LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25050/2017 proposto da:
B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI CARRARESI 4/B, presso lo studio dell’avvocato MARIO BARBATI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 22/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
B.A. ebbe a proporre istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo per l’eccessiva durata di procedimento avanti la Giustizia amministrativa – TAR Campania – ancora pendente al momento della proposizione dell’istanza ex lege n. 89 del 2001.
La Corte d’Appello di Roma ebbe a dichiarare il ricorso improponibile poichè l’istante non aveva documentato l’avvenuta previa presentazione, nel procedimento amministrativo presupposto, dell’istanza di prelievo siccome previsto dal D.L. n. 112 del 2008, art. 54 e successiva modifica apportata con D.Lgs. n. 104 del 2010.
Il B. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Il Ministero delle Finanze, regolarmente evocato, ha non resistito in questo giudizio di legittimità, mentre il ricorrente in prossimità dell’adunanza ha depositato scritto difensivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal B. s’appalesa siccome fondato e va accolto.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, posto che il Collegio romano aveva esaminata la prima delle due istanze da lui depositate presso la Cancelleria del TAR il 9.11.2011 – il giorno prima della proposizione del ricorso ex lege n. 89 del 2001 – ma non anche adeguatamente la seconda che a tutti gli effetti configurava la prescritta istanza di prelievo, mentre venne ritenuta mera istanza sollecitatoria. Con la seconda ragione d’impugnazione il B. lamenta che la Corte capitolina non ebbe a rilevare come la norma che imponeva, quale presupposto essenziale per agire ex lege n. 89 del 2001, l’avvenuta presentazione dell’istanza di prelievo avanti il Giudice amministrativo fosse in contrasto con l’insegnamento desumibile dalla giurisprudenza della Corte Edu proprio in subiecta materia.
Il primo mezzo d’impugnazione appare fondato nella denunziata prospettiva dell’omesso esame di fatto decisivo ossia del contenuto sostanziale dell’istanza, qualificata dai Giudici romani siccome genericamente di fissazione udienza, effettivamente presentata dal B. alla Cancelleria del Giudice amministrativo il giorno prima del deposito del ricorso ex lege Pinto.
L’accoglimento del primo mezzo d’impugnazione comporta l’assorbimento dell’ ulteriore censura proposta dal B..
La Corte capitolina ha escluso che il ricorrente abbia presentato la prescritta istanza di prelievo ed un tanto sulla base della documentazione acquista e dall’osservazione che le istanze presentate non avevano le caratteristiche richieste per qualificarle siccome “di prelievo”.
Il ricorrente contesta detta conclusione sottolineando come egli ebbe a presentare il 9.11.2011 siffatta istanza avanti il T.A.R. Campania, anche se per errore materiale ebbe a richiamare la norma del 1907 anzichè del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 71.
In effetti l’istanza di prelievo non ha forma appositamente individuata, sicchè la citata istanza, effettivamente presentata nel corso della pendenza del procedimento giurisdizionale avanti il Giudice amministrativo dal ricorrente, deve esser puntualmente esaminate non risultando positivamente individuato uno schema tipico dell’atto in questione.
Difatti, a leggere il dato testuale delle norme, che nel tempo hanno regolato l’istanza di prelievo nell’ambito del procedimento giurisdizionale avanti il Giudice amministrativo – R.D. n. 647 del 1907, art. 51 comma 2 ed D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 71, comma 2, è ben vero che l’istanza di prelievo risulta positivamente differenziata dall’istanza di fissazione udienza, ma detta prima istanza non risulta tipizzata quanto alla forma nelle due norme citate,bensì ne viene esclusivamente descritta la sua funzione ossia segnalare al Giudice l’urgenza della definizione del procedimento pendente.
Dunque, se l’istanza di fissazione udienza, specie con la nuova disposizione normativa del 2010 assume una sua forma tipica – da presentare entro l’anno dal deposito del ricorso – in correlazione con la declaratoria di perenzione del procedimento in suo difetto; l’istanza di prelievo rimane sempre individuata esclusivamente mediante la sua finalità di sollecitazione alla definizione del procedimento pendente.
Di conseguenza, come già rilevato da questa Corte – Cass. sez. 2 n 4323/2018 – era onere del Giudice di merito, non già, limitasi a recepire la formale denominazione dell’istanze – pacificamente presentate al Giudice amministrativo dal ricorrente – per quanto desumibile da attestazioni burocratiche – ruolo cancelleria Tar, bensì rilevare attraverso l’esame diretto dell’istanza depositata il 9.11.2011, se anche portava espressa sollecitazione alla definizione del procedimento, segnalandone l’urgenza, in armonia con il tenore letterale e lo scopo desumibile dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 71.
Non soccorre l’insegnamento di questa Corte Suprema – da ultimo Cass. sez. 2 n 16404/16 – riguardo alla necessità dell’istanza di prelievo nel giudizio avanti il Giudice amministrativo, poichè non appare attenere alla specifica questione dibattuta in questa causa.
Il richiamato insegnamento si limita a ribadire la necessità della proposizione dell’istanza di prelievo per poter avviare il procedimento, ex lege n. 89 del 2001 e, non già, a descriverne la strutturazione formale ovvero sostanziale per individuare in concreto quale istanza possa qualificarsi “di prelievo”.
Di conseguenza il decreto impugnato va cassato e la questione rimessa alla Corte d’Appello di Roma, altra sezione,per nuovo esame alla luce del principio di diritto sopra individuato.
Il Giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso,cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 19 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018