LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24972-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MENFI INDUSTRIA SPA;
– intimato –
nonchèda:
MENFI INDUSTRIA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA SS. APOSTOLI N. 66 STUDIO LEO LIBROIA E ASSOCIATI, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO LEO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 140/2009 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDI, depositata il 31/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del 3^ e 4^ motivo, in subordine il 5^ motivo, rigetto del resto del ricorso principale e rigetto dell’incidentale;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e rigetto dell’incidentale;
uditi per il controricorrente gli Avvocati FRANCESCA e FAUSTA EUGENI per delega dell’Avvocato LEO che hanno chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento dell’incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza n. 140/19/2009, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 31.12.2009; ha riferito che, a seguito di verifica e pvc elevato da funzionari dell’Ufficio, era notificato alla Menfi Industria s.p.a. un avviso d’accertamento relativo all’anno d’imposta 2004, con il quale si rideterminava l’imponibile ai fini Ires in Euro 4.420.246,00, l’imponibile ai fini Irap in Euro 9.535.249,00, una maggiore imposta Iva in Euro 1.391.229,00. Erano in particolare rilevati costi indeducibili per consulenze commerciali pari ad Euro 31.087,36, ammortamenti indeducibili per Euro 74.491,11, costi indeducibili per operazioni con paesi a fiscalità privilegiata per Euro 3.230.608,04, Iva dovuta per operazioni triangolari che non rispettavano i presupposti indicati dal D.L. n. 331 del 1993, art. 58, convertito con modificazioni in L. n. 427 del 1993, pari ad Euro 1.384.882,76.
La contribuente aveva proposto impugnazione avverso l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, accolta su tutte le voci, ad eccezione di quelle relative all’indeducibilità degli ammortamenti. La sentenza era confermata dalla Commissione Regionale, che rigettava l’appello principale della Agenzia e quello incidentale della società.
l’Agenzia censura la sentenza con cinque motivi:
con il primo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo alla riconosciuta deducibilità dei costi per consulenze commerciali, che al contrario per l’Amministrazione sarebbero oggettivamente indeterminabili;
con il secondo l’omessa o l’insufficiente motivazione su un punto di fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine all’annullamento dell’atto impositivo sulla ripresa dei costi per le operazioni compiute con Stati ricompresi nella cd. black list;
con il terzo la violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 302 e 303, del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata applicazione della sanzione prevista dall’art. 8, comma 3 bis, cit.;
con il quarto l’omessa o insufficiente motivazione su un punto di fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver erroneamente ritenuto non assoggettabili ad Iva le operazioni triangolari messe in atto dalla contribuente quale prima cedente;
con il quinto la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 58, cit., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la sentenza non aveva ritenuto necessario che la spedizione all’estero (intracomunitaria) della merce dovesse avvenire ad opera del primo cedente.
Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza.
Si è costituita la società, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’intero ricorso perchè con i motivi di impugnazione si pretendeva un riesame nel merito dell’intera vicenda; ha contestato in ogni caso la fondatezza dei motivi, di cui ha chiesto il rigetto; ha spiegato inoltre ricorso incidentale censurando la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver errato la sentenza nel rigettare il ricorso originario in ordine alla ripresa a tassazione di costi per ammortamento.
All’udienza pubblica del 14 febbraio 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti hanno concluso e la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve pregiudizialmentè verificarsi la procedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.
Infatti, a fronte della dichiarata notifica della sentenza per il decorso del termine breve di impugnazione previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con l’art. 326 c.p.c., è necessario verificare che il ricorrente abbia depositato la relata di notificazione del provvedimento impugnato.
In tema di ricorso per cassazione si afferma pacificamente che, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’ improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, perchè la procedibilità costituisce una verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità. Neppure il deposito di una ulteriore istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, con ad essa allegata anche la relata di notifica della sentenza gravata, avvenuto in data successiva alla comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, impedisce la menzionata sanzione, atteso che il detto deposito deve avvenire a tal fine entro il termine perentorio di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, nè peraltro è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass., ord. n. 21386/2017). D’altronde trattasi di un accertamento finalizzato al vaglio di procedibilità del ricorso, che in rapporto alla finalità e alle rigorose conseguenze prescritte dal legislatore, va eseguito anche d’ufficio (cfr. Cass., sent. N. 1295/2018).
Nel caso di specie risulta che la stessa parte ricorrente ha dichiarato che la sentenza era stata notificata; e a tal fine anche il P.G. in sede di discussione aveva chiesto di verificare la allegazione della sentenza impugnata con la relata di notifica. Nulla invece è stato rinvenuto agli atti di causa.
Ne discende che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza, nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso; condanna l’Agenzia al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 14.800,00, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018