Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.30449 del 23/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19942-2015 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 121, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE VETERE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.G., OR.GI., O.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TANGORRA 12, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CATRICALA’, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO BRIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 532/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2018 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, conclude con il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

L’Azienda Agricola Eredi O.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 193/96 emesso dal Pretore di Castrovillari in data 3 ottobre 1996 e, con il quale veniva ingiunto il pagamento in favore di A.C. dell’importo di Lire 10.912.000, per lavori seguiti ed asseritamente non pagati. A sostegno dell’opposizione l’opponente esponeva di avere concordato con la parte opposta all’atto di esecuzione dei lavori di cui alle fatture n. ***** un corrispettivo pari a Lire 18.540.000 da pagare con modalità dilazionata e di cui aveva versato nel periodo 31.12.1994 al 31.5.1995 la somma di Lire 14.000.000 a mezzo 9 assegni bancari di cui allegava le matrici. Residuato, pertanto, del credito originario soltanto la somma di Lire 4.540.300 corrispondente alla fattura n. *****, avendo interamente saldato il credito portato dalle due precedenti fatture, concludeva, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese.

Si costituiva in giudizio A.C. ed ammetteva di avere ricevuto l’importo di Lire 14.000.000 di cui però imputava Lire 1.125.000 alla fornitura di 5 quintali di grano da semina al prezzo concordato di Lire 45.000 al quintale e Lire 5.220.000 a lavori di preparazione del terreno, trattamento, scavo e semina di un campo di barbabietola da zucchero, eseguiti nel periodo dal 2 marzo al 22 maggio 1995 da Pugliese Antonio al quale esso A. aveva corrisposto le indicate somme in accordo con l’opponente. Chiedeva venisse concessa la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto o, in subordine, che venisse emessa ordinanza ex art. 186 bis, limitatamente alle somme non contestate.

Il Giudice adito, rigettava la richiesta di concessione della provvisoria esecutività al decreto ed emetteva, invece, ordinanza di pagamento di Euro 4.540.300 non contestate.

Espletata la fase istruttoria, il Tribunale di Castrovillari, con sentenza in data 3 luglio 2008, rigettava l’opposizione, compensava le spese di lite.

Avverso questa sentenza proponevano appello O.G., O.F. ed Or.Gi., quali contitolari dell’Azienda Agricola eredi O.A. per censurare la sentenza con riguardo alla motivazione, imperniata essenzialmente sulla mancanza di prova dipesa dalla mancanza del fascicolo di parte opponente; lamentavano, invero, che il giudice non avesse considerato che la stessa parte opposta aveva ammesso di aver ricevuto i pagamenti ed aveva soltanto imputato gli stessi a causali diverse dalle fatture azionate in giudizio.

Si costituiva A.C. per eccepire l’inammissibilità dell’appello per tardività e per chiederne, in subordine, il rigetto.

Spiega appello incidentale avverso la statuizione di compensazione delle spese di lite.

La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 532 del 2015 rigettava l’appello incidentale ed accoglieva, per quanto di ragione, l’appello principale, revocava il decreto ingiuntivo e condannava i sigg. O. al pagamento in favore di A. dell’importo di Euro 14,10 oltre interessi dalla domanda al soddisfo, compensava le spese del doppio grado del giudizio. secondo al Corte di appello di Catanzaro, posto che le tre fatture azionate in giudizio (*****) portavano un debito complessivo di Lire 18.567.300; in relazione a tale importo l’Impresa O. ha dimostrato di aver eseguito in epoca antecedente all’emissione del decreto ingiuntivo pagamenti per Lire 14.000.000 residua, quindi, un importo a debito di Lire 4.567.300; in relazione a tale importo risulta emessa ordinanza di ingiunzione di somme non contestate per Lire 4.540.000 ritualmente incassata dall’ A. sin dal 1998 sia pure a seguito di procedimento esecutivo, residua quindi ad oggi un credito di Lire 27.300 pari ad Euro 14,10.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.C. con ricorso affidato a due motivi, nonostante, la numerazione indicherebbe l’esistenza di tre motivi, epperò, il motivo indicato come numero due, è considerato dallo stesso ricorrente come un profilo del primo motivo.

I sigg. O. ( G., F., Gi.) hanno resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo (e secondo motivo) di ricorso A.C. lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (motivo due) nonchè la violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale nel ritenere decaduto l’appellante incidentale (attuale ricorrente) dalla prova testimoniale, volta a dimostrare che i conferimenti di denaro effettuati dai sigg. O. era imputabili ad altri debiti, non avrebbe esaminato l’appello nella parte in cui censurava il capo della sentenza di primo grado, che aveva confermato l’ordinanza con la quale aveva dichiarato parte opposta decaduta dalla prova testimoniale. Ove la Corte distrettuale avesse esaminato l’appello nella parte di cui si dice, avrebbe rilevato che, erroneamente, il Tribunale aveva con ordinanza dichiarata la decadenza della parte dalla prova testimoniale perchè avrebbe accertato che il Tribunale non avrebbe dovuto pronunciare la decadenza di cui si dice perchè la mancata citazione dei testi per l’udienza di rinvio era stata fissata per altre incombenze e, non per raccogliere la prova testimoniale.

b) E di più, la Corte distrettuale non avrebbe neppure tenuto conto che la parte opponente non avrebbe contestato la dedotta imputazione dei pagamenti di cui si dice ad altri debiti. Sicchè, in mancanza di una esplicita contestazione, la Corte avrebbe dovuto ritenere per dimostrato che i pagamenti di cui si dice erano imputabili come sostenuto da parte opposta a debiti diversi da quelli oggetto del giudizio.

1.1.= Il motivo, pur tralasciando i profili di inammissibilità, posto che il ricorrente, pur facendo riferimento ad uno specifico motivo di appello non riporta, come avrebbe dovuto, il motivo di appello, nella sua autentica formulazione, per dare modo a questa Corte di verificare i termini con i quali aveva impugnato il capo della sentenza che ha dichiarato A. Cosimo decaduto dalla prova testimoniale, è infondato, non solo, perchè deduce un omesso esame di un motivo di appello e non già un omesso esame di un fatto, che andava denunciato, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., ma, e, soprattutto, e/o, comunque, perchè la sentenza impugnata non ha omesso di valutare la circostanza che il ricorrente deduce e, cioè, la decadenza dalla prova testimoniale pronunciata dal Tribunale in primo grado perchè sia pure indirettamente o in forma sintetica la Corte distrettuale ha confermato la decadenza dalla prova testimoniale di cui si dice, ponendo la mancata prova, da parte di A.C., di altro credito diverso da quello dedotto in giudizio, a fondamento della stessa decisione.

Il ricorrente, per altro, non può pretendere che questa Corte si sostituisca alla Corte distrettuale per valutare se sussistessero i giusti motivi, oppure no, perchè l’ordinanza di decadenza della prova della parte del diritto di far escutere i testi, posto che il compito di questa Corte è quello di valutare la legittimità della sentenza in diritto, ma non quello di compiere valutazioni di merito di esclusiva competenza del giudice del merito. Senza dire che, il ricorrente omette, altresì, di riferire se, ai sensi dell’art. 208 c.p.c., abbia chiesto, nell’udienza successiva, al giudice la revoca dell’ordinanza che ha pronunciato la decadenza dal diritto di assumere la prova e se avesse dimostrato che la mancata comparizione era stata cagionata da una causa alla stessa non imputabile.

1.1.a) Il rigetto di questo primo profilo del motivo in esame assorbe ogni altro profilo dello stesso motivo, posto che non essendo stata dimostrata l’esistenza tra le parti di altro rapporto oltre quello dedotto ed oggetto del presente giudizio rimane inconferente la deduzione di una violazione della normativa di cui all’art. 1193 c.c., per mancanza dei presupposti, cioè, la sussistenza di più rapporti di debito tra le stesse parti.

Così come inconferente e generica, perchè non va oltre una semplice affermazione, è la tesi del ricorrente, secondo la quale, la Corte non avrebbe considerato che gli attuali intimati non avevano contestato o disconosciuta l’esistenza di altro rapporto tra le stesse perchè emerge dalla stessa sentenza impugnata che gli attuali intimati hanno sempre affermato di aver corrisposto le somme riportate dalle fatture oggetto del presente giudizio, mediante il versamento degli importi di cui si dice (sia pure parziali e, successivamente, integrati in ragione di un’ordinanza richiamata dalla sentenza a pag. 5) e tanto era sufficiente per escludere il dedotto inadempimento, posto a fondamento dello stesso decreto ingiuntivo.

2.= Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, motivando la compensazione delle spese in relazione alla pronuncia dalla stessa adottata in secondo grado non si è pronunciata correttamente sull’appello incidentale proposto che, invece, avrebbe dovuto esser accolto perchè palesemente fondato in fatto ed in diritto.

2.1.= Il motivo è inammissibile, a parte la non facile comprensione e della censura, tuttavia, va detto che la censura della disposta compensazione è fondata su un presupposto non sussistente e, cioè, sulla fondatezza dell’appello incidentale, che non risulta sia stata mai affermata.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza va condannato a rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.500,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 7 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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