LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 12338/2013 proposto da:
Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via IV Novembre n. 144, presso la sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaela Fabbi e Lorella Frasconà giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** S.p.a., in persona del curatore Dott. Z.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Lorenzo Magalotti n. 15, presso lo studio dell’Avvocato Barbara Mioli, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1630/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA depositata il 26/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2018 dal cons. PAZZI ALBERTO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con assorbimento dei motivi contenuti nello stesso.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata in data 1 ottobre 2008 il Tribunale di Roma rigettava il ricorso presentato dall’I.N.A.I.L. L. Fall., ex art. 101 al fine di veder ammesso al passivo del fallimento di ***** s.p.a. il credito di Euro 53.323,6, relativo a premi assicurativi e penalità per gli anni 1993 e 1994, accogliendo l’eccezione di prescrizione decennale sollevata dalla procedura.
2. L’impugnazione proposta avverso questa statuizione veniva respinta, con sentenza depositata il 26 marzo 2012, dalla Corte d’Appello di Roma, la quale, pur riconoscendo la fondatezza dell’eccezione di interruzione della decorrenza del termine prescrizionale decennale con riferimento al fatto materiale della notificazione eseguita il 30 settembre 2004, rilevava la fondatezza della diversa eccezione con cui la procedura aveva rappresentato che non vi era prova dell’avvenuta notifica in data 30 novembre 1994 dell’ordinanza-ingiunzione emessa dall’I.N.A.I.L. per il recupero del proprio credito, di modo che trovava applicazione alla fattispecie in esame il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 9, lett. b), che risultava interamente decorso.
3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia l’I.N.A.I.L. al fine di far valere due motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso il fallimento di ***** s.p.a..
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Occorre rilevare, in limine, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività sollevata in via preliminare dalla procedura controricorrente.
4.1 La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che in tema di fallimento, ai sensi del combinato disposto del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92 nel testo applicabile ratione temporis, e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, artt. 1 e 3 le controversie aventi ad oggetto l’ammissione tardiva dei crediti al passivo non si sottraggono al principio della sospensione dei termini durante il periodo feriale, fatta eccezione per quelle riguardanti crediti di lavoro, le quali, pur dovendo essere trattate con il rito fallimentare, sono assoggettate al regime previsto dall’art. 3, che, escludendo l’applicabilità della sospensione alle controversie previste dall’art. 409 c.p.c. e ss., fa riferimento alla natura specifica della controversia, avente ad oggetto un rapporto individuale di lavoro (si vedano al riguardo Cass., Sez. U., n. 24665/2009, Cass. n. 24862/2015, Cass. n. 16494/2013, Cass. n. 17044/2011).
4.2 A mente della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3 il principio appena menzionato trova applicazione anche alle controversie previste dall’art. 442 c.p.c., ossia a quelle in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, nel cui novero devono ricomprendersi non soltanto quelle relative a prestazioni richieste dall’assicurato, ma anche quelle concernenti pretese degli istituti assicurativi nei confronti dei datori di lavoro, atteso che la ratio della disciplina derogatoria è identica in entrambe le categorie di cause ove si consideri che la sollecita definizione delle seconde è correlativa alla necessità degli istituti previdenziali di procurarsi i mezzi finanziari con i quali fornire le prestazioni dovute (cfr. Cass. n. 9863/2004, Cass. n. 2510/1997).
4.3 Nel caso di specie il ricorso avverso la sentenza d’appello, depositata in data 26 marzo 2012, è stato notificato il 9 maggio 2013, quando era oramai interamente decorso, tenuto conto dell’inapplicabilità alla fattispecie in esame della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, il termine di decadenza dall’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c..
L’intervenuta decadenza dall’impugnazione comporta l’inammissibilità del ricorso in esame, le cui doglianze rimangono assorbite da tale rilievo.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018