LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13718/2013 proposto da:
B.D., *****, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 20/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 11/03/2013 R.G.N. 58/2012.
CONSIDERATO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Trento ha confermato il rigetto della domanda di B.D. volta ad ottenere l’assegno di invalidità ex L. n. 222 del 1984, di cui alla domanda presentata l’11/12/2009.
La Corte ha esposto che il Tribunale aveva ritenuto insussistente il requisito contributivo generico, e cioè il possesso di 260 contributi settimanali pari a 5 anni di assicurazioni, e che ciò dipendeva dalla circostanza che la retribuzione settimanale dalla ricorrente percepita era inferiore al minimo di legge e, dunque, non era pertinente il richiamo al D.P.R. n. 818 del 1957, art. 37, non dipendendo tale mancato raggiungimento dallo stato di malattia.
Secondo la Corte d’appello tale motivazione non era stata adeguatamente censurata ed era infondata la pretesa dell’appellante di applicazione del principio della neutralizzazione contributiva dei contributi specifici (156 settimane, pari a tre anni, negli ultimi 5 anni) per porre rimedio alla carenza del requisito contributivo generico.
Ha rilevato, infatti, che la neutralizzazione di cui al D.P.R. n. 818 del 1957, art. 37, dei periodi di sospensione del rapporto assicurativo obbligatorio derivante da alcune situazione obiettive – quali nel caso di specie la malattia – incideva sul requisito del prescritto numero di contributi nell’ultimo quinquennio e cioè relativo alla mancata maturazione del requisito contributivo specifico, rendendo sufficiente solo il requisito contributivo generico. Ha dedotto che, invece, la ricorrente pretendeva di applicare la neutralizzazione al requisito generico (260 settimane) e che, comunque,la doglianza circa la mancata considerazione dei periodi di malattia successivi all’interruzione del rapporto di lavoro era irrilevante tanto più che l’Inps aveva specificato di averli calcolati, senza che ciò avesse formato oggetto di specifica contestazione da parte della ricorrente,la quale non aveva neppure contestato la ratio decidendi del Tribunale secondo cui la mancata maturazione del requisito generico era dipesa dalla percezione di una retribuzione settimanale inferiore al minimo.
2. Avverso la sentenza ricorre la B. con due motivi. Resiste l’Inps.
RITENUTO IN DIRITTO
3. La ricorrente denuncia violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1 e del D.P.R. n. 818 del 1957, art. 37, nonchè vizio di motivazione. Censura la sentenza per aver ritenuto che la neutralizzazione non fosse applicabile al requisito generico in assenza di plausibili giustificazione e che nella specie l’applicazione di tale principio consentiva di ritenere raggiunto il requisito considerato che la lavoratrice non aveva potuto lavorare a causa della grave patologia da cui era affetta.
Rileva che la domanda all’Inps era del 19/12/2009; che l’Inps non aveva considerato il periodo dalla cessazione del rapporto di lavoro per superamento del comporto dell’1/12/2008 e fino alla domanda in cui la ricorrente non aveva lavorato per malattia con la conseguenza che, se tale periodo fosse stato considerato, avrebbe raggiunto il requisito contributivo generico; che il periodo dall’1/12/2008 e fino alla domanda era neutralizzabile considerato il suo stato di salute e che in tal modo raggiungeva le 260 settimane; che l’errore del giudice era di considerare la contribuzione utile solo fino all’1/12/2008 senza considerare il periodo successivo neutralizzabile stante la malattia.
4. Il ricorso è infondato. La sentenza della Corte d’appello è fondata su più ragioni idonee a giustificare la decisione assunta, non essendo la sentenza basata sulla sola impossibilità di applicare l’art. 37 citato ai fini del calcolo del requisito contributivo generico.
La Corte d’appello ha affermato, infatti, che la ricorrente non possedeva il requisito contributivo generico (260 settimane) ma solo quello specifico (156 settimane nel quinquennio precedente la domanda di invalidità); che, inoltre, l’appellante non aveva specificamente contestato la ratio decidendi del Tribunale secondo cui la mancata maturazione del requisito generico era dipesa dalla percezione di una retribuzione settimanale inferiore al minimo con la conseguenza che non era neppure pertinente il richiamo all’art. 37 citato e che, con riferimento alla doglianza della ricorrente della mancata considerazione dei periodi di malattia successivi all’interruzione del rapporto e fino alla domanda amministrativa , l’Inps aveva specificato di averli considerati, come desumibile dall’estratto conto, senza che la ricorrente ne avesse fatto oggetto di specifica contestazione.
Avverso tali specifici punti della decisione la ricorrente non oppone le sue doglianze nel rispetto del principio di autosufficienza e specificità dei motivi del ricorso in cassazione non consentendo a questa Corte di valutare la fondatezza del ricorso.
Da un lato la ricorrente lamenta che,contrariamente a quanto affermato dalla Corte, l’estratto conto previdenziale giungeva solo fino al dicembre 2008 senza considerare il periodo successivo e fino alla domanda amministrativa, nel quale non vi era contribuzione essendo stata licenziata per superamento del comporto, periodo di malattia che, se considerato, avrebbe determinato il raggiungimento del requisito contributivo generico.
A riguardo,tuttavia, omette di riportare tale estratto o di allegarlo quale documento utile ai fini della decisione, come imposto dall’art. 369 c.p.c.. Neppure oppone alcunchè all’affermazione della Corte secondo cui l’Inps aveva dichiarato di aver calcolato i periodi di malattia successivi all’interruzione del rapporto di lavoro come “desumibile dall’estratto conto in atti”, senza che tale affermazione avesse formato oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante.
Dall’altro lato, la ricorrente rileva che la percezione di una retribuzione inferiore dovuta alla prestazione di lavoro part-time non avrebbe avuto alcuna influenza sulla maturazione del requisito generico. Anche sotto tale profilo va rilevato che la Corte ha, invece, evidenziato come non avesse formato oggetto di censure la decisione del Tribunale secondo cui non era applicabile l’art. 37 citato poichè il requisito generico non era stato raggiunto in ragione della retribuzione settimanale inferiore al minimo e non già per la malattia della lavoratrice. Secondo la Corte, pertanto, non risultavano violati i principi sanciti dal D.P.R. n. 818 del 1957, art. 37, che disciplina la neutralizzazione dei periodi di sospensione del rapporto previdenziale obbligatorio per le obiettive situazioni impeditive ivi indicate.
5. Alla luce delle considerazioni di cui sopra le censure della ricorrente non sono idonee ad invalidare la decisione impugnata, restando, inoltre, la questione in diritto, sollevata dalla ricorrente, circa l’applicabilità dell’art. 37 citato anche al calcolo del requisito contributivo generico insufficiente, comunque, a portare all’accoglimento del ricorso.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compensi professionali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018