Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.30931 del 29/11/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26749/2017 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato ESTER PERIFANO (Studio Legale Perifano – Di Giacomo & Partners), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 10/05/2017, R.G.n. 51093/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/07/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

FATTI DI CAUSA

R.M. ebbe a proporre istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo per l’eccessiva durata di procedimento avanti la Giustizia amministrativa – TAR Campania – ancora pendente al momento della proposizione dell’istanza ex lege n. 89 del 2001.

La Corte d’Appello di Roma ebbe a dichiarare improponibile il ricorso poichè l’istante non aveva documentato l’avvenuta previa presentazione, nel procedimento amministrativo presupposto, dell’istanza di prelievo siccome previsto dal D.L. n. 112 del 2008, art. 54 e successiva modifica apportata con D.Lgs. n. 104 del 2010.

Il R. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

Il Ministero delle Finanze, benchè regolarmente evocato, non ha resistito in questo giudizio di legittimità, mentre il ricorrente in prossimità dell’adunanza ha depositato scritto difensivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal R. s’appalesa siccome fondato e va accolto.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia la violazione dell’art 6 Convenzione dei diritti dell’Uomo e correlate norme costituzionali ex artt. 10 e 11 Cost., nonchè del disposto in L. n. 89 del 2001, art. 2 ed D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, poichè la Corte capitolina non ebbe a considerare che, nel procedimento presupposto, furono depositate ben due istanze sollecitatorie la sua pronta definizione.

Istanze malamente qualificate dai Giudici romani siccome non assimilabili a quella di prelievo ed un tento senza tenere in considerazione l’insegnamento della giurisprudenza della Corte Edu proprio in subiecta materia.

Con la seconda doglianza il R. deduce illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 4, comma 2, per contrasto con gli artt. 10,11 e 117 Cost., in riferimento agli artt. 6, 13 e 41 della CEDU.

Reputa il ricorrente che il presupposto processuale richiesto dalla normativa italiana si ponga in contrasto con la disciplina convenzionale,siccome interpretata dalla Corte Edu, specie con relazione alla sentenza Olivieri che ha avuto riguardo proprio alla natura e funzione dell’istanza di prelievo, oggetto di questa causa.

Il primo mezzo d’impugnazione appare fondato,anche se non nella prospettiva formale della violazione di legge – vizio denunziato dalla parte in ricorso, bensì sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, che in effetti si ricava siccome denunciato nella concreta argomentazione critica esposta in ricorso.

L’accoglimento del primo mezzo d’impugnazione supera la questione di costituzionalità afferente la norma in D.L. n. 112 del 2008, art. 54, per altro già sottoposta alla Corte costituzionale.

La Corte capitolina appare aver ritenuto l’istanza di prelievo siccome avente forma appositamente individuata, sicchè le istanze,effettivamente presentate nel corso della pendenza del procedimento giurisdizionale avanti il Giudice amministrativo dal ricorrente, non risultavano riconducibili a detto schema tipico.

Invece, a leggere il dato testuale delle norme, che nel tempo hanno regolato l’istanza di prelievo nell’ambito del procedimento giurisdizionale avanti il Giudice amministrativo – R.D. n. 647 del 1907, art. 51, comma 2 ed D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 71, comma 2, è ben vero che l’istanza di prelievo risulta positivamente differenziata dall’istanza di fissazione udienza, ma detta prima istanza non risulta tipizzata quanto alla forma nelle due norme citate, bensì ne viene esclusivamente descritta la sua funzione ossia segnalare al Giudice l’urgenza della definizione del procedimento pendente.

Dunque, se l’istanza di fissazione udienza, specie con la nova disposizione normativa del 2010 assume una sua forma tipica – da presentare entro l’anno dal deposito del ricorso – in correlazione con la declaratoria di perenzione del procedimento in suo difetto; l’istanza di prelievo rimane sempre individuata esclusivamente mediante la sua finalità di sollecitazione alla definizione del procedimento pendente.

Di conseguenza,come già rilevato da questa Corte – Cass. sez. 2 n 4323/2018 – era onere del Giudice di merito, non già, limitasi a recepire la formale denominazione dell’istanze – pacificamente presentate al Giudice amministrativo dal R. – per quanto desumibile da attestazioni burocratiche – ruolo cancelleria Tar, bensì rilevare attraverso l’esame diretto di dette istanze, se anche portavano espressa istanza di sollecitazione alla definizione del procedimento,segnalandone l’urgenza, in armonia con il tenore letterale e lo scopo desumibile dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 71.

Il cenno alla giurisprudenza di questa Corte Suprema, fatto in decreto dal Collegio romano – da ultimo Cass. sez. 2 n. 16404/16 -, non appare attenere alla specifica questione dibattuta in questa causa, poichè detto insegnamento si limita a ribadire la necessità della proposizione dell’istanza di prelievo per poter avviare il procedimento, ex lege n. 89 del 2001e, non già, a descriverne la strutturazione formale ovvero sostanziale per individuare in concreto quale istanza possa qualificarsi “di prelievo”.

Di conseguenza il decreto impugnato va cassato e la questione rimessa alla Corte d’Appello di Roma, altra sezione, per nuovo esame alla luce del principio di diritto sopra individuato.

Il Giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, altra sezione, che provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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