LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 17298-2018 proposto da:
S.G., SE.CO., V.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato PIETRO FRISANI, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, *****;
– intimato –
avverso il decreto n. 1131/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 03/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE A seguito di cassazione con rinvio disposto da questa Corte, gli odierni ricorrenti, unitamente ad altri interessati, riassumevano il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia chiedendo il riconoscimento dell’equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001, in relazione al giudizio amministrativo introdotto dinanzi al TAR del Lazio volto a conseguire il riconoscimento del grado di maresciallo aiutante UPS nel quadriennio 1995 1998, giudizio conclusosi con decreto di perenzione n. 1107/2012.
La Corte d’Appello di Perugia, nella resistenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con decreto n. 1131 del 3/5/2017, accoglieva parzialmente la domanda, rilevando che se effettivamente l’emissione di un provvedimento di perenzione da parte del giudice amministrativo non esclude la ricorrenza del paterna d’animo legittimante la richiesta indennitaria, tuttavia deve tenersi conto di quegli eventi anche sopravvenuti che denotino in ogni caso il venir meno dell’interesse alla decisione della lite.
Nel caso di specie quasi tutti i ricorrenti avevano conseguito in corso di causa la nomina a maresciallo aiutante s.UPS, e talvolta nel termine triennale dalla data di proposizione del ricorso al GA.
Nè rilevava la circostanza che solo con il riconoscimento giudiziale vi sarebbe stata la retroattività degli effetti, atteso che la domanda avanzata in sede amministrativa mirava non già ad ottenere la retrodatazione dell’efficacia, quanto a contestare a monte la scelta del legislatore di limitare a mille il numero degli aspiranti al conseguimento della qualifica superiore.
Per l’effetto reputava che dovessero essere rigettate le domande avanzate da tutti coloro tra i ricorrenti che avevano conseguito la qualifica nei tre anni dalla data di introduzione del giudizio presupposto, e cioè entro il 28/9/1999, mentre per gli altri doveva tenersi conto della data di conseguimento della qualifica ovvero, per coloro che non avevano ottenuto tale riconoscimento, della data del 16/9/2010, allorquando era entrato in vigore il D.Lgs. n. 104 del 2010, che aveva chiarito quali fossero le conseguenze del mancato deposito dell’istanza di fissazione di udienza entro il termine di sei mesi.
Esaminando in dettaglio la posizione di Se.Co., S.G. e V.A., la Corte d’Appello rigettava la domanda sul presupposto che gli stessi avessero conseguito la qualifica di maresciallo a far data al 1 settembre 1995. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso S.C., S.G. e V.A. sulla base di due motivi.
Il Ministero non ha svolto difese in questa fase.
Ritenuto che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5) e che la causa debba essere rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice.
P.Q.M.
Rimette la causa alla pubblica udienza della Seconda Sezione civile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018