Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.28522 del 08/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 25490 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:

M.M., (C.F.: *****), B.D. (C.F.: *****) rappresentate e difese, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Moreno Primieri (C.F.: PRMMRN61E20L188H);

– ricorrenti –

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore (C.F.: *****); MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (C.F.: *****), in persona del Ministro pro tempore; MINISTERO DELLA SALUTE (C.F.: *****), in persona del Ministro pro tempore MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (C.F.: *****), in persona del Ministro pro tempore tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

*****);

– controricorrenti –

nonchè

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA, (C.F.: *****), in persona del Rettore, legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Perugia n. 472/2014, depositata in data 29 agosto 2014;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 20 luglio 2018 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

FATTI DI CAUSA

M.M. e B.D., medici iscritti a corsi di specializzazione universitaria in anni accademici anteriori al 1991/1992, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (nonchè del Ministero della Salute, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonchè dell’Università degli Studi di Perugia) per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le relative domande sono state rigettate dal Tribunale di Perugia per intervenuta prescrizione, con sentenza confermata dalla locale corte di appello ma successivamente cassata con rinvio da questa corte di legittimità (sentenza n. 4785 del 2012).

La Corte di Appello di Perugia, all’esito del giudizio di rinvio, ha nuovamente rigettato la domanda delle ricorrenti.

Ricorrono la M. e la B., sulla base di tre motivi. Resiste la Presidenza del Consiglio con controricorso Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c. e art. 380-bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione dei principi regolatori del giusto processo”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

I primi due motivi del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

Secondo le ricorrenti, nel giudizio di rinvio non poteva avere ingresso la questione, sollevata in tale sede per la prima volta dall’amministrazione convenuta, relativa all’inclusione o meno dei corsi di specializzazione da loro frequentati nell’elenco di quelli comuni a due o più stati membri (sia in quanto eccezione nuova, sia in considerazione dei limiti dello stesso giudizio di rinvio).

La corte di appello ha peraltro espressamente precisato in proposito che la questione configurava una mera difesa e non un’eccezione in senso stretto e che nei precedenti gradi di giudizio non si era mai giunti ad esaminare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto dei medici alla remunerazione della frequenza dei corsi di specializzazione, in quanto la decisione era avvenuta in base al rilievo di una questione preliminare di merito (la prescrizione), con la conseguenza che nel giudizio di rinvio doveva essere rinnovata la valutazione sulla sussistenza dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio dai medici attori, una volta esclusa la sua prescrizione.

Si tratta di una impostazione del tutto corretta, sotto il profilo processuale: l’inclusione del corso di specializzazione tra quelli oggetto di riconoscimento comunitario non è un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto alla remunerazione, ma un fatto costitutivo di tale diritto, e quindi la sua contestazione nel giudizio di merito rappresenta una mera difesa (sebbene si tratti di una difesa che comporta la verifica delle allegazioni delle parti e richiede accertamenti di fatto), non una eccezione, tanto meno una eccezione in senso stretto.

Poichè la originaria decisione di merito, poi cassata, si era limitata a dichiarare la prescrizione dei diritti fatti valere in giudizio, senza entrare nella valutazione dei relativi fatti costitutivi, l’accertamento di questi ultimi doveva essere effettuato ex novo in sede di rinvio, e la corte di appello ha di conseguenza correttamente proceduto a valutarne la sussistenza.

2. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme delle direttive comunitarie 75/362 e 82/76 CEE in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il motivo è fondato.

Le domande della M. e della Bologna sono state rigettate dalla corte di appello (all’esito del giudizio di rinvio), sull’assunto che i corsi di specializzazione da esse frequentati (rispettivamente: “Geriatria” per la M., “Igiene e Medicina Preventiva” per la B., corsi entrambi della durata di 4 anni) non erano compresi negli elenchi di cui agli artt. 5 e 7 della cd. direttiva CEE “riconoscimento”.

Secondo la corte di merito, sarebbe irrilevante in proposito sia che eventualmente tali corsi di specializzazione fossero comuni ad almeno due stati membri (occorrendo altresì che il titolo fosse comunque “menzionato” negli elenchi allegati alla direttiva), sia che la specializzazione in “Geriatria” sia stata successivamente inclusa nei suddetti elenchi allegati, in base alla Direttiva 93/16/CEE del 5 aprile 1993, in quanto il relativo diploma era stato conseguito dalla M. nel mese di novembre 1993 e quindi nell’anno accademico 1992/93, iniziato anteriormente alla data di approvazione della nuova direttiva.

Le ricorrenti deducono invece che i corsi di specializzazione in “Geriatria” e in “Igiene e Medicina Preventiva” erano comuni ad almeno due stati membri, in quanto istituiti, oltre che dall’Italia, anche dall’Irlanda e Regno Unito (sebbene con diversa denominazione), onde la loro frequenza dava diritto alla remunerazione prevista dalle direttive comunitarie.

Il principio di diritto in base al quale la corte territoriale ha rigettato le domande delle ricorrenti non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, in linea generale, “in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, il mancato inserimento di una scuola di specializzazione in medicina e chirurgia, attivata presso un’Università, nell’elenco delle specializzazioni di tipologia e durata conformi alle norme comunitarie, previsto dal D.Lgs. n. 275 del 1991, art. 1, comma 2, non è di ostacolo al riconoscimento, in favore dello specializzando, del diritto alla borsa di studio quando si tratti di specializzazione del tutto analoga a quelle istituite in almeno altri due Stati membri” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 29345 del 16/12/2008, Rv. 605944-01; Sez. U, Sentenza n. 13909 del 24/06/2011, Rv. 617754-01; Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 28/10/2016, Rv. 642960-01; Sez. 3, Ordinanza n. 13760 del 31/05/2018, Rv. 648800-01), nè, in particolare, alle decisioni in cui è stato affermato espressamente che proprio i corsi di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e in Geriatria sono equivalenti a corsi istituiti in almeno due stati membri, anche se con diversa denominazione, e pertanto danno diritto alla remunerazione prevista dalle direttive per la loro frequenza (si vedano, in particolare, le già richiamate Cass., Sez. U, Sentenza n. 29345 del 16/12/2008, Rv. 605944-01; Sez. U, Sentenza n. 13909 del 24/06/2011, Rv. 617754-01; Sez. 3, Sentenza n. 21798 del 28/10/2016, Rv. 642960-01; Sez. 3, Ordinanza n. 13760 del 31/05/2018, Rv. 648800-01, per la specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, e Cass. Sez. L, Sentenza n. 17434 del 02/09/2015, per quella in Geriatria).

La sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito.

Come appena chiarito, infatti, i corsi di specializzazione pacificamente frequentati dalle ricorrenti sono quadriennali e devono ritenersi equivalenti a quelli istituiti in almeno due stati membri, dando pertanto diritto alla remunerazione prevista dalle direttive comunitarie, e cioè all’importo riconosciuto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, per i medici iscritti in anni accademici anteriori in favore dei quali si era determinato il giudicato in conseguenza delle pronunzie del giudice amministrativo, maggiorato dai soli interessi legali semplici decorrenti dalla costituzione in mora, in base al principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6-3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6-3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6-3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

La Presidenza del Consiglio dei Ministri (soggetto passivamente legittimato in relazione alle azioni dei medici specializzandi, che vantano un diritto al risarcimento del danno per la mancata attuazione delle direttive comunitarie direttamente nei confronti dello Stato: cfr. ad es. Cass. Sez. 6-3, Sentenza n. 6029 del 25/03/2015, Rv. 634892-01; Sez. 3, Sentenza n. 765 del 19/01/2016, Rv. 638326-01) deve quindi essere condannata a pagare, in favore di ciascuna delle ricorrenti, l’importo di Euro 26.855,76 (pari ad Euro 6.713,94 per ciascun anno di frequenza del corso di specializzazione), oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda giudiziale.

3. Sono rigettati i primi due motivi del ricorso; è accolto il terzo.

La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è condannata a pagare a ciascuna delle ricorrenti l’importo di Euro 26.855,76, oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda giudiziale.

Le spese del giudizio di merito e del primo giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione delle oggettive incertezze interpretative esistenti in relazione alle questioni giuridiche trattate.

Per le spese del presente giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

PQM

La Corte:

accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri, cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare in favore di ciascuna delle ricorrenti l’importo di Euro 26.855,76, oltre interessi legali dalla data di notifica dell’atto introduttivo del giudizio al saldo;

dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio di merito e del primo giudizio di cassazione;

condanna la Presidenza del Consiglio a pagare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 oltre Euro 200,00, oltre accessori.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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