Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.31453 del 05/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27666-2014 proposto da:

S.S., B.M.L., S.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANCINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERMES CREMONESI;

– ricorrenti –

contro

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO OLIVETI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURA PESSOT, DANILO RIPONTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2254/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO CHE:

S.G., dante causa delle ricorrenti, conveniva in giudizio S.L., chiedendo di essere reintegrato nel possesso di una fascia di terreno facente parte dei mappali *****, indebitamente occupati dalla convenuta. S.L. chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo di avere da anni il possesso esclusivo delle porzioni di fondo contestate, possedute prima di lei dal padre P., suo dante causa. All’esito della fase sommaria, il giudice emetteva ordinanza con cui ordinava a S.L. di reintegrare S.G. nel possesso della fascia di terreno facente parte del mappale ***** illegittimamente occupata, di cessare ogni turbativa e di ripristinare la situazione originaria; nulla statuiva circa la fascia di terreno su ***** in quanto il ricorrente non ne aveva provato il possesso esclusivo. Durante la successiva fase di merito, S.G. chiedeva la riunione del processo con un altro procedimento possessorio tra le stesse parti riguardante altra porzione del fondo di cui al mappale *****; l’istanza veniva respinta in considerazione delle diverse fasi in cui si trovavano le due cause. Il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 275/2006, confermava la precedente ordinanza.

La sentenza veniva impugnata da S.G., limitatamente al capo con cui era stata rigettata la domanda di reintegrazione nel possesso della “fascia di terreno facente parte del mappale ***** (..), indicata con il colore rosso nella planimetria allegata al ricorso possessorio (..) e indicata come porzione est”. La Corte d’appello di Venezia – con pronuncia 2 ottobre 2013, n. 2254 – ha rigettato l’impugnazione.

Avverso la pronuncia ricorrono per cassazione B.M.L., S.B. e S.S., in qualità di eredi di S.G..

Resiste con controricorso S.L..

Le ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso principale è articolato in otto motivi.

a) I primi due motivi sono tra loro connessi. Il primo lamenta violazione dell’art. 2909 c.c. per “elusione di giudicato esterno”. Il secondo motivo contesta omesso esame di un fatto decisivo per “omesso esame dell’esistenza di un giudicato esterno”: le ricorrenti lamentano la mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, dell’esistenza di un giudicato esterno sulla questione del possesso della c.d. porzione est del mappate *****, giudicato costituito dalla sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1414/2006, che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Treviso n. 225/2002.

I motivi non possono essere accolti. Il giudizio deciso dalla sentenza impugnata (cfr. le conclusioni del dante causa delle ricorrenti formulate nel giudizio d’appello, sopra riportate) aveva ad oggetto la domanda di reintegrazione nel possesso della fascia di terreno facente parte della porzione est del mappale *****, mentre il giudizio deciso dalla sentenza n. 1414/2006 aveva quale oggetto la domanda di reintegrazione nel possesso della fascia di terreno facente parte della porzione c.d. ovest del mappale ***** (come riconoscono le ricorrenti a p. 18 del ricorso). Conseguentemente la Corte d’appello che nello svolgimento del processo ha ricordato la pendenza tra le stesse parti di un processo riguardante “altra porzione del fondo di cui al mappale *****” e nella motivazione (p. 10) ha sottolineato l’attendibilità di un testimone, che indicato dall’appellante, “ne aveva senz’altro asseverato le ragioni per quanto interessa il terreno su cui si è già formato il giudicato” – non era vincolata dalla decisione n. 1414/2006.

b) Il terzo motivo fa valere, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3 omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte d’appello non avrebbe considerato il principio secondo cui il possesso, quando si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà sulla cosa unitariamente considerata, si estende all’intero bene, anche se si sia espresso in forme di godimento limitate solo a una sua parte.

Il motivo non può essere accolto. La prima parte del motivo è inammissibile in quanto quello che non sarebbe stato esaminato non è un fatto storico, ma un principio giurisprudenziale; quanto alla violazione del principio, tale principio presuppone – secondo le parole delle ricorrenti – che il possesso si manifesti in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà sulla cosa unitariamente considerata, il che nel caso in esame è escluso dall’accertamento in fatto posto in essere dai giudici di merito, accertamento che ha riconosciuto il possesso esclusivo di S.L., e prima di suo padre S.P., sulla porzione est del mappale *****.

c) Il quarto motiva contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3 omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte d’appello non avrebbe considerato il principio secondo cui, ai fini del mantenimento del potere di fatto non occorre, da parte del possessore, l’esplicazione di continui e concreti atti di fruizione e di possesso sulla cosa, ma è sufficiente che questa possa continuare a considerarsi rimasta nella sua virtuale disponibilità, il che sarebbe avvenuto nel caso di specie, ove S.G. avrebbe posseduto anche solo animo avendo in passato esercitato un potere di fatto sulla cosa.

Il motivo non può essere accolto. La prima parte del motivo è inammissibile in quanto quello che non sarebbe stato esaminato non è un fatto storico, ma un principio giurisprudenziale; quanto alla violazione del principio, tale principio non è compatibile con l’accertamento in fatto posto in essere dai giudici di merito, accertamento che ha riconosciuto il possesso esclusivo di S.L., e prima di suo padre S.P., sulla porzione est del mappale *****.

d) Il quinto motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ossia la mancata considerazione del fatto che la consulenza tecnica d’ufficio è stata espletata dopo circa due anni dal sofferto spoglio.

Il motivo non può essere accolto. La mancata considerazione che la consulenza tecnica sia stata svolta due anni dopo il denunciato spoglio non può essere considerata fatto decisivo per il giudizio alla luce dell’affermazione del giudice di primo grado che “sia dalla consulenza tecnica d’ufficio, sia dalla testimonianza Brunello risulta con tutta evidenza che le piante insistenti sul mappale ***** non venivano curate da moltissimi anni”.

e) Il sesto motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla tutelabilità del mero compossesso.

Il motivo non può essere accolto in quanto il compossesso è escluso dall’accertamento in fatto posto in essere dalla Corte d’appello, accertamento che ha riconosciuto il possesso esclusivo di S.L., e prima di suo padre S.P., sulla porzione est del mappale *****.

f) Il settimo motivo contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 omesso esame del fatto, decisivo, che il parcheggio delle auto avveniva su un’area ridotta e assai inferiore a quella oggetto del ricorso possessorio.

Il motivo non può essere accolto in quanto si pone in contrasto con l’accertamento in fatto posto in essere dalla Corte d’appello laddove ha valutato le dichiarazioni testimoniali di B., A. e D. “nel senso che la zona ora in contestazione era sempre stata usata per parcheggiare le auto da parte di S.L. e famiglia e, prima ancora, dal padre P.”.

g) L’ottavo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 omesso esame di un fatto decisivo: la Corte d’appello, come il Tribunale, non ha ammesso un capitolo di prova su cui il dante causa delle ricorrenti aveva chiesto di sentire 25 testimoni.

Il motivo non può essere accolto. Il giudizio di rilevanza della prova è infatti giudizio che spetta al giudice di merito e l’omesso fatto di cui all’art. 360, n. 5 non può consistere nella mancata assunzione di mezzi istruttori (cfr. la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8053/2014).

2. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese sono liquidate in dispositivo seguendo la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 17 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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