LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14327-2018 proposto da:
B.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI, 123, presso lo studio dell’avvocato MAIORANA ROBERTO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente-
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FIRENZE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 818/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI FRANCESCO.
RILEVATO
Che:
B.I. ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte d’appello di Perugia che, decidendo sul gravame nei confronti dell’ordinanza che aveva negato la protezione internazionale e quella umanitaria, ha dichiarato estinto il processo d’impugnazione per omessa osservanza dell’ordine di rinnovazione della notifica della citazione all’avvocatura dello Stato;
la corte d’appello ha sottolineato che, constatata la mancata notifica all’avvocatura dello Stato, l’appellante aveva chiesto un termine per rinnovarla; dopodichè, però, non aveva provveduto al rinnovo affermando di ritenere valida la notifica precedentemente effettuata ai sensi del R.D. n. 1611 del 1910, art. 11;
il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 291 c.p.c. e del citato R.D. n. 1611 del 1910, art. 11;
il Ministero dell’interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
Che:
il ricorso è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c., n. 3);
secondo l’impugnata sentenza la notifica era stata fatta ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis;
la L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, prevede che “la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”;
l’impugnata sentenza riferisce che l’appellante aveva fatto la notificazione utilizzando un indirizzo “non risultante dai predetti elenchi”;
il ricorrente ha censurato la decisione in base a un ragionamento astratto: egli – come d’altronde espressamente riferito a pag. 6 del ricorso – si è limitato “a esporre una serie di pronunce e orientamenti” a suo dire finalizzati a “chiarire la questione”; orientamenti incentrati sull’affermazione che la notifica sarebbe da considerare valida “anche se il registro indicato fosse il registro Ipa”, ovvero sul rilievo che anche l’indice cd. Ini-Pec è un pubblico elenco, ovvero ancora sulla considerazione che la modalità di perfezionamento della notificazione telematica postula “che la notificazione provenga da un indirizzo Pec (..) a un altro indirizzo Pec, sempre risultante da pubblici elenchi” e che “giunga a compimento il meccanismo telematico che assicura la certezza della procedura di recapito”;
tutte queste considerazioni a niente servono, dal momento che nel ricorso non è specificato come sia stata in concreto eseguita la notificazione a fronte di quanto puntualmente affermato in ordine all’effettuazione “a un indirizzo non risultante dai predetti elenchi”; non deve farsi applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, stante l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019