LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6093/2015 R.G. proposto da:
G.S., rappresentate e difese dall’avv. Walter Parise, con domicilio eletto in Mesoraca, Via Aldo Moro n. 21.
– ricorrente –
contro
G.N., G.M., G.C., G.A..
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1815/2014, depositata il 11.12.2014.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 1.9.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
G.S., nella qualità di comproprietario di un appezzamento di terreno sito in località ***** (attuale *****), in frazione di *****, confinante con i fondi di R.F. e con le abitazioni di G.N. e D., ha proposto domanda di reintegra nel possesso, assumendo che i resistenti avevano impedito il passaggio precedentemente esercitato su una striscia di terreno, cui si accedeva attraverso un cancelletto posto a valle della rete che fungeva da recinzione, accatastandovi legna da ardere.
Il Tribunale, all’esito del giudizio di merito, ha respinto la domanda. Proposto appello da G.S. e disposta l’interruzione a seguito del decesso di G.D., il giudizio è stato riassunto nei confronti degli eredi e, all’esito, la Corte di appello ha confermato la sentenza impugnata.
Il Giudice distrettuale ha rilevato che il fondo dell’appellante aveva forma rettangolare (part. *****), con andamento altimetrico declinante (dal lato nord/ovest a confine con la locale ***** e verso il lato a sud/est, a confine con la particella *****) e che il declivio era stato stabilizzato da un terrazzamento collocato nel mezzo del terreno, ottenendo due porzioni pianeggianti, rispettivamente a ridosso della ***** e della part. *****; che nel tratto a sud/ovest il fondo confinava con una striscia di terreno utilizzata come strada di transito, suddivisa in due particelle, la n. ***** (confinante con *****) e la n. ***** (confinante con la part. *****); che tra la striscia di terreno e la proprietà del ricorrente sussisteva una recinzione al lato della quale i resistenti avevano collocato le fascine di legna.
Ha altresì rilevato che il ricorrente, per accedere alla part. *****, doveva transitare attraverso un cancello posto nel secondo tratto di strada, ma ha ritenuto indimostrato il possesso, sostenendo che, dalle dichiarazioni dell’informatore T.F. e dagli accertamenti del c.t.u. era emerso che la part. ***** era accessibile direttamente da ***** e che solo successivamente era stato realizzato un muro di separazione che rendeva impossibile l’accesso diretto dalla via pubblica.
Ha giudicato inammissibili le prove per testi, in quanto formulate tardivamente e vertenti su circostanze diverse da quelle capitolate nelle richieste istruttorie formulate nel ricorso per reintegra nel possesso.
Per la cassazione della sentenza G.S. ha proposto ricorso in due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, assumendo che il giudice d’appello avrebbe dato rilievo solo alla foto prodotta dal ricorrente e a quelle scattate dal c.t.u., non esaminando i quattro rilievi fotografici depositati da G.N., dal quale si evinceva la preesistenza del muro di separazione del fondo dalla via pubblica, rispetto alla data di deposito del ricorso; che il c.t.u. aveva riferito di non essere in condizione di stabilire se lo stato dei luoghi avesse subito modificazioni, essendo quindi provato che nessuna modifica era stata apportata ai fondi sin dalla data di realizzazione della *****; che l’unica foto esaminata dal giudice distrettuale riproduceva solo la parte inferiore dei fondi e non quella, superiore, ove era collocato il muro; che quindi, tenuto conto delle suddette risultanze probatorie, non poteva darsi credito alle dichiarazioni di T.F., che aveva escluso che il ricorrente avesse esercitato il passaggio.
Il secondo motivo censura la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la sentenza omesso di esaminare e porre in comparazione con gli altri rilievi, le quattro foto prodotte dal resistente rappresentanti lo stato dei luoghi, senza motivare sul punto e senza specificare quali foto allegate alla consulenza tecnica fossero state effettivamente valutate; che, per contro, dalla comparazione delle foto, era dato rilevare che l’unico muro esistente in loco risaliva all’epoca di costruzione della strada pubblica, dal che risultava che il fondo era accessibile solo tramite il passaggio ostruito, essendo sin dall’inizio separato da ***** proprio dal muro evidenziato dalle foto. La sentenza avrebbe erroneamente escluso la sussistenza di un cancelletto dal quale si accedeva al tratto asservito, sebbene il ricorrente avesse dedotto l’esistenza di un varco che dalla via pubblica conduceva al tracciato su cui era esercitato il passaggio.
2. I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, vertendo su questioni strettamente connesse, devono essere respinti.
La sentenza ha ritenuto indimostrato il possesso della servitù di passaggio, ritenendo che quanto dichiarato dall’informatrice M.R., che aveva confermato l’esercizio del transito sulla strada mediante mezzi meccanici e attraverso i due varchi presenti in zona, fosse contraddetto dalle contrarie dichiarazioni di T.F., dichiarazioni che ha ritenuto avvalorate dai rilievi fotografici prodotti in primo grado da G.S. e da quelli effettuati dal consulente tecnico.
Le critiche sollevate dal ricorrente procedono – anzitutto – da un presupposto contraddetto dalla sentenza impugnata e cioè che il consulente avrebbe escluso modifiche dello stato dei luoghi dall’epoca di inizio del passaggio mentre, già in base a quanto sostenuto in ricorso, egli sì era limitato a dichiarare di non poter riferire alcunchè in proposito, non confermando affatto la ricostruzione delle vicende di causa prospettata dal ricorrente.
Parimenti dal ricorso nulla di più specifico è dato arguire riguardo alla fase e al grado in cui sono state prodotti, considerato che di dette foto non si fa menzione nella sentenza impugnata.
Inoltre, la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni di T.F. ed il rilievo prevalente conferito alle foto prese in considerazione nei gradi di merito rispetto alle altre acquisizioni processuali non sono censurabili nei termini dedotti dal ricorrente, poichè l’apprezzamento delle prove è rimessa al giudice di merito, cui compete operare il giudizio di prevalenza tra le diverse risultanze processuale ed individuare quelle ritenute idonee a sostenere la decisione (Cass. 23940/2017; Cass. 24434/2016; Cass. 27000/2016; Cass. s.u. 8053/2014).
Parimenti, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può prospettarsi solo per sostenere che il giudice di merito non abbia posto a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, o abbia disatteso tale principio dichiarando di non doverlo osservare, o contraddicendolo implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove assunte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di indagine (Cass. 27000/2016; Cass. 26965/2007; Cass. 20119/2009; Cass. 13960/2014).
Poichè inoltre l’art. 116 c.p.c., prescrive al giudice di valutare le prove con prudente apprezzamento a meno che la legge non disponga altrimenti, la violazione della predetta disposizione si configura solo: a) se il giudice di merito abbia valutato una determinata prova per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza processuale (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova legale. In nessun caso è invece consentito contestare la decisione – sotto i profili dedotti in ricorso – per il modo in cui il giudice abbia apprezzato la credibilità delle testimonianze o degli informatori, comparato le risultanze processuali e selezionato quelle ritenute idonee a sostenere la decisione.
Il ricorso è quindi respinto.
Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva. Sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Si dà atto che il ricorrente è tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018