Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21480 del 31/08/2018

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Il vigente art. 551 c.c., che disciplina il legato in sostituzione della legittima, ha carattere interpretativo e non innovativo ed è, quindi, applicabile anche alle successioni aperte sotto il vigore del codice civile del 1865.

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Cassazione civile sez. II, 31/08/2018, (ud. 07/02/2018, dep. 31/08/2018), n.21480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

RILEVATO

che:

– B.I. è nipote di Ma.Ca. e figlia di M.M., una dei sette figli nati dall’unione della Ma. con M.L.;


– la Ma. aveva con testamento pubblico del 1937 istituito eredi universali in parti uguali solo i tre figli maschi mentre alle quattro figlie aveva lasciato la somma di Lire 6.000 a tacitazione di ogni loro diritto sulla sua eredità;

– a definitiva regolazione della successione della Ma. era stato redatto l’atto pubblico del 14/3/1955 contenente anche la sottoscrizione della ricorrente, la quale, però, nell’ambito del giudizio intentato nel luglio 1997 per far accertare il suo diritto quale successore mortis causa della madre M.M. ad una quota dell’eredità della propria nonna Ma.Ca., aveva proposto la querela di falso avente ad oggetto la suddetta sottoscrizione;

– il Tribunale di La Spezia aveva rigettato le domande attoree e avverso tale decisione B.I. aveva proposto gravame contestando le risultanze della ctu e l’applicazione dell’art. 551 c.c., vigente alla fattispecie che riguardava una successione testamentaria fondata su un testamento del 1937, aperta nel 1941 e a suo avviso disciplinata, in base al principio tempus regit actum, dal previgente codice civile del 1865 per il quale l’azione di riduzione era imprescrittibile;

– la Corte d’appello di Genova aveva respinto l’appello, evidenziando l’esauriente istruttoria e la convincente indagine grafologica del ctu nonchè la correttezza dell’applicazione dell’art. 551 c.c., vigente alla successione della Ma. che, seppure aperta nel 1941, non si era ancora esaurita al momento di entrata in vigore del codice nel 1942;


– infine, la Corte territoriale aveva evidenziato come sia per comportamenti concludenti che per tabulas, B.I. avesse rinunciato a conseguire l’accertamento della qualità di erede, avendo dichiarato nell’atto notarile del 1955 di accettare la tacitazione dei diritti successori come convenuto e non avendo, per oltre quarant’anni, allegato alcuna condotta rivendicativa sulla successione della nonna;

– la cassazione della sentenza della Corte genovese n. 1205 depositata il 30/11/2011 è stata chiesta da B.I. con ricorso notificato il 9/1/2013 ed articolato in tre motivi, cui ha resistito M.R. in proprio e nella qualità di M.V.T., mentre non si è costituito l’intimato M.F..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 184 c.p.c., anche in riferimento agli artt. 69 e 70 c.p.c., in merito alla mancata ammissione dei mezzi di prova articolati dalla ricorrente, fra cui la mancata rinnovazione della ctu grafologica e le prove orali finalizzate all’accertamento del patrimonio immobiliare del capostipite M.L.;


– il motivo è infondato perchè nella sostanza non indica in che cosa sarebbe consistita la violazione delle richiamate disposizioni ma mira, piuttosto, a conseguire una diversa valutazione del materiale probatorio – già specificamente vagliato dai giudici di merito anche in relazione alle doglianze sottoposte con l’appello – e non ammessa in sede di legittimità (cfr. Cass. 9097/2017; id. 19547/2017);

– con il secondo motivo si censura l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte respinto la richiesta di chiarimenti al ctu circa la autenticità della firma apposta e rilevante nell’ambito della querela di falso proposta in via incidentale in primo grado, sulla scorta della ritenuta “incredibilità” della circostanza che il notaio possa vere redatto un atto falso;

– il motivo è infondato perchè la Corte territoriale ha evidenziato come l’osservazione del giudice di prime cure, censurata anche in questa sede, vada posta in logico collegamento con le considerazioni riguardanti la piena attendibilità della ctu cosicchè, in tale contesto, essa appare meramente rafforzativa della conclusione tecnica riguardante la personale sottoscrizione dell’atto pubblico da parte della B.;

– con il terzo motivo si deduce la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice del gravame errato nell’applicazione dell’art. 551 c.c., vigente mentre avrebbe dovuto applicare la disciplina del codice civile del 1865, atteso che il testamento della Ma. risaliva al 1937 e che l’apertura della successione della stessa risaliva al 1941, in epoca precedente all’entrata in vigore del codice civile vigente (21/4/1942);


– in particolare, l’errore sarebbe riconducibile all’errato presupposto che la B. abbia, con la sottoscrizione dell’atto pubblico nel 1955, accettato il legato in sostituzione di legittima, circostanza, invece, contestata;

– il motivo è infondato atteso che l’art. 551 c.c., vigente, che disciplina il legato in sostituzione della legittima, ha carattere interpretativo e non innovativo ed è, quindi, applicabile anche alle successioni aperte sotto il vigore del codice civile del 1865 (così Cass. sentenza n. 2289 del 5/7/1968);

– in considerazione dell’infondatezza di tutti motivi, il ricorso va rigettato e, in applicazione della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente come liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 4300,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre rimborso del 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2018.

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