Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31440 del 05/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14946-2012 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato ANTONIO CEPPARULO, rappresentato e difeso dall’Avvocato ANDREA AMATUCCI giusta procura speciale estesa a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 185/51/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA depositata il 9 giugno 2011, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 ottobre 2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

Che:

I.F. ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 203/25/2009, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento IVA IRPEF IRAP per l’anno 1999;

il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 289 del 2002, art. 9, con il D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2-terdecies…; omessa motivazione su un punto decisivo per la controversia… in ordine all’applicabilità del D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2-terdecies”;

con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis e mancata applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39…; omessa motivazione su un punto decisivo per il giudizio”;

l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo motivo di ricorso si lamenta che la CTR avrebbe omesso di “motivare e di considerare… l’efficacia e l’applicabilità alla fattispecie in esame, del D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2-terdecies, che…(aveva esteso)… l’applicabilità del condono tombale ex art. 9 ad altre fattispecie, come quella in esame, in cui sia stato notificato un pvc in data 01 marzo 2001, anteriore al 31 dicembre 2002, e che da esso non fosse derivato un avviso di accertamento notificato prima del 12 agosto 2003”;

1.2. va osservato che in tema di condono fiscale, la notifica del verbale di constatazione costituisce causa ostativa al condono cd. tombale per anni pregressi a norma della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 14, come nella specie, persino per i contribuenti che non abbiano ancora ricevuto il conseguente avviso di accertamento alla data di entrata in vigore del D.L. 24 giugno 2003, n. 143, art. 1, comma 2-terdecies, introdotto dalla L. di conversione n. 212 del 2003; infatti questa previsione ha la funzione di precisare la portata del principio, escludendo l’efficacia preclusiva del verbale previamente notificato solamente nel caso in cui l’esito positivo della verifica fiscale sia smentito da una contraria determinazione dell’ufficio impositore, ovvero l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio sia stato annullato per autotutela, il che non si era verificato nella fattispecie in esame (cfr. Cass. nn. 34/2015, 13442/2012, 8616/2011);

1.3. la sentenza impugnata risulta quindi motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto sul punto avendo affermato che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, prevedeva quale causa ostativa per l’accesso alla procedura di definizione agevolata la notifica, alla data del 1^ gennaio 2003, di un processo verbale di constatazione, come nella specie;

2.1. con il secondo motivo si lamenta che la CTR avrebbe omesso di rilevare l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, in mancanza di riscontro o segnalazione di elementi reddituali non dichiarati ad esito della verifica fiscale;

2.2. la doglianza non può essere apprezzata da questa Corte a causa della mancanza di autosufficienza del ricorso, nel quale non è stato trascritto l’avviso di accertamento impugnato, cosicchè dal solo esame del ricorso non è dato rilevare il contenuto di tale atto impositivo in relazione alla violazione della normativa dianzi citata, che non sarebbe stata rilevata e dichiarata dalla CTR;

2.3. è opportuno comunque evidenziare, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, con principio a cui intende darsi continuità, che l’accertamento effettuato ai sensi del D.P.R. 600 del 1973, art. 41 bis o accertamento parziale non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, ai fini reddituali e al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, ai fini Iva, nè prevede limiti in relazione al metodo di accertamento induttivo, consentito, in linea di principio, anche in presenza di contabilità tenuta in modo regolare, quanto piuttosto una modalità procedurale che segue le stesse regole previste per gli accertamenti (cfr. ex multis, Cass. nn. 21984/2015, 5977/07, 2761/2009, 25335/2010, 27323/2014, 25989/2014);

2.4. Inoltre, come è stato anche chiarito, l’utilizzo dell’accertamento parziale è nella disponibilità degli uffici anche quando ad essi pervenga una segnalazione o processo verbale di constatazione della Guardia di finanza (Cass. n. 23729/2013) che fornisca elementi per ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba (neppure prima delle modifiche apportate nel 2004) essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta (Cass. n. 20496/2013);

2.5. pertanto, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, senza pregiudizio dell’ulteriore attività accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 43, possono procedere con l’accertamento parziale senza che sia richiesto all’ufficio di fornire la “prova certa” del maggior reddito, prova che può invece essere raggiunta anche con le presunzioni di cui alla fonte legale (qualora “risultino elementi” con l’accertamento parziale “possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili”, fatta sempre salva la possibilità per il contribuente di fornire specifica prova contraria, da sottoporre al vaglio del giudice dì merito nella fase contenziosa (cfr. Cass. nn. 496/2013, 27323/2014);

3. sulla base di quanto sin qui illustrato il ricorso va integralmente respinto;

4. nulla sulle spese del giudizio di cassazione non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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