Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.31677 del 06/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23067/2017 proposto da:

A.W., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria centrale civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Spadavecchia Pierluigi, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 287/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 21/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/10/2018 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

FATTI DI CAUSA

A.W. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona, in data 21 febbraio 2017, che confermando la sentenza impugnata aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale.

Il richiedente la protezione aveva riferito di avere lasciato il suo Paese, la Nigeria, per il timore di conseguenze dannose per il suo rifiuto di accettare la carica di capo sacerdote del villaggio, al posto del padre deceduto, essendo egli cristiano ed avendo già subìto ad opera di alcuni concittadini l’uccisione della madre e del fratello nell’incendio della propria casa.

La Corte ha ritenuto che il racconto fosse generico e non credibile (per le ragioni indicate a pag. 6 e 7 della sentenza) e in sostanza riconducibile a vicenda privata, dalla quale non si desumevano profili persecutori o di danno grave, ai fini della protezione internazionale, oltre che privo dell’indicazione delle ragioni per le quali non aveva sporto denuncia alle autorità locali o non aveva da esse potuto ottenere tutela; ha verificato che la zona dell’Edo State da cui proveniva il richiedente non era interessata da eventi bellici o da situazioni di emergenza umanitaria o di violenza indiscriminata ed ha osservato che l’interessato non aveva accennato a problematiche relative ai conflitti tra cristiani e musulmani; infine ha ritenuto insussistenti i requisiti di vulnerabilità soggettiva, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

Il Ministero dell’interno ha presentato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo il ricorrente ha denunciato violazione di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, per avere i giudici di merito omesso di effettuare i dovuti accertamenti d’ufficio sulla veridicità della situazione di rischio denunciata, in considerazione della violenza diffusa e indiscriminata esistente nell’Edo State.

Il ricorso è in parte inammissibile, censurando esclusivamente la ratio decidendi riguardante il fondo della domanda di protezione internazionale, circa il pericolo di subire atti persecutori e danno grave in caso di ritorno in patria, e non l’ulteriore ratio riguardante la non credibilità del racconto, che è da sola sufficiente a sorreggere la decisione impugnata (Cass. n. 21668/2015); e comunque infondato, avendo la Corte accertato, con valutazione di fatto incensurabile, l’insussistenza dei presupposti sostanziali della protezione richiesta.

Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

Non è dovuto il raddoppio del contributo, essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 1800,00, oltre spese prenotate a debito.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2018

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