Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.31590 del 06/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAGDA Cristiano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27140-2011 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio di GIUSTINIANI Marco, rappresentato e difeso dall’avvocato BENVENUTO NICOLA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA TRENTINO ALTO ADIGE SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI BENITO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEDOT CRISTIAN, giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 41/2011 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di TRENTO, depositata il 28/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PANARITI PAOLO per delega orale dell’Avvocato PANARITI BENITO che si riporta al controricorso.

FATTI DI CAUSA

P.G. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 41/02/11, depositata il 28/6/2011, della Commissione tributaria di secondo grado di Trento, che ha respinto l’appello del contribuente avverso la decisione di rigetto dell’impugnazione inerente l’iscrizione di ipoteca, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, , eseguita da Equitalia Nomos s.p.a., in forza di diverse cartelle di pagamento, su beni immobili, costituiti in fondo patrimoniale, sul rilievo che questo fu costituito con atto pubblico del 24/3/1985, da entrambi i coniugi, “con l’evidente scopo di vincolarlo ai soli bisogni della famiglia ed, in particolare, considerata la presenza di due figli minori, con la finalità di tutelare le necessità di questi ultimi”, che le cartelle esattoriali presupposte sono state “emesse perlopiù per sanzioni irrogate per violazioni al C.d.S., commesse tra il 2000 ed il 2007”, e che quindi ineriscono l’attività lavorativa del contribuente, in quanto trovano origine in occasione della attività di tassista, “fonte di reddito occorrente ai bisogni della famiglia”, debiti, pertanto, che non possono dirsi estranei a detti bisogni.

Equitalia Trentino Alto Adige s.p.a. resiste con controricorso, mentre Equitalia Nomos s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 169 c.p.c. e dell’art. 170 c.c., nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, giacchè il Giudice di appello non ha considerato l’impossibilità dell’iscrizione ipotecaria su fondo patrimoniale, nella specie, ritualmente trascritto ex art. 2647 c.c. ed annotato a margine dell’atto di matrimonio, per debiti originati da sanzioni amministrative, debiti di natura latu sensu pubblicistica, che escludono in radice che il creditore potesse non sapere l’estraneità ai bisogni della famiglia.

Con il secondo motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 170e 2729 c.c., omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla contestata riconducibilità delle sanzioni all’attività lavorativa, giacchè il Giudice di appello ha ricollegato, in via presuntiva, le predette sanzioni per violazioni del codice della strada all’attività di tassista svolta all’epoca dal contribuente, pur in difetto di una convergenza di indizi gravi, precisi e concordanti, non potendosi escludere l’uso dell’autoveicolo per finalità personali.

Con il terzo motivo deduce, sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.c., omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla contestata riconducibilità delle sanzioni all’attività lavorativa, giacchè il Giudice di appello ha ricollegato la pretesa creditoria alle esigenze familiari di cui alla richiamata disposizione codicistica, pur in assenza di materiale probatorio valutabile in tale senso.

Le censure, scrutinabili congiuntamente in quanto logicamente connesse, sono infondate e non meritano accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

L’art. 170 c.c., secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte, nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti in fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui al D.P.R. 3 marzo 1973, n. 602, art. 77; ne consegue che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando – nell’ipotesi contraria – il titolare del credito, per il quale l’esattore procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’esattore non può iscrivere l’ipoteca – sicchè, ove proceda in tal senso, l’iscrizione è da ritenere illegittima – nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità (tra le altre, Cass. n. 5385/2013).

In base all’attuale normativa – la quale ha ristretto l’ambito applicativo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, introducendo specifici limiti di valore al di sotto dei quali l’iscrizione della formalità non è consentita, e prescrivendo all’agente per la riscossione, con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, come novellato dal D.L. n. 110 del 2011, art. 7, comma 2, lett. u) bis, convertito in L. n. 106 del 2011, l’invio al contribuente di una preventiva comunicazione -, si può dunque iscrivere ipoteca solo nei casi in cui ricorrano le condizioni per procedere all’esecuzione forzata.

L’ipoteca (come il fermo amministrativo dei beni mobili registrati), infatti, anche se non è un atto esecutivo, dovendosi piuttosto parlare, come evidenziato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1535/2015, di “un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”, deve sottostare alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., in quanto atto preordinato alla esecuzione forzata – la quale potrà in concreto anche mancare – che presuppone la formazione di un valido titolo esecutivo, idoneo a consentire l’avvio dell’espropriazione dei beni del’ debitore, ossia il ruolo che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, comma 1, l’ufficio impositore consegna al concessionario, ovvero l’avviso di accertamento, nei casi previsti dal D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito in L. n. 122 del 2010, quando cioè la riscossione coattiva debba avvenire in forma semplificata senza ruolo e conseguente notificazione della cartella di pagamento.

Pertanto, non ha pregio l’argomentazione – supportata da isolata giurisprudenza (Cass. n. 10794/2016) – secondo cui l’applicabilità dell’art. 170 c.c., all’iscrizione di ipoteca di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, sarebbe impedita dalla alternatività della misura cautelare all’esecuzione forzata vera e propria, che va intesa nel senso che il concessionario agente per la riscossione può iscrivere ipoteca quando vi siano elementi idonei a configurare l’urgenza della cautela, e non nel senso che quest’ultima misura sia addirittura avulsa dalle regole che governano il titolo esecutivo presupposto, stante il collegamento – non rescindibile – tra ipoteca ed esecuzione immobiliare (Cass. n. 8428/2017).

Questa Corte, inoltre, ha ribadito che il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia (Cass. n. 3738/2015, n. 15886/2014), sicchè non assume rilievo la natura – per usare le parole del ricorrente – latamente pubblicistica del credito di cui alle cartelle di pagamento;

Spetta, pertanto, al giudice di merito di accertare – in fatto – se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, con la precisazione che, se è vero (Cass. n. 12998/2006) che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è altresì vero che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni (Cass. n. 3738/2015 cit. la quale, in adesione a Cass. n. 4011/2013, ha, pertanto, ritenuto che, in quest’ottica, non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori i beni costituiti per bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione del loro tenore di vita familiare, così da ricomprendere anche i debiti derivanti dall’attività professionale o di impresa di uno dei coniugi qualora il fatto generatore dell’obbligazione sia stato il soddisfacimento di tali bisogni, da intendersi nel senso ampio testè descritto).

E la decisione del Giudice di appello, nel ritenere legittima l’iscrizione ipotecaria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, non si è discostata da tali principi, soprattutto ove si consideri che la statuizione concernente la riconducibilità del debito alle esigenze della famiglia si basa su un accertamento in fatto, non censurabile in cassazione se congruamente motivato (Cass. n. 933/2012; n. 12730/2007), retto da un ragionamento presuntivo (art. 2729 c.c., comma 1) la cui congruenza il ricorrente non smonta affatto, limitandosi ad ipotetiche, quanto prive di qualsiasi riscontro, ricostruzioni alternative dei fatti che hanno dato origine alle contravvenzioni al codice della strada, collegate invece dalla CTR all’esercizio dell’attività, quella di tassista, destinata al soddisfacimento delle esigenze di vita della famiglia, gravando pur sempre sul debitore, che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, l’onere di provare l’estraneità del debito contratto rispetto alle esigenze familiari, e la consapevolezza del creditore (Cass. n. 22761/2016).

Assodato, quindi, che l’iscrizione di ipoteca può essere ricondotta al novero degli atti ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 170 c.p.c., la sentenza impugnata non va cassata porprio poichè si tratta di debiti che riguardano importi dovuti a titolo di tributi, e di sanzioni per violazione del codice della strada (la giurisdizione del giudice tributario non è stata mai posta in discussione), che secondo l’accertamento operato dal giudice di merito riguardano rapporti obbligatori comunque inerenti alle esigenze familiari.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della intimata costituita, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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