Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.18111 del 05/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3648-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

DERIBLOK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SEVERINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3590/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO GORI.

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 3590/6/17 depositata in data 20 giugno 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 4689/59/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stato accolto il ricorso proposto da Deriblock Spa avverso la cartella di pagamento IVA 2009;

– La CTR condivideva la decisione di prime cure, ritenendo che la contribuente avesse giustamente esposto in dichiarazione un credito IVA di altra società controllata, la Roofprofit Srl, non utilizzato nel 2008 in quanto non operativa e, nel 2009, correttamente parzialmente utilizzato dalla controllata oltre che, per la differenza, dalla controllante, misura oggetto della ripresa a tassazione;

– Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo, che illustra con memoria, cui ha replicato la contribuente con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, e del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, per non aver la CTR tenuto conto del fatto che, in ragione della pacifica non operatività della controllata nel 2008 e 2009, la controllante non poteva esporre nella propria dichiarazione IVA di gruppo 2009 un credito complessivo pari ad Euro 16.231,00, anche per aver la controllante omesso di esporre nella medesima dichiarazione il debito della controllata, pari ad Euro 17.084,00, così contabilizzando fiscalmente nel 2009 prima l’intera eccedenza del credito IVA 2008 della controllata, e poi restituito alla stessa solo la differenza tra tale eccedenza e il debito IVA per il 2009;

– In accoglimento dell’eccezione preliminare formulata in controricorso, l’unico mezzo di impugnazione va dichiarato inammissibile. Va rammentato che: “Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità.” (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019, Rv. 652398 – 01); e che: “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016, Rv. 638425 – 01);

– Nel caso di specie, il motivo censura la ricognizione della fattispecie concreta sulla base del quadro probatorio documentale raccolto nel processo, in particolare l’esposizione di crediti e la mancata esposizione di debiti nella dichiarazione IVA di gruppo della controllante, anche alla luce del principio di non contestazione, valutazione che, in applicazione del consolidato insegnamento giurisprudenziale sopra richiamato, si colloca al di fuori del perimetro dell’esatta interpretazione delle norme invocate nell’intestazione del motivo e, conseguentemente, determina l’inammissibiltà della doglianza configurata unicamente come violazione di legge;

– In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. La Corte dà atto che, per effetto della soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 4.100,00 per compensi, oltre Spese generali 15%, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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