Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.30613 del 27/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Domenico – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2848-2017 proposto da:

A.R., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO LORIA giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.V., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIO CARUCCI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

PETALI SRL, P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 518/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 30/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/09/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto notificato in data 15/10/2012, D.G.V. intimava alla società Petali s.r.l. sfratto per morosità nel pagamento di due rate del canone di locazione di un immobile sito in ***** e la conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno per la relativa convalida; citava, altresì, A.R. e P.A. quali garanti in base a garanzia personale a prima richiesta, per sentir emettere nei loro confronti, in solido con la conduttrice, ingiunzione di pagamento dei canoni non pagati e di quelli a venire. Si costituiva la Petali s.r.l., che sollevava opposizione allo sfratto, eccependo di aver sospeso il pagamento dei canoni a causa delle copiose infiltrazioni di acque nere dovute a cattiva manutenzione dell’impianto condominiale, tempestivamente denunciate, tali da rendere inutilizzabile il suddetto locale. Si costituiva, altresì, Rocco A. il quale assumeva di non essere legittimato per effetto della cessione delle partecipazioni sociali, chiedendo di chiamare in causa, per la garanzia ricevuta al tempo del passaggio delle quote sociali, D.R.M., cessionaria della quota di partecipazione nella società conduttrice, e, nel merito, aderiva alle difese della società.

2. Con sentenza n. 73/2014, il Tribunale di Salerno accoglieva la domanda della locatrice e dichiarava risolto il contratto per inadempimento della conduttrice, confermando l’ordinanza di rilascio e condannando la società conduttrice, in solido con i fideiussori, al pagamento della somma di Euro 8.800,00, per i canoni insoluti, oltre al pagamento delle spese processuali.

3. Con ricorso depositato in data 19/3/2014, A.R. impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Salerno, deducendo, tra l’altro, l’omesso esame da parte del giudice di prime cure della chiamata in causa del terzo D.R.M., e, pertanto, la violazione del principio del contraddittorio e la nullità della sentenza. Instaurato il contraddittorio, rimasti contumaci la Petali s.r.l. e P.A., si costituiva D.G.V., la quale resisteva ai motivi di gravame.

4. Con sentenza n. 518/2016, depositata in data 30/9/2016, la Corte d’Appello di Salerno rigettava l’appello e rilevava che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva era stata rigettata dal Tribunale mentre il motivo di gravame, come formulato, “non coglie e non contesta le ragioni della decisione in ordine al rapporto tra la vicenda societaria e la garanzia, con la conseguenza che la questione dell’autorizzazione alla chiamata in causa del terzo cessionario della quota non può essere esaminata mancandone i presupposti”. Confermava, pertanto, integralmente la sentenza impugnata e condannava A.R. al pagamento delle spese liquidate in Euro 2.000,00.

5. Con ricorso notificato in data 22/12/2016-3/1/2017, A.R. impugnava la sentenza n. 518/2016 innanzi a questa Corte, deducendo un unico motivo di ricorso. D.G.V. resisteva con controricorso notificato in data 14/2/2017, chiedendo il rigetto del ricorso per inammissibilità.

RILEVATO IN DIRITTO 1. Con unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di legge e delle norme di diritto e comunque error in iudicando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per omessa pronuncia sulla richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa in garanzia del terzo in relazione agli artt. 34,99,100,101,102,103,108,109,112,113,115,116,132,156 e 161 c.p.c., in combinato disposto degli artt. 1272 e/o 1273 c.c.; error in procedendo con conseguente nullità della sentenza e del procedimento a causa di vizio di ultrapetizione e/o extrapetizione da omessa pronuncia per omessa motivazione, motivazione apparente, manifesta ed irriducibile contraddittorietà, motivazione incomprensibile in violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; omesso esame circa fatti controversi decisivi per il giudizio in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, a causa del vizio di ultrapetizione e/o extrapetizione da omessa pronuncia.

2. Il motivo è inammissibile sotto più profili.

2.1. La Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del gravame in ragione di una mancata specifica censura, da parte dell’appellante, dei motivi per cui il Tribunale ha – in tesi – errato nel ritenere di non dover estendere il contraddittorio alla garante, nella considerazione che non vi fosse una situazione di litisconsorzio necessario, prospettato dal convenuto chiamante, o la violazione di un non meglio precisato principio del contraddittorio.

2.2. Il carattere a critica vincolata del giudizio di legittimità, delimitato da motivi di ricorso tassativi e specifici, da collegarsi a una norma sostanziale o processuale violata, o a un’omessa pronuncia, esige, uno stretto collegamento alla ratio decidendi. Pertanto, il ricorso presenta profili di violazione del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 (Cass. civ., sez. 6, n. 187/2014; Cass. civ., sez. L., n. 5024/2002) proprio perchè non specifica in quali termini tale decisione di inammissibilità abbia omesso di considerare una domanda altrimenti posta in sede di appello.

2.3. In particolare si osserva che, secondo giurisprudenza da tempo conforme, il giudice ha una discrezionalità “vincolata” nel decidere se non autorizzare la chiamata di terzo effettuata dal convenuto nel costituirsi, pur se intervenuta tempestivamente, statuendo che nell’esercitare tale potere discrezionale non direttamente evincibile dall’art. 269 c.p.c., comma 2, ma ricavabile dalle norme processuali che regolano l’intervento di terzo facoltativo (art. 106 c.p.c.), il giudice deve motivare le ragioni sottostanti al diniego di autorizzazione, altrimenti dovuta per rispetto del principio del contraddittorio e di parità delle armi, che impone di considerare che una controversia che origina da una medesima vicenda sia trattata unitariamente e senza dispendio di energie (Corte Cost. n-80/1997; Sez. 3, Sentenza n. 15362 del 06/07/2006; Sez. 3, Sentenza n. 10682 del 24/04/2008, Cass. SU n 4309/2010 e Cass., Sez 3 9570/2015;).

2.4. La questione, in sostanza, è stata decisa dai Giudici di merito sulla scorta dell’interpretazione corrente data all’art. 269 c.p.c., comma 2, nel senso che dà facoltà al giudice di ritenere non necessaria, e dunque non autorizzabile, la discussione di un rapporto tra convenuto e terzo chiamato collegato alla controversia principale, e ciò dopo avere esaminato il contenuto dell’obbligazione del terzo, non in grado di estinguere o modificare ex latere debitoris l’obbligazione nei confronti dell’attore.

2.5. Senonchè, nel caso specifico non è in contestazione che i giudici di merito abbiano preliminarmente ritenuto non necessaria la chiamata del terzo per il fatto che la difesa principale del convenuto, qui ricorrente, era per lo più prospettata in termini di carenza di una sua legittimazione passiva in virtù della operata cessione di quote al terzo suo garante, fatto ritenuto del tutto indifferente al rapporto principale per cui il ricorrente è stato convenuto in giudizio quale garante personale, in virtù di una garanzia autonoma a prima richiesta, dell’obbligazione della società, che non si è estinta con il passaggio delle quote sociali al terzo.

2.6. Il convenuto qui ricorrente contesta, semmai, che i giudici di merito non si siano pronunciati sulla chiamata del terzo prospettata anche al fine di far valere la garanzia sua propria e personale ricevuta dal terzo, collegata all’obbligazione principale.

2.7. Orbene, anche ove si dovesse ritenere che il Giudice dell’appello abbia omesso di pronunciarsi tout court sulla richiesta di autorizzazione alla chiamata del terzo “in garanzia” svolta dal convenuto in via residuale o alternativa – su cui il Giudice non si è a sua volta pronunciato – o abbia male interpretato la sentenza del giudice di primo grado o il motivo di appello (il che invero apparterrebbe al novero dei vizi revocatori non deducibili in tale sede), nell’ impugnare la sentenza in esame, il ricorrente avrebbe dovuto indicare la ragione per cui la suddetta omissione di pronuncia sulla chiamata di terzo in garanzia abbia definitivamente pregiudicato un suo diritto di difesa o di agire nei confronti del terzo.

2.8. L’omessa attività processuale – ove sussistente – non ha, invero, rilievo se manca l’indicazione di un pregiudizio in concreto subito, poichè per giurisprudenza consolidata i vizi formali e processuali dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato “error in procedendo”, con conseguente onere dell’impugnante di indicare il danno concreto arrecatogli dall’invocata nullità processuale, sicchè quando il ricorrente non chiarisce quale pregiudizio, a parte la astratta violazione del principio del contraddittorio o della parità delle armi, sia derivato alla sua difesa dal provvedimento adottato dal giudice di merito, l’impugnazione è inammissibile (cfr. Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 2626 del 02/02/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15676 del 09/07/2014; Sez. 3, Sentenza n. 5659 del 09/03/2010).

2.9. Il ricorrente, pertanto, è incorso in tale specifico motivo di inammissibilità, in quanto non ha indicato in quali termini tale violazione abbia pregiudicato un suo diritto processuale o sostanziale di agire nei confronti del terzo, e ha affidato la sua censura alla denuncia di un generico vizio di omessa pronuncia sulla denunciata inerzia processuale e di lesione del principio del contraddittorio, senza nemmeno far riferimento all’art. 269 c.p.c., comma 2, applicato dai giudici di merito secondo parametri di discrezionalità conformi a quelli indicati dalla giurisprudenza, poichè il giudice, nel negare la chiamata del terzo chiesta dal convenuto, ha il dovere di soppesare il diritto di estendere il contraddittorio al terzo con ragioni di economia processuale (v. sopra p. 3) e, nel caso specifico, tale attività risulta essere stata comunque espletata.

3. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile con ogni conseguenza in ordine alle spese.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018

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