto, ha avuto modo di sottolineare che il conferimento alle singole parrocchie della qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, «secondo la dottrina, ha avuto l'effetto di equiparare la situazione di tali enti nello Stato alla situazione in cui si trovano nel diritto canonico» (cfr., in motivazione, Cass. n. 5458 del 2003), e non - pertanto - la nascita di un nuovo soggetto. È, comunque, dirimente il fatto che il riconoscimento della personalità giuridica di un ente ecclesiastico è disciplinato da norme di natura pubblicistica (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1835), e ciò implica il ricorso agli istituti pubblicistici ed, in particolare modo, a quello della «continuità giuridica», che si caratterizza per la contestuale estinzione del precedente ente e la contemporanea nascita del nuovo che succede al precedente in tutti i rapporti giuridici senza soluzione di continuità: ai sensi dell'art. 30 delle Norme, «con l'acquisto da parte della parrocchia, della personalità giuridica (...) si estingue, ove esistente, la personalità giuridica della chiesa parrocchiale ed il suo patrimonio è trasferito di diritto alla parrocchia, che succede all'ente estinto in tutti i rapporti attivi e passivi».

5.6.3. Da ultimo, anche a non voler rimarcare la singolarità della condotta processuale di XX (e del defunto YY), quanto all'aver invocato, in questo giudizio, la inesistenza giuridica della Parrocchia ora controricorrente dopo avere rivendicato (con esito rivelatosi infruttuoso) diritti nei suoi confronti in quello precedente, merita, comunque, di essere sottolineato che lo specifico problema della personalità giuridica degli enti ecclesiastici non è soggetto alle regole di cui agli artt. 1 e 16 del codice civile, nè dell'art. 16 preleggi: invero, al momento della instaurazione (notifica della citazione introduttiva, risalente all'ottobre 1984) del processo nel quale furono rese le sentenze che oggi si pretende invalidare, era ancora vigente la legge n. 810 del 1929 (recante la Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia, 1'11 febbraio 1929), che, nel Concordato ivi riportato (che, in quanto norma pattizia ed eccezionale, derogava, necessariamente, alla disciplina generale), prevedeva (cfr. art. 29, lettera A), che «Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora riconosciuta dalle leggi italiane (Santa Sede, diocesi, capitoli, seminari, parrocchie, ecc.), tale personalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbliche aperte al culto, che già non l'abbiano, comprese quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi, con assegnazione, nei riguardi di queste ultime, della rendita che attualmente il Fondo per il culto destina a ciascuna di esse». Il riferimento pure alle "parrocchie", dunque, non può che lasciare intendere che le stesse, già all'epoca, fossero considerate come giuridicamente esistenti e munite di soggettività (arg. da Cass. n. 4627 del 2002).

6. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese di questo giudizio regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) - della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta.

P. Q. M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in C 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile.
 

 

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